Negli ultimi cinque anni è stato il presidente del consiglio comunale. Prima dalla stessa parte dell'amministrazione, poi all'opposizione. «Non ho tollerato l'alleanza con Patto per Noto di Corrado Cultrera e la nomina ad assessore del segretario dell'onorevole Gennuso»
Noto, Figura da consigliere a candidato sindaco «Mi ispiro a Giorgio La Pira e Barack Obama»
Consigliere più votato dai cittadini nel 2011, Corrado Figura per cinque anni è stato presidente del Consiglio comunale a Noto sostenendo la precedente amministrazione. Il 37enne impiegato di banca, dopo la spaccatura con Bonfanti, oggi si propone come primo cittadino sostenuto da quattro liste civiche senza l’appoggio di nessun partito e di nessun esponente politico.
Perché ha scelto di candidarsi a sindaco?
«Perché penso di poter rappresentare tutti i miei concittadini che vogliono una città che guardi verso il futuro uscendo dai vecchi schemi e dal circolo vizioso della politica locale che ha ingessato la città, impedendole di cogliere le opportunità che le sono state offerte».
Quali sono i punti centrali del suo programma? A che cosa la città non può più rinunciare?
«Rinnovamento, partecipazione e convergenza di tutti i netini attorno all’idea che il bene comune è ciò che di più prezioso possediamo. Non possiamo rinunciare alle opportunità offerte dal turismo che attira investimenti sul nostro territorio. Dobbiamo evitare che questa ricchezza sia effimera e fare in modo, invece, che sia sostenibile e duratura, a disposizione anche delle prossime generazioni».
Qual è la figura politica o tecnica (nazionale o internazionale) a cui si ispira?
«Giorgio La Pira che diceva che “l’impegno politico si fonda su principi fondamentali” e che lui non era “fatto per la vita politica nel senso comune di questa parola, non amo le furbizie dei politici e i loro calcoli elettorali”. E poi anche due presidenti americani: Barack Obama che, quando molti credevano che il sistema americano fosse in ginocchio, ha dimostrato al mondo intero che è possibile risorgere e che il suo Yes, we can non era solo uno slogan; e Franklin Delano Roosevelt, un uomo che riuscì a vincere una terribile crisi economica attraverso il new deal e che sconfisse il nazismo».
In caso non riuscisse ad andare a ballottaggio, con chi si alleerebbe eventualmente nel secondo turno?
«Domanda a cui non posso rispondere perché io andrò al ballottaggio o passerò al primo turno».
Elenchi le prime tre cose che farebbe appena eletto primo cittadino.
«Organizzare la squadra che deve realizzare il programma del quinquennio da me annunciato; elaborare il planning operativo e cominciare a far sentire la nostra voce alla Regione siciliana».
Qual è l’avversario che teme di più?
«L’assenteismo degli elettori».
Un pregio e un difetto della precedente amministrazione.
«Il pregio è stato sicuramente un pacchetto di propositi iniziali. Il difetto, invece, aver reso la fine del mandato troppo condizionato dalla campagna elettorale per costruire l’immagine efficentista dell’attuale sindaco. Ne è esempio l’inaugurazione del Museo del mare e la sua successiva chiusura al pubblico».
Lei, da presidente del consiglio comunale è stato in linea con la maggioranza fino a un certo punto, poi che cosa l’ha spinta a cambiare rotta?
«La presa di coscienza che l’amministrazione tradiva i propositi e gli ideali che erano stati alla base del sua elezione».
Quali sono le scelte che non ha condiviso?
«L’alleanza con Patto per Noto di Corrado Cultrera e la nomina ad assessore del segretario del partito dell’onorevole Giuseppe Gennuso, persona che non vive e non conosce la realtà netina».
Ma lei perché non si è dimesso per tempo dopo aver manifestato il suo dissenso?
«Per due motivi: innanzitutto, perché ho rispettato il mandato degli elettori che hanno creduto nella mia persona offrendomi la loro preferenza e poi anche perché uscendo di scena avrei favorito proprio chi voleva il campo libero. Fare opposizione non è stato facile ed è stato molto dispendioso in termini d’energia e di tempo sottratto alla mia famiglia».
Questa costellazione di liste civiche, è segno di vergogna o paura dei simboli dei partiti che vengono visti come sinonimi di mala politica?
«Vergogna, pura vergogna».