Non semu proprio tutti devoti tutti

Mamma, mi scappa la pipì”, “Adesso?!? Te la puoi tenere!” con annesso urlo di terrore della madre.

Con un primo ricordo così, non stupisce che la sottoscritta, catanese purosangue, appartenga alla schiera di suoi concittadini che vorrebbero rinascere neozelandesi. Non tutti i giorni dell’anno, non per le buche e tutto il resto, solo durante la festa di Sant’Agata. Quei tre giorni dell’anno che puntualmente dimentichi, ma arrivano, eccome.

Dati non statistici, ma ugualmente affidabili, dicono che siamo in molti. Solo che non lo ammetteremmo mai apertamente, è questione di sopravvivenza. Lo si sussura tra gli intimi, con il viso imbarazzato e dissimulando, chè se no, non si catanisi ca scoccia. E noi invochiamo la pietà dei catanesi d.o.c.: al massimo Santaituzza non ci fa la grazia, ma per fortuna per il Calcio Catania ci ha già pensato qualcun’altro a chiederla.

Checchè se ne dica i motivi a sostegno di questa tesi “non semu proprio tutti devoti tutti” sono parecchi, ma non tutti concorrono allo stesso modo. Li passiamo in rassegna, assegnando a ciascuno il proprio peso.  

Viabilità: C’è chi ha ancora il coraggio di dire “ma sono solo tre giorni!”. Siamo onesti, i preparativi iniziano prima, molto prima. Montaggio delle infinite lucine con squadre di uomini che da soli basterebbero a coprire ogni puttuso di Catania – in tutti i sensi – e prove tecniche di posizionamento ambulanti sono solo gli esempi principali. Comportano qualche rallentamento, ma tollerabile. Livello di detestabilità: 3. Se siete proprio suscettibili: 5. 

Poi arrivano i fatidici tre giorni, e ognuno scopre lo stratega che è in sé. Si rispolverano le mappe della città, evidenziando in rosso i percorsi off limits e studiando tutte le possibili alternative per arrivare da un punto A ad uno B, senza impiegare lo stesso tempo degli antichi viaggiatori a dorso di mulo. Rischi l’esaurimento nervoso, ma non la vita. E’ già qualcosa. Diciamo un punteggio da 5 a 7. 

Il bello, però, viene sempre dopo. A festa conclusa, si aprono i campionati cittadini del più antico ed esclusivo sport etneo: il pattinaggio su cera. I carrozzieri, ottimi giudici, danno i punti: sì, ma alle macchine incidentate. Un detestabile 10 tondo tondo, con qualche zero in più sulla parcella dei suddetti giudici.

La festa: “Andiamo a vedere Sant’Agata?”. E’ una bugia, una falsa domanda, un tranello. Perchè la Santa, alla fine, non la vedrai mai. C’è da rassegnarsi.

Nei miei pochi tentativi nel corso degli anni, sono riuscita a vedere nell’ordine: le gambe delle persone davanti, il didietro delle persone davanti – in un’età in cui ancora non riuscivo ad apprezzarne i risvolti positivi – la schiena delle persone davanti, le spalle e di nuovo il didietro – in caso di bambini sulle spalle dei genitori. E sarà anche che io sono alta un metroecinquantotto, sissignori, ma non mi risulta che gli altri se la passino meglio. Che poi dalle gomitate e dagli spintoni ricevuti, per reazione, vengano a formarsi i futuri serial killer è teoria ancora da dimostrare. Ma ha un qualche fondamento empirico. Nessun voto: c’è chi gode con altri sensi, oltre alla vista.

Guadagnato comunque un posticino, non ti puoi più movere, se non con grande fatica o fuori dalla tua volontà. E poi, per fare cosa? In via Etnea, ogni tre metri, si ripete la stessa ossessiva seguenza: calia e simenza – panini – palloncini – calia e simenza – panini – palloncini – calia e simenza – panini – palloncini, e così via. Il mio sogno? Un grandissimo stand di Biochetasi in piazza Duomo e molti bagni pubblici. Mi pare il minimo, come omaggio ai sopravvissuti. Già che ci siamo, ci vedrei bene anche un mega distributore di caffè. I tre giorni, infatti, sono fittissimi e non lasciano respiro, figuriamoci tempo per dormire. Tutto è bellissimo, tutto imperdibile. Una maratona. Sospetto che le migliaia di persone che vengono da ogni angolo del mondo si allenino segretamente per New York. Voto di noia e stanchezza: 8  

I devoti: Il meglio della festa, la più varia umanità, il sogno di ogni antropologo. Mi sono ritrovata a dover spiegare ad un forestiero, ma pur sempre siciliano, cosa facessero tutti questi giovani con una specie di grembiulino bianco o verde, un berrettino nero e una coccarda. Eravamo rintanati in una traversina di Via Etnea, appollaiati su una di quelle panchine circolari.

Mi sono subito lanciata con catanese ardore in un discorso sulla devozione, i voti, le tradizioni familiari. Mentivo sapendo di mentire, ma lo facevo bene e per tenere alta la bandiera marca liotru. Se non che, dal lato opposto della panchina, una giovanissima rappresentante della categoria decide di confessare all’amica: “Me mamma c’ammuccau ca iu tutta a notti fora mi nni vaiu appressu a santa!”. E io invece sto zitta, che è meglio. Voto folklore: 10+

Non si può generalizzare, si sa, e noi ci stiamo limitando solo ai giovani. Ma, a voler credere sinceramente devota questa folla col sacco, si dovrebbero vedere le chiese strapiene di giovanottini e giovanottine, le vocazioni alle stelle, e la criminalità minorile catanese non al primo posto nelle classifiche cittadine. Lo stadio forse non sembrerebbe Baghdad durante una guerra civile, e dalla festa tornerebbero tutti col portafoglio ancora in tasca. L’ombra della mafia, infine, non sfiorerebbe col dubbio neanche la mente più sospettosa. Non c’è voto possibile.  

Nonostante tutto, i fuochi a volte li guardo dal balcone, ingurgiterei quintali di quelle noccioline ricoperte di non so cosa, e la determinazione della giovane Agata mi ha sempre affascinato. Parliamo di profano, e mi sta benissimo così. Ma se proprio potessi scegliere, chiederei una cosa alla Santa bambina: il prossimo anno, facciamo un po’ meno schifìo? Che magari, chi ci crede veramente, così ci resta un po’ male.


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