Tre sinossi per salvare agosto dai libri noiosi
Non c’è due senza thé
Capita a tutti di recuperare dall’armadio quella vecchia maglietta che, stropicciata e abbandonata, ha però ancora il fascino discreto di chi ha tanto da raccontare, di chi ne ha viste e, se potesse, ne racconterebbe a dozzine. Per affrontare quello che, come ci ricorda la stampa, è “il mese più caldo finora” (e se continuiamo a disinteressarci del clima, sarà il più fresco da qui in avanti), ho recuperato dallo scaffale tre libri che vi sono entrati, appunto, con quel fascino discreto di cui si parlava poc’anzi.
Attraverso tre sinossi, a fine agosto eviteremo gli spiegoni e vedremo se, magari non dalla copertina, ma da qualche riga sia invece possibile giudicare un buon libro.
Chissà poi che, tra i bambini che giocano in spiaggia e una pagina sotto l’ombrellone ancora aperto, tra un thé freddo e un ventilatore, non riescano a dare sollievo aiutando a sviluppare quel sano cinismo di cui un po’ tutti, prima o poi, abbiamo bisogno.
Il cretino è per sempre, di Carlo Fruttero e Franco Lucentini
Poco interessanti catene di cause e effetti spiegano l’esponenziale proliferazione della bêtise. Figlia del progresso, dell’idea di progresso, essa non poteva che espandersi in tutte le direzioni, contagiare tutte le classi, prendere il sopravvento in tutti i rami dell’umana attività. È stato grazie al progresso che il contenibile stolto dell’antichità si è tramutato nel prevalente cretino contemporaneo, personaggio a mortalità bassissima la cui forza è dunque in primo luogo brutalmente numerica; ma una società ch’egli si compiace di chiamare molto complessa gli ha aperto infiniti interstizi, crepe, fessure orizzontali e verticali, a destra come a sinistra, gli ha procurato innumeri poltrone, sedie, sgabelli, telefoni, gli ha messo a disposizione clamorose tribune, inaudite moltitudini di seguaci e molto denaro.
Gli ha insomma moltiplicato prodigiosamente le occasioni per agire, intervenire, parlare, esprimersi, manifestarsi, in una parola (a lui cara) per realizzarsi. Sconfiggerlo è ovviamente impossibile. Odiarlo è inutile. Dileggio, sarcasmo, ironia non scalfiscono le sue cotte d’inconsapevolezza, le sue impavide autoassoluzioni: per lui, il cretino è sempre un altro.
Carlo Fruttero e Franco Lucentini (in arte La Ditta) restituiscono dignità alla narrazione dei cretini d’oggi, di ieri e, sicuramente, di domani che tutti incontriamo e che spesso, consapevolmente o meno, interpretiamo a nostra volta.
Matematica è politica, di Chiara Valerio
La matematica rivista come prassi politica, e non solo come teoria, è un formidabile esercizio di democrazia: come la democrazia si fonda su un sistema di regole, crea comunità e lavora sulle relazioni. Come la democrazia, la matematica amplia ma non nega.
Studiando matematica si capiscono molte cose sulla verità. Per esempio che le verità sono partecipate e pertanto i principi di autorità non esistono; che le verità sono tutte assolute ma tutte transitorie perché dipendono dall’insieme di definizione e dalle condizioni al contorno. Svolgere un problema matematico è un esercizio di democrazia perché chi non accetta l’errore e non si esercita nell’intenzione di capire il mondo non riesce né a cambiarlo né a governarlo.
Chiara Valerio tesse in un pamphlet polemico un parallelo tra matematica e democrazia, due aree che non subiscono la dittatura dell’urgenza. Per chi, come me, non è mai stato particolarmente ferrato in matematica, questa diventa un’utile occasione per apprezzare quella che forse è la più vituperata ma importante tra le materie.
La scimmia sulla schiena, di William Burroughs
La scimmia sulla schiena (titolo originale Junkie) è un romanzo del 1953 che in Italia è arrivato soltanto nel 1962, non senza poche difficoltà.
Il titolo si riferisce all’espressione usata dall’autore per indicare l’astinenza da eroina e morfina, che si manifesta con dolori alla schiena causati dal diminuire dell’effetto anestetico dell’eroina al sistema nervoso periferico.
Con un linguaggio crudo, William Burroughs riesce a ripercorrere su sé stesso gli effetti delle principali droghe allora in uso, nonché appunto le sue esperienze con morfina ed eroina, di cui al tempo si faceva un grande uso negli Stati Uniti.
Una lucidità che permette di capire non soltanto i pericoli, ma anche gli errori nella gestione di queste dipendenze da parte degli Stati che spesso si trovano a concentrarsi sull’impianto punitivo verso chi ne fa uso anziché lavorare per un recupero nel medio e nel lungo periodo.