Sancito dallo Statuto della Città di Catania del 1995, è di fatto negato perché manca il regolamento attuativo. È la paradossale vicenda del diritto dei catanesi a partecipare alle scelte dell'amministrazione comunale tramite gli istituti di partecipazione popolare. Dellanomalia sè accorto più di due anni fa un gruppo di associazioni, riunitesi in un Comitato che martedì 10 marzo depositerà 800 firme in Comune
Noi decidiamo, sì ma quando?
Come avere dei diritti, e non saperlo. Succede anche questo a Catania, dove già nel 1995 è stato approvato uno Statuto della Città all’avanguardia, comprendente un intero titolo sugli “Istituti di partecipazione popolare”, come i referendum e le istanze, che sarebbero i modi in cui i cittadini possono intervenire nelle scelte comunali. Fatto lo statuto, ecco pronta anche la pecca: in più di tredici anni non è stato ancora attuato il regolamento che spieghi esattamente come fare, rendendo di fatto questi diritti non esercitabili.
Se ne sono accorti più di due anni fa un gruppo di cittadini e associazioni catanesi, riunitisi nel comitato “Noi decidiamo” nell’estate del 2007. Da quel momento, il comitato ha deciso di far partire una petizione affinché questo regolamento attuativo prenda forma, permettendo così ai cittadini di conoscere ed esercitare i diritti che sulla carta già hanno. E, tanto per accelerare i tempi, ne hanno anche creato loro stessi una proposta.
Servivano 500 firme per poter presentare la petizione in Comune. Martedì 10 marzo il Comitato ne depositerà quasi 800, prevedendo anche una concentrazione di cittadini in piazza Duomo per le ore 10:00. Le loro proposte saranno quindi vagliate dalla Commissione consiliare Statuto e Regolamenti e, se giudicate valide, saranno votate in un apposita seduta del Consiglio Comunale. Un atto che dovrebbe essere più di forma che di contenuto, dato che le richieste del Comitato si basano su articoli già sanciti dallo statuto del 1995, che vanno solo regolati nel metodo di attuazione.
Ma di quali diritti stiamo parlando? Se tutto funzionasse – e questo è lo scopo del Comitato – i cittadini, sia singoli che associazioni, avrebbero a disposizione molti modi per far pesare la loro opinione nelle scelte comunali.
Vediamo i principali.
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Poniamo che il cittadino Agatino Trovato sia troppo timido per rivolgere una domanda al sindaco e sentirsi rispondere in tv. E poniamo anche che con questa domanda il signor Trovato non riesca a dormire la notte, così che non possa fare richiesta scritta e attendere tempi biblici. Potrebbe allora andare in Comune, nei giorni e negli orari fissati dal primo cittadino, dagli assessori e dai consiglieri, e parlare direttamente con loro, in carne ed ossa. Perché l’articolo 42 dello Statuto della Città di Catania prevede il diritto d’udienza.
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Poniamo anche che il signor Trovato non capisca il motivo di un provvedimento o voglia stimolare un intervento del Consiglio Comunale. Potrebbe avanzare un’istanza, secondo quanto spiega l’articolo successivo dello Statuto, il 43.
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Oppure 500 cittadini potrebbero sottoscrivere una petizione, come in questo caso. E sarebbero certi che il giudizio del Consiglio sarà celere. Le petizioni, infatti, devono essere esaminate in un’apposita seduta da tenersi almeno ogni tre mesi. Lo dice l’articolo 44.
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Immaginiamo, infine, che il Comune abbia un serissimo dubbio e voglia conoscere l’opinione dei cittadini. Secondo l’articolo 47, si potrà ricorrere ai referendum di natura abrogativa, consultiva o propositiva. Il risultato vincolerebbe l’amministrazione: a scegliere sarebbero quindi i cittadini.
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“La partecipazione dei cittadini all’amministrazione realizza la democratizzazione del rapporto tra gli organi elettivi e i cittadini”. Questo è l’articolo 40 ed è quello che proveranno a realizzare i catanesi.