Abbiamo chiesto a Emanuele Fadda, docente di teoria del linguaggio, di analizzare per Step1 gli slogan del movimento studentesco nato in questi giorni: Alcuni sono molto efficaci, da noi prevalgono parole trite e di scarso impatto mediatico
‘No Gelmini’, Catania bocciata in creatività
“Ottobre 2008 in tutti i cinema: Gelmini Mani di Forbice”. Da giorni ormai gli studenti di tutta Italia, armati di megafoni e striscioni, protestano contro il Decreto 133 e sui tagli all’Istruzione a suon di rime e giochi di parole : “Contro Beata Ignoranza non basta Santa Pazienza, mobilitiamoci!”; “Non avrai altro maestro all’infuori di me”; “Quando la cultura ti sorprende, sorprendila con EnteroGelmini”.
Tra riferimenti religiosi, prodotti farmaceutici e citazioni cinematografiche, in un mix di satira politica e comunicazione pubblicitaria, durante i cortei di protesta se ne sentono davvero di tutti i colori.
E a Catania? La città del Liotro non è di certo rimasta immune dalla slogan-mania, anche se i risultati si sono rivelati meno brillanti rispetto ai colleghi del Continente.
“Noi la crisi non la paghiamo” – “Contro il governo Berlusconi, 10 100 1000 occupazioni” – “Diritto allo studio non si tocca, lo difenderemo con la lotta”, “La città di Bellini contro la Gelmini”. “Il panorama è desolante” questa l’impressione avuta dal prof. Emanuele Fadda, docente di Teoria del Linguaggio alla facoltà di Lingue di Catania, sui cori sentiti durante le manifestazioni studentesche catanesi.
“Sono frasi chiaramente lontane dal linguaggio innovativo del resto d’Italia, connotate su politica ed opposizioni di tipo marxista ormai obsolete. Ripetono concetti triti e ritriti, quindi si prestano facilmente alle critiche. Inoltre, sono basate su rime baciate con una metrica troppo semplice, quasi banale. A mancare completamente sono la creatività grafica e i giochi di parole, il che le rende di scarso impatto mediatico“.
Insomma, i giovani studenti, presi dal far sentire le proprie ragioni, hanno trascurato la forma, con incitamenti volti più a rafforzare il senso di partecipazione all’interno della protesta piuttosto che dare una buona immagine a chi guarda dall’esterno.
“Lo slogan – continua Fadda – non è più il miglior mezzo per attirare l’attenzione. Un’immagine con una didascalia, una vignetta, una caricatura sono innovazioni e colpiscono molto di più. Sempre a proposito di novità, pensiamo all’impatto suscitato dalle lezioni in piazza…”.
Dall’immancabile confronto con il ’68 viene fuori che, se le manifestazioni rievocano le memorabili lotte studentesche di quarant’anni fa, a Catania gli slogan sembrano “l’ennesima riedizione dei cori sessantottardi, dove “tardi” si rivela un aggettivo più che un suffisso . I concetti tanto in voga all’epoca adesso risultano fuori moda. Ma non mi sento di approfondire oltre il confronto dato che nel ’68 ero a -4 anni”.
In poche parole quello che conta non è solo farsi sentire. A rendere uno slogan di protesta davvero efficace è la sua capacità di attirare l’attenzione, essere mediatico. E per bucare il video si deve comunicare qualcosa in maniera immediata e originale. “ Non bastano più semplici slogan . Si deve usare l’intelligenza come arma. E si deve anche far riflettere. Gli slogan migliori sono quelli che ti fanno pensare”.