Sembrerebbe proprio di si', a giudicare a una notizia lanciata da 'il fatto quotidiano'. Dove si racconta che la corte costituzionale ha bloccato i magistrati contabili che indagavano sui conti della regione emilia romagna
Nulla l’inchiesta della Corte dei Conti sulle spese dei gruppi parlamentari all’Ars?
SEMBREREBBE PROPRIO DI SI’, A GIUDICARE A UNA NOTIZIA LANCIATA DA ‘IL FATTO QUOTIDIANO’. DOVE SI RACCONTA CHE LA CORTE COSTITUZIONALE HA BLOCCATO I MAGISTRATI CONTABILI CHE INDAGAVANO SUI CONTI DELLA REGIONE EMILIA ROMAGNA
(In calce il testo integrale della sentenza della Corte Costituzionale)
La notizia la ‘spara’ Il Fatto quotidiano: la Corte Costituzionale, con una sentenza (la n. 130 di quest’anno) ha di fatto bloccato la Corte dei Conti che, in Emilia Romagna, aveva messo il naso nelle spese dei nove gruppi consiliari.
“Il rendiconto delle spese dei gruppi consiliari – scrivono i giudici della Corte Costituzionale, richiamando una sentenza (39 di quest’anno) – costituisce parte necessaria del rendiconto regionale. Il sindacato della Corte dei conti assume come parametro la conformità del rendiconto al modello predisposto in sede di Conferenza Stato Regioni e deve pertanto ritenersi documentale, non potendo addentrarsi nel merito delle scelte discrezionali rimesse allautonomia politica dei gruppi, nei limiti del mandato istituzionale.
Di fatto, vengono annullate le delibere della Corte dei Conti che contestavano ai partiti eletti nella Regione Emilia Romagna di aver speso in maniera irregolare i fondi pubblici. Per la precisione, 1,8 milioni di euro nel 2012.
Questa sentenza avrà effetti anche in Sicilia, dov’è in corso un’identica indagine della Corte dei Conti sulle spese dei gruppi parlamentari? Sembra proprio di sì, perché le indagini (che peraltro coinvolgono altre Regioni italiane) sembrano identiche.
Insomma, la Corte dei Conti non può mettere il naso nelle spese dei gruppi consiliari delle Regioni a Statuto ordinario e nelle spese dei gruppi parlamentari delle Regioni a Statuto speciale.
confl. enti 8, 9 e 10/2013
SENTENZA N. 130 ANNO 2014
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Gaetano SILVESTRI; Giudici : Luigi MAZZELLA, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi per conflitto di attribuzione tra enti sorti a seguito delle deliberazioni della Corte dei
conti, sezione delle autonomie, 5 aprile 2013, n. 12, e 5 luglio 2013, n. 15; delle deliberazioni della Corte dei conti, sezione di controllo per lEmilia-Romagna 12 giugno 2013, n. 234, e 10 luglio 2013, n. 249;
delle deliberazioni della Corte dei conti, sezione di controllo per il Veneto, 13 giugno 2013, n. 160, e 29 aprile 2013, n. 105, e della deliberazione della Corte dei conti, sezione di controllo per il Piemonte, 10 luglio 2013, n. 263, promossi dalla Regioni Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte con ricorsi notificati il 9 e il 12 agosto e il 5 settembre 2013, depositati in cancelleria il 16 ed il 21 agosto ed il 6 settembre 2013 e rispettivamente iscritti ai numeri 8, 9 e 10 del registro conflitti tra enti 2013.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nelludienza pubblica del 15 aprile 2014 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;
uditi gli avvocati Giandomenico Falcon, Franco Mastragostino e Luigi Manzi per la Regione Emilia-Romagna, Luigi Manzi e Mario Bertolissi per la Regione Veneto, Carlo Emanuele Gallo e Roberto Cavallo Perin per la Regione Piemonte e lavvocato dello Stato Enrico De Giovanni per il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. Le Regioni Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte, con ricorsi rispettivamente notificati il 9 e 12 agosto e il 5 settembre 2013, depositati i successivi 16 e 21 agosto e 6 settembre, iscritti ai numeri 8, 9 e
10 del registro conflitti tra enti del 2013, hanno promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato in relazione ad alcune deliberazioni della sezione delle autonomie e delle sezioni regionali di
controllo della Corte dei conti, con cui si è, rispettivamente, orientato ed esercitato, in relazione allesercizio finanziario 2012, il potere di controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari a norma dellart. 1, commi 9, 10, 11 e 12, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 (Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, dallart. 1, comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213.
1.1. Premettono le ricorrenti che, nellambito delle misure di rafforzamento della partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria delle Regioni, previste dallart. 1 del d.l. n. 174 del 2012, i commi 9, 10, 11 e 12 dettano disposizioni relative alla redazione, approvazione e controllo da parte delle sezioni regionali di controllo dei rendiconti di esercizio annuale di ciascun gruppo consiliare dei consigli regionali, con la previsione, in caso di mancata trasmissione o di loro
irregolarità, della sanzione della decadenza dal diritto allerogazione di risorse, con annesso obbligo di restituzione.
A mente del comma 9, proseguono le ricorrenti, il rendiconto di esercizio annuale di ciascun gruppo consiliare va «strutturato secondo linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e recepite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri», al fine di «assicurare la corretta rilevazione dei fatti di gestione e la regolare tenuta della contabilità, nonché per definire la documentazione necessaria a corredo del rendiconto».
Le linee guida sono state deliberate dalla Conferenza nella seduta del 6 dicembre 2012 e recepite con d.P.C.m. 21 dicembre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 28 del 2 febbraio 2013 ed entrato in vigore il 17 febbraio seguente.
Tutte le ricorrenti, evidenziano, come la stessa Corte dei conti, sezione delle autonomie, nel prendere atto del nuovo sistema di controllo introdotto dallart. 1 del d.l. n. 174 del 2012, si sia posta il problema «se le norme in esame debbano trovare applicazione con riferimento allanno 2012, oppure se debba essere rinviata lapplicazione al successivo esercizio, trattandosi di normativa intervenuta solo alla fine dellanno e completata con il d.P.C.m. 21 dicembre 2012, pubblicato in G.U. il 2 febbraio 2013». In ragione della preesistenza al decreto di un obbligo di rendicontazione «sulla base delle leggi regionali che nel tempo ne hanno regolato la materia» e della «assenza di una norma che differisca al successivo esercizio loperatività dei controlli», la sezione delle autonomie, con la deliberazione 5 aprile 2013, n. 12 ha ritenuto che il controllo dovesse essere esercitato sin dal 2012.
Stante limpossibilità di applicare retroattivamente allanno 2012 i criteri recati dal d.P.C.m. entrato in vigore nel febbraio 2013, la Corte dei conti avrebbe quindi ritenuto la necessità di individuare parametri diversi, «desunti dalle norme regionali e dai provvedimenti attuativi vigenti nel 2012, integrati però con i contenuti essenziali, cui fa riferimento la nuova disciplina, ossia con lindicazione delle risorse trasferite al Gruppo dal Consiglio regionale, della corretta rilevazione dei fatti di gestione e della
regolare tenuta della contabilità».
Sulla base di tali indicazioni le sezioni regionali di controllo avrebbero tenuto comportamenti non univoci, talora limitandosi ad una ricognizione della regolarità formale dei procedimenti di controllo sui rendiconti già svolti dagli organismi regionali, in altri casi sovrapponendosi a questultimi e operando un controllo più intenso.
La sezione delle autonomie, preso atto delle aporie derivanti «dallapplicazione del controllo misto» (cioè svolto in base alle nuove norme ma non in base ai parametri da esse previsti), con la successiva
deliberazione 5 luglio 2013, n. 15 avrebbe quindi riesaminato la questione, affermando, da un lato, la piena applicabilità del nuovo sistema di controllo a decorrere dalla rendicontazione per lesercizio 2013, ma ribadendo, dallaltro e quanto al 2012, lesistenza del controllo «misto» e ipotizzando una «applicazione parziale e frazionata» del d.l. n. 174 citato, cioè a solo fini «ricognitivi» della regolarità dei documenti contabili, senza applicazione dellimpianto sanzionatorio previsto dal predetto decreto, «in
un percorso finalizzato alla integrale applicazione dei nuovi controlli a decorrere dal 2013». Avrebbe, infine, specificato che «le delibere già emesse dalle sezioni regionali di controllo sono da interpretare in
conformità agli indirizzi sopra ricordati».
1.2. Le Regioni Emilia-Romagna e Veneto hanno quindi impugnato le citate deliberazioni della sezione delle autonomie della Corte dei conti, nonché, rispettivamente, quelle della sezione regionale di controllo per lEmilia-Romagna 12 giugno 2013, n. 234, e 10 luglio 2013, n. 249, e quelle della sezione regionale di controllo per il Veneto 29 aprile 2013, n. 105, e 13 giugno 2013, n. 160, con cui, a seguito di istruttoria, si è dichiarata lirregolarità dei rendiconti presentati dai gruppi consiliari regionali.
La Regione Piemonte ha impugnato la seconda delle citate deliberazioni della sezione delle autonomie e la deliberazione 10 luglio 2013, n. 263, della sezione regionale di controllo per il Piemonte, con cui si è assegnato ai gruppi consiliari termine sino al 20 settembre per la regolarizzazione dei
rendiconti.
1.3. Le ricorrenti si dolgono, in primo luogo, che la Corte dei conti, in violazione della loro autonomia legislativa, statutaria, organizzativa e contabile, abbia esercitato per lanno 2012 un potere non attribuito dalla legge, perché il controllo delineato dallart. 1 del d.l. n. 174 del 2012 non potrebbe che operare a partire dal 2013, essendo esercitabile solo secondo i criteri previsti nelle linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e recepite con d.P.C.m.
Il controllo, poi, privo di fondamento legale per lesercizio 2012, si sarebbe svolto sulla base di criteri individuati dalla stessa Corte dei conti ex post rispetto ai fatti di gestione e senza il contributo partecipativo delle autonomie, disapplicando le leggi regionali vigenti e surrogandosi alle competenze proprie dei consigli regionali.
La Regione Piemonte lamenta, altresì, che con le deliberazioni impugnate lo Stato, per mezzo della Corte dei conti, pretendendo, in assenza di una valida base legislativa, di sindacare i rendiconti relativi allesercizio 2012, abbia violato lart. 122, quarto comma, della Costituzione, che garantisce
linsindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati dai singoli consiglieri regionali, nonché lart. 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), che ha abrogato il primo comma dellart. 125 Cost. e quindi tutti i controlli amministrativi sulle Regioni, e infine lart. 123 Cost. e lart. 29 della legge regionale statutaria 4 marzo 2005, n. 1 (Statuto della Regione Piemonte), in forza dei quali lapprovazione dei rendiconti spetterebbe esclusivamente al consiglio regionale, con esclusione di qualsivoglia ingerenza da parte di organi statali.
1.4. La Regione Veneto ha anche fatto istanza affinché la Corte sollevi dinanzi a sé la questione di legittimità costituzionale dei commi 9, 10, 11 e 12 dellart. 1 del d.l. n. 174 del 2012, fondanti la censurata attività di controllo svolta dalla Corte dei conti, deducendo, in primo luogo, la violazione degli artt. 3, 25, 28 e 97 Cost. per irragionevolezza dellomessa previsione del criterio di proporzionalità tra
sanzione e condotta sanzionata, nonché degli artt. 5, 114, 117, 118, 119, 121, 122 e 123 Cost. e, quali
norme interposte, degli artt. 19, 20, 21, 30, 33, 36, 38, 39, 40, 41, 42, 46 e 48 della legge regionale
statutaria 17 aprile 2012, n. 1 (Statuto del Veneto). La previsione drastica e non modulabile della
sanzione della decadenza dal diritto allerogazione di risorse da parte del consiglio regionale, pure a
fronte di violazioni minime dellobbligo di rendiconto, in contrasto con il detto principio di
proporzionalità, comprometterebbe in radice la possibilità stessa di funzionamento dei gruppi consiliari.
Il citato art. 1, commi 9, 10, 11 e 12, laddove inteso come abilitante la Corte dei conti ad un controllo
sui rendiconti dei gruppi consiliari anche prima della definizione dei parametri di giudizio da parte della
Conferenza Stato-Regioni, violerebbe altresì gli artt. 3, 25, 28, 97, e 117, primo comma, Cost., con
riferimento ai «principi di ragionevolezza, predeterminazione della condanna sanzionata, di
responsabilità, affidamento e buona amministrazione», «anche in relazione a quanto prevede la
Convenzione europea dei diritti delluomo allart. 7 e lart. 1 della l. n. 689/1981», nonché gli artt. 5,
114, 117, 118, 119, 121, 122 e 123 Cost. (e, quali norme interposte, gli artt. 19, 20, 21, 30, 33, 36, 38,
39, 40, 41, 42, 46 e 48 dello statuto).
Deduce infine la ricorrente che il sistema dei controlli sui rendiconti dei gruppi consiliari, ove
interpretato nel senso fatto proprio dalla Corte dei conti dellimmediata applicabilità anche allanno 2012
senza dovere attendere le linee guida previste dal legislatore, violerebbe lart. 117, terzo comma, Cost.,
stante lassenza di una legislazione regionale sul punto, e il principio di leale collaborazione.
2. In tutti i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dallAvvocatura generale dello Stato, eccependo sotto diversi profili linammissibilità dei ricorsi e
chiedendone il rigetto.
2.1. Secondo la difesa dello Stato i conflitti sarebbero inammissibili, in primo luogo, perché con
essi le ricorrenti non hanno inteso contestare lattribuzione alla Corte dei conti del potere di controllo sui
rendiconti dei gruppi consiliari ma solo la sua decorrenza temporale e le modalità di esercizio, il che si
risolverebbe in un improprio strumento di sindacato del modo di esercizio della funzione che lorgano è
chiamato ad esercitare.
2.2. LAvvocatura ha poi eccepito la tardività dei ricorsi proposti dalle Regioni Veneto e Piemonte,
in primo luogo perché le ricorrenti non avrebbero impugnato tempestivamente la presupposta
deliberazione 5 aprile 2013, n. 12, della sezione delle autonomie della Corte dei conti, con cui si sarebbe
stabilito di assoggettare a verifica i rendiconti dei gruppi consiliari relativi allesercizio 2012, essendo
insorte solo nel corso dellattivazione ovvero allesito negativo della procedura di controllo.
Sotto altro profilo, il ricorso della Regione Veneto sarebbe tardivo, non avendo essa impugnato la
deliberazione 29 aprile 2013, n. 105, con cui la sezione regionale di controllo aveva ordinato ai gruppi
consiliari il deposito, entro 30 giorni, della documentazione giustificativa delle spese operate; parimenti
tardivo sarebbe il ricorso della Regione Piemonte, non essendo stata impugnata la precedente
deliberazione della sezione regionale di controllo 4 giugno 2013, n. 229 di tenore analogo a quella
impugnata.
2.3. Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri il ricorso della Regione Veneto sarebbe
inammissibile anche per intervenuta acquiescenza, avendo la ricorrente recepito la normativa statale con
la legge della Regione Veneto 21 dicembre 2012, n. 47 (Disposizioni per la riduzione e il controllo delle
spese per il funzionamento delle istituzioni regionali, in recepimento e attuazione del decreto-legge 10
ottobre 2012, n. 174 Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali,
nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012, convertito con
modificazioni dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213 e istituzione e disciplina del Collegio dei revisori dei
conti della Regione del Veneto).
2.4. Altro motivo di inammissibilità del ricorso della Regione Veneto risiederebbe, secondo
lAvvocatura generale dello Stato, nel fatto che esso ha ad oggetto lasserita lesione non delle
attribuzioni della Regione ma dei gruppi consiliari, dotati di soggettività giuridica e, in quanto tali,
legittimati a fare valere le loro ragioni in sede di giurisdizione comune.
2.5. Il ricorso della Regione Veneto, infine, sarebbe inammissibile, quanto meno con riferimento alla
richiesta alla Corte di autorimessione delle questioni di costituzionalità dellart. 1, commi 9, 10, 11 e 12,
del d.l. n. 174 del 2012, perché mirerebbe ad eludere il termine di impugnazione in via principale delle
norme censurate.
2.6. Nel merito, secondo lAvvocatura generale dello Stato, i ricorsi sono infondati.
2.6.1. La tesi di fondo delle ricorrenti, secondo cui la Corte dei conti non avrebbe avuto il potere di
esercitare il controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari relativi allanno 2012 in assenza di espressa
copertura legislativa, colliderebbe con il rilievo che la norma attributiva del potere non contiene alcuna
diversa decorrenza, né tanto meno differisce la sua operatività allapprovazione delle linee guida.
Daltra parte, essendosi intervenuti con decreto-legge, non avrebbe avuto senso differirne lentrata in
vigore ad oltre un anno, così vanificando «lefficacia di un intervento su comportamenti deviati della
politica, da più parti invocato e reso indifferibile e urgente dai noti fatti accertati dalla magistratura
penale».
Nelle more delladozione delle linee guida, bene avrebbe fatto la Corte dei conti, con le due citate
deliberazioni della sezione delle autonomie, a individuare i parametri di controllo per lanno 2012,
desumendoli dalle norme regionali e dai provvedimenti attuativi vigenti, integrati con i contenuti
essenziali della nuova disciplina.
2.6.2. Quanto alla contestazione inerente le modalità di esercizio del controllo, legittimamente le
sezioni regionali di controllo della Corte dei conti si sarebbero attenute alle deliberazioni della sezione
delle autonomie, rese alla luce del vigente quadro normativo regionale e nazionale di riferimento,
facendo leva, in particolare, sul criterio dellinerenza delle spese al funzionamento e allattività
istituzionale dei gruppi. Il controllo della Corte dei conti, poi, differirebbe da quelli interni effettuati da
organi incardinati nellorganizzazione amministrativa cui fa capo lorganismo controllato, presentando
caratteri di indipendenza, neutralità ed imparzialità.
2.6.3. In ordine alle altre doglianze avanzate dalla Regione Piemonte, osserva il Presidente del
Consiglio dei ministri che la censura di violazione dellart. 122 Cost. sarebbe «inquietante, perché
postula una sorta di immunità dei Gruppi, che se fosse vera dovrebbe valere non solo per il 2012, ma
sempre».
La guarentigia costituzionale, in ogni caso, riguarderebbe solo le «opinioni espresse» e i «voti dati
nellesercizio delle funzioni» dai consiglieri regionali, essendo totalmente estranea alle spese da essi
sostenuti e alle loro «eventuali malversazioni».
Parimenti priva di pregio, secondo la difesa dello Stato, sarebbe la lamentata violazione dellart. 125
Cost., poiché i controlli abrogati erano quelli esercitati dallo «Stato-Amministrazione» e non quelli
demandati dalla Costituzione ad un organo terzo, quale la Corte dei conti. In ogni caso il d.l. n. 174 del
2012 concretizzerebbe linterpositio legislatoris richiesta dallart. 100 Cost.
Infine, il motivo attinente alla violazione dellart. 123 Cost. e dellart. 29 dello statuto della Regione
Piemonte sarebbe in primo luogo inammissibile, concretizzando, in tesi, una mera violazione di legge
non deducibile in sede di conflitto. Esso, poi, sarebbe comunque infondato, poiché lart. 29 invocato si
limita a demandare al consiglio regionale lapprovazione del rendiconto del consiglio medesimo (e non
dei gruppi), ma non esclude, né avrebbe potuto farlo, il controllo sui rendiconti di questi ultimi da parte
di un organo esterno e imparziale, quale la Corte dei conti, operante sulla base di una espressa previsione
costituzionale (art. 100 Cost.).
3. Le ricorrenti, in prossimità delludienza, hanno depositato memorie, con cui hanno inteso in primo
luogo replicare alleccezioni di inammissibilità sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri,
osservando, quanto al lamentato difetto di tono costituzionale dei conflitti, che ad essere contestata
sarebbe lesistenza in radice del potere di controllo relativamente allesercizio 2012 e che, in ogni caso,
qualsivoglia menomazione delle competenze può dare la stura a conflitti intersoggettivi.
Le Regioni Veneto e Piemonte, poi, hanno contestato leccezione di tardività, dal momento che la
successiva deliberazione della sezione delle autonomie 5 luglio 2013, n. 15, introducendo il diverso e
non previsto sistema del «controllo ricognitivo», avrebbe posto nel nulla le precedenti, che si fondavano
sul diverso presupposto dellimmediata applicazione del d.l. n. 174 del 2012.
Secondo la Regione Piemonte, infine, infondata sarebbe leccezione di inammissibilità per difetto di
interesse, poiché «il conflitto tra Stato e Regioni è un conflitto tra enti, e ciascun ente è legittimato ad
agire a tutela delle proprie attribuzioni, che vengono inevitabilmente esercitate dai singoli o
articolazioni».
Nel merito le ricorrenti hanno dedotto che, con la recente sentenza n. 39 del 2014, la Corte
costituzionale avrebbe fortemente ridimensionato le tesi dellAvvocatura generale dello Stato. Passaggio
fondamentale di tale arresto sarebbe quello ove la Corte costituzionale avrebbe riconosciuto che il
controllo esercitato dalla Corte dei conti sui rendiconti dei gruppi consiliari è esterno e di natura
meramente documentale, e non può spingersi sino a valutare linerenza delle singole spese e sindacare il
merito dellutilizzazione delle somme.
Il conflitto in esame, invece, nascerebbe proprio dalla pretesa della Corte dei conti di trasformare
questo potere in un controllo analitico sulle singole spese sostenute dai gruppi consiliari, con illegittima
compromissione dellautonomia e della responsabilità dei consigli regionali, cui la prima si sarebbe
illegittimamente sostituita.
Ad avviso della Regione Piemonte, infine, lAvvocatura generale dello Stato avrebbe fatto propria
uninterpretazione eccessivamente restrittiva della guarentigia di cui allart. 122, quarto comma, Cost.,
non estesa ai necessari profili di autorganizzazione, come pure costantemente affermato dalla
giurisprudenza costituzionale.
Considerato in diritto
1. Le Regioni Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte hanno promosso conflitto di attribuzione nei
confronti dello Stato, in relazione alle deliberazioni assunte dalla Corte dei conti, sezione delle
autonomie 5 aprile 2013, n. 12, e 5 luglio 2013, n. 15, nonché di quelle delle sezioni regionali di
controllo (rispettivamente, 12 giugno 2013, n. 234, e 10 luglio 2013, n. 249, della sezione regionale di
controllo per lEmilia-Romagna, 29 aprile 2013, n. 105, e 13 giugno 2013, n. 160, della sezione
regionale di controllo per il Veneto e 10 luglio 2013, n. 263, della sezione regionale di controllo per il
Piemonte) con cui, in forza dellart. 1, commi 9, 10, 11 e 12, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174
(Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori
disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012), convertito, con modificazioni, dallart. 1,
comma 1, della legge 7 dicembre 2012, n. 213, è stato esercitato il controllo sui rendiconti dei gruppi
consiliari regionali relativi allesercizio finanziario 2012.
Le ricorrenti si dolgono che la Corte dei conti, in violazione della loro autonomia legislativa,
statutaria, organizzativa e contabile, abbia svolto per lesercizio in questione un potere non attribuito
dalla legge, perché il controllo delineato dal d.l. n. 174 del 2012 non potrebbe che operare a partire
dallanno 2013, a seguito dellentrata in vigore dei criteri individuati dalla Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e recepiti con d.P.C.m. 21
dicembre 2012.
Lamentano, poi, che la Corte dei conti abbia operato il controllo sulla base di criteri da essa stessa
individuati ex post rispetto ai fatti di gestione e senza il contributo partecipativo delle autonomie,
disapplicando le leggi regionali vigenti e surrogandosi alle competenze proprie dei consigli regionali.
La Regione Piemonte ritiene, altresì, che le deliberazioni impugnate violino lart. 122, quarto
comma, della Costituzione, che garantisce linsindacabilità delle opinioni espresse e dei voti dati dai
singoli consiglieri regionali, nonché lart. 9, comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
(Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), che ha abrogato il primo comma dellart.
125 Cost. e quindi tutti i controlli amministrativi sulle Regioni, e infine gli artt. 123 Cost. e 29 della
legge regionale statutaria 4 marzo 2005, n. 1 (Statuto della Regione Piemonte), in forza dei quali
lapprovazione dei rendiconti spetterebbe al solo consiglio regionale, con esclusione di qualsivoglia
ingerenza da parte di organi statali.
2. I giudizi, data lidentità delloggetto, vanno riuniti per essere decisi con unica pronunzia.
3. LAvvocatura generale dello Stato ha eccepito linammissibilità dei ricorsi presentati dalle
Regioni Veneto e Piemonte, in primo luogo, perché le ricorrenti non hanno impugnato tempestivamente
la deliberazione 5 aprile 2013, n. 12, della Corte dei conti, sezione delle autonomie, con cui si sarebbe
stabilito di assoggettare a verifica i rendiconti dei gruppi consiliari relativi allesercizio 2012.
Leccezione non è fondata.
È vero che questa Corte ha ripetutamente affermato «linammissibilità dei ricorsi per conflitto di
attribuzione proposti contro atti meramente consequenziali (confermativi, riproduttivi, esplicativi,
esecutivi, etc.) rispetto ad atti anteriori, non impugnati [ ]» (sentenza n. 207 del 2012; nello stesso
senso, sentenze n. 144 del 2013 e n. 369 del 2010), ma non è questo il caso in esame.
La questione della spettanza alla Corte dei conti del potere di controllo sui rendiconti dei gruppi
consiliari relativi allanno 2012 e lindividuazione dei criteri da seguire nel suo esercizio sono stati
oggetto di una complessa valutazione da parte della sezione delle autonomie, la quale, dopo avere
affermato, con la deliberazione 5 aprile 2013, n. 12, che il controllo attribuito dal d.l. n. 174 del 2012
doveva trovare immediata applicazione, è poi tornata sulla vicenda con la successiva deliberazione 5
luglio 2013, n. 15.
Questultima, dichiaratamente adottata per risolvere i contrasti interpretativi insorti nelle sezioni
regionali a seguito della precedente deliberazione, ha ribadito lesistenza del potere di controllo
relativamente allesercizio 2012, ma qualificandolo «ad efficacia ricognitiva» della regolarità dei
documenti contabili e inserito «in un percorso finalizzato allapplicazione integrale dei nuovi controlli a
decorrere dal 2013». La sezione delle autonomie ha poi escluso loperatività dell«impianto
sanzionatorio» del d.l. n. 174 del 2012 e statuito che «le delibere già emesse dalle Sezioni regionali di
controllo sono da interpretare in conformità agli indirizzi sopra indicati».
Con la deliberazione in esame, la Corte dei conti ha quindi effettuato un riesame integrale della
questione, configurando in modo diverso il potere di controllo e la stessa portata ed efficacia dellattività
già svolta in materia dalle sezioni regionali. La nuova deliberazione non è riconducibile alla categoria
degli atti meramente conseguenziali ed è sostitutiva della precedente: essa, dunque, ne rende superflua
limpugnazione.
3.1. Secondo il Presidente del Consiglio dei ministri il ricorso proposto dalla Regione Veneto
sarebbe inoltre tardivo, non essendo stata tempestivamente impugnata la precedente deliberazione 29
aprile 2013, n. 105, con cui la sezione regionale di controllo aveva assegnato ai gruppi consiliari il
termine di 30 giorni per la regolarizzazione dei rendiconti.
Quanto al ricorso promosso dalla Regione Piemonte, lAvvocatura generale dello Stato deduce la
tardività della impugnazione della deliberazione della sezione regionale di controllo 10 luglio 2013, n.
263, che ha anchessa assegnato ai gruppi consiliari un nuovo termine per la regolarizzazione dei
rendiconti, non avendo la ricorrente impugnato precedenti deliberazioni di analogo tenore.
Le eccezioni non sono fondate.
Si è già rilevato che, a seguito del riesame, la sezione delle autonomie ha stabilito, tra laltro, che le
precedenti deliberazioni delle sezioni regionali di controllo andavano interpretate in conformità ai nuovi
indirizzi da essa dettati. Gli atti in questione sono stati dunque conformati in modo diverso e ciò ha
comportato una riapertura dei termini per la loro impugnazione.
3.2. LAvvocatura generale dello Stato ha poi eccepito linammissibilità dei conflitti per assenza di
tono costituzionale, dal momento che le ricorrenti contesterebbero non lattribuzione alla Corte dei conti
del potere di controllo, relativamente allesercizio 2012, sui rendiconti dei gruppi consiliari, ma le mere
modalità con cui è stato esercitato.
Leccezione è in parte non fondata in fatto, dal momento che oggetto primario della contestazione
delle ricorrenti è lesercizio in sé del potere di controllo per lanno 2012, in assenza di una valida base
legale.
Essa, in ogni caso, è anche infondata in diritto, dal momento che «la figura dei conflitti di
attribuzione non si restringe alla sola ipotesi di contestazione circa lappartenenza del medesimo potere,
che ciascuno dei soggetti contendenti rivendichi per sé ma si estende a comprendere ogni ipotesi in cui
dallillegittimo esercizio di un potere altrui consegua la menomazione di una sfera di attribuzioni
costituzionalmente assegnate allaltro soggetto» (sentenza n. 110 del 1970).
3.3. Non è fondata neanche leccezione di inammissibilità per intervenuta acquiescenza del
conflitto promosso dalla Regione Veneto, avendo essa recepito la normativa statale sui controlli della
Corte dei conti con la legge regionale 21 dicembre 2012, n. 47 (Disposizioni per la riduzione e il
controllo delle spese per il funzionamento delle istituzioni regionali, in recepimento e attuazione del
decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174 Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli
enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012,
convertito con modificazioni dalla legge 7 dicembre 2012, n. 213 e istituzione e disciplina del Collegio
dei revisori dei conti della Regione del Veneto).
Difatti, per giurisprudenza costante di questa Corte, «nei giudizi per conflitto di attribuzione non
trova applicazione listituto dellacquiescenza, data lindisponibilità delle competenze di cui si
controverte in tali giudizi (ex plurimis, sentenze n. 95 del 2003, n. 511 del 2002, n. 389 e n. 163 del
1995, n. 191 del 1994; ordinanza n. 195 del 2004)» (sentenza n. 275 del 2011).
3.4. È infine non fondata leccezione di inammissibilità per difetto dinteresse del conflitto
promosso dalla Regione Piemonte, dal momento che gli atti impugnati inciderebbero sui gruppi
consiliari, soggetti autonomi rispetto al consiglio regionale, in quanto tali legittimati a far valere le
proprie ragioni di fronte alla giurisdizione comune.
Va rammentato, al riguardo, che «I gruppi consiliari sono stati qualificati dalla giurisprudenza di
questa Corte come organi del consiglio e proiezioni dei partiti politici in assemblea regionale (sentenze
n. 187 del 1990 e n. 1130 del 1988), ovvero come uffici comunque necessari e strumentali alla
formazione degli organi interni del consiglio (sentenza n. 1130 del 1988)» (sentenza n. 39 del 2014). La
lamentata lesione delle prerogative dei gruppi si risolve dunque in una compressione delle competenze
proprie dei consigli regionali e quindi delle Regioni ricorrenti, pertanto legittimate alla proposizione del
conflitto (sentenze n. 252 del 2013, n. 195 del 2007 e n. 163 del 1997).
4. Nel merito i ricorsi sono fondati.
Tutte le ricorrenti lamentano, in primo luogo, che la Corte dei conti abbia leso la loro autonomia
organizzativa e contabile, ed in particolare quella dei consigli regionali e dei loro gruppi consiliari,
tutelata dallart. 121, secondo comma, Cost., esercitando in relazione al 2012 un potere ad essa non
attribuito dalla legge.
I commi 9, 10, 11 e 12 dellart. 1 del d.l. n. 174 del 2012 detterebbero, infatti, una disciplina del
controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari completa, non frazionabile e comunque esercitabile solo
secondo i criteri previsti nelle linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e recepite con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri, adottato solo il 21 dicembre 2012 ed entrato in vigore il 17 febbraio dellanno
seguente.
Limmediata operatività del controllo è stata affermata, al contrario, dalla sezione delle autonomie in
ragione dellassenza di una norma transitoria contenuta nel d.l. n. 174 del 2012 e sul rilievo che le leggi
regionali vigenti già prevedevano degli obblighi di rendicontazione nei confronti dei consigli regionali
ovvero di loro articolazioni.
Ebbene, ai sensi dellart. 1, comma 9, del d.l. n. 174 del 2012, il rendiconto in esame è «strutturato
secondo linee guida deliberate dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e di Bolzano e recepite con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri [ ]». Il comma 11, poi, attribuisce alla sezione regionale di controllo un giudizio di conformità
dei rendiconti medesimi alle prescrizioni dettate dallart. 1, e quindi ai già detti criteri contenuti nelle
linee guida.
Il dettato normativo configura dunque il potere di controllo in esame come condizionato alla previa
individuazione dei criteri per il suo esercizio e ciò sullevidente presupposto della loro indispensabilità.
Questa Corte, del resto, con la sentenza n. 39 del 2014, ha chiarito che «il rendiconto delle spese dei
gruppi consiliari costituisce parte necessaria del rendiconto regionale, nella misura in cui le somme da
tali gruppi acquisite e quelle restituite devono essere conciliate con le risultanze del bilancio regionale
[…]. Il sindacato della Corte dei conti assume infatti, come parametro, la conformità del rendiconto al
modello predisposto in sede di Conferenza, e deve pertanto ritenersi documentale, non potendo
addentrarsi nel merito delle scelte discrezionali rimesse allautonomia politica dei gruppi, nei limiti del
mandato istituzionale».
Non può essere accolta, infine, la tesi dellAvvocatura generale dello Stato, secondo cui limmediata
operatività si ricaverebbe dalla circostanza dellutilizzo dello strumento della decretazione durgenza, dal
momento che questultimo sottende una scelta di opportunità non rilevante in questa sede e logicamente
non incompatibile con la decorrenza delloperatività dei controlli dallesercizio successivo allentrata in
vigore del decreto.
5. Deve pertanto concludersi nel senso che non spettava allo Stato e, per esso, alla Corte dei conti,
sezione delle autonomie e sezioni regionali di controllo per le Regioni Emilia-Romagna, Veneto e
Piemonte, adottare le deliberazioni impugnate con cui si è, rispettivamente, indirizzato ed esercitato il
controllo sui rendiconti dei gruppi consiliari in relazione allesercizio 2012.
Le deliberazioni in questione, per leffetto, vanno annullate.
6. Restano assorbite le ulteriori censure sollevate dalle ricorrenti.
7. Non può trovare accoglimento, infine, listanza di autorimessione della questione di legittimità
costituzionale dellart. 1, commi 9, 10, 11 e 12, del d.l. n. 174 del 2012, avanzata dalla Regione Veneto,
poiché in ogni caso irrilevante alla luce dellesito del conflitto (sentenza n. 313 del 2013).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara che non spettava allo Stato e, per esso, alla Corte dei conti, sezione delle autonomie,
adottare le deliberazioni 5 aprile 2013, n. 12, e 5 luglio 2013, n. 15, nonché alla Corte dei conti, sezione
regionale di controllo per lEmilia-Romagna, le deliberazioni 12 giugno 2013, n. 234, e 10 luglio 2013,
n. 249, alla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Veneto, le deliberazioni 29 aprile 2013,
n. 105, e 13 giugno 2013, n. 160, ed alla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Piemonte,
la deliberazione 10 luglio 2013, n. 263, con cui si è, rispettivamente, indirizzato ed esercitato il controllo
sui rendiconti dei gruppi consiliari in relazione allesercizio 2012;
2) annulla, per leffetto, le deliberazioni suddette.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 2014.
F.to:
Gaetano SILVESTRI, Presidente
Giancarlo CORAGGIO, Redattore
Gabriella MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 15 maggio 2014.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella MELATTI