No all’hotspot, voto del consiglio comunale è unanime «Siamo pronti a fare ricorso se lo Stato vorrà imporsi»

Palermo non lo vuole, tutto il consiglio è unanime. Così l’hotspot, il centro di identificazione dei migranti che lo Stato vorrebbe realizzare allo Zen, viene bocciato su tutta lineaA Sala delle Lapidi presente anche il sindaco Leoluca Orlando. Ma la brutta notizia è che potrebbe sorgere comunque anche con il parere contrario del consiglio comunale. Il prefetto può scavalcare il Comune e passare direttamente la faccenda sui tavoli dell’assessorato territorio e ambiente della Regione Siciliana. È quanto emerso questa mattina dall’intesa discussione, durata ore, per discutere proprio del parere da dare al nuovo centro di identificazione che dovrebbe nascere allo Zen, al Baglio S.Gabriele, in un bene confiscato alla mafia e vincolato dalla sovrintendenza. 

La direttiva comunitaria prevede questa struttura a Palermo e in altri luoghi in Europa: un muro di cinta altissimo, all’interno 400 posti letto, e poi un luogo di culto e una mensa. Per un investimento totale di sette milioni e 200mila euro. Per la prima volta Orlando in aula chiama l’hotspot con il proprio nome e riconosce la gravità di questa operazione in città. Questo centro non lo vuole nessuno, né la destra né la sinistra. «Ci avevano detto che era un centro per migliorare la prima accoglienza – spiega il sindaco – per facilitare le operazioni al porto dopo gli sbarchi, ma guardando il progetto si capisce che è una struttura di permanenza che va in contrasto con la politica messa in atto a Palermo.  È inaccettabile che sorga a Palermo proprio per questa contrarietà politica, qui non esistono migranti, chiunque arrivi a Palermo diventa cittadino di questa città. Siamo pronti a fare ricorso qualora lo Stato decidesse di farlo ugualmente anche con il parere contrario del Comune». La città che ha fatto dell’accoglienza il suo punto saldo non può permettersi di far nascere in un bene confiscato un hotspot, in un quartiere che è già ad alto rischio di marginalità sociale. 

«Questo è un passaggio storico per questa città, è bene ribadirlo – dice Giusto Catania, di Sinistra Comune – riguarda l’identità che abbiamo voluto costruire di questa città. Un hotspot è un non luogo che vieta e nega i diritti fondamentali dell’uomo. Non luoghi dove si fabbricano non persone. Non basta il voto del consiglio comunale, la nostra battaglia continuerà alla Regione. A Palermo vengono prima le persone e i diritti. Ma poi a Palermo non ci sono più sbarchi così frequenti, quindi perché insistere nel voler fare una struttura simile?».

Intanto l’opposizione non perde occasione per attaccare Orlando, assente in aula dal 6 dicembre. «Sindaco, Palermo ha tante emergenze eppure non la vediamo da mesi in consiglio, quella di oggi ci sembra più una passerella che altro – dice Fabrizio Ferrandelli -. Dobbiamo parlare delle emergenze reali della città. La scelta dell’hotspot allo Zen inoltre la trovo irriguardevole e scandalosa per gli abitanti dello Zen». Contrari anche i 5stelle, che però sul tema vanno divisi. Da una parte la nota dei cinque consiglieri Ugo Forello, Viviana Lo Monaco, Giulia Argiroffi, Antonino Randazzo e Concetta Amalla.

«Siamo soddisfatti – dicono – per la decisione presa dall’aula su un’opera invasiva e costosa, sbagliata nella concezione, nel metodo e nel progetto. Ribadiamo che per il Movimento 5 Stelle i diritti umani vengono prima di tutto. Questa soluzione ipotecherebbe per sempre il riscatto di un quartiere in cui i politici tutti hanno fallito. L’unica nota positiva di oggi, oltre all’unione d’intenti dell’intero consiglio su questo tema, è stata la presenza del sindaco assente, che in aula non si vedeva da fine 2017 e che sembra scappare dalle sue responsabilità: dall’emergenza rifiuti, ai debiti del Comune e delle partecipate, a un’emergenza sociale con una Palermo sempre più povera e distante dalle esigenze dei cittadini». Resta isolato, almeno nelle dichiarazioni alla stampa, l’altro pentastellato Igor Gelarda. Che ribadisce di ritenere «assoluta la necessità di tutelare i diritti umani dei migranti» e allo stesso tempo di «tutelare i diritti di coloro che vivono a Palermo, abbandonati a se stessi in una città allo sbando». 

Soddisfatti infine anche i consiglieri del Partito Democratico Dario Chinnici, Francesco Bertolino, Carlo Di Pisa, Rosario Arcoleo e Giovanni Lo Cascio. «Abbiamo apprezzato – dicono i consiglieri dem – la proposta condivisa da molti colleghi di riqualificare aree come quella di Fondo San Gabriele, proposta questa del Centro Pio La Torre, o di scuole oggi degradate, ribadendo la nostra difesa dei diritti e contestualmente l’obiettivo di votare atti che certamente contribuiranno nel percorso di crescita di questa città». Il presidente del consiglio Totò Orlando ha poi annunciato che il sindaco tornerà in consiglio giorno 30 giugno per affrontare altre tematiche urgenti in città. 

«Oggi in aula abbiamo ribadito il nostro ‘no’ agli hotspot – afferma il capogruppo di Palermo 2022 a Sala delle Lapidi Antonino Sala – Il nostro è stato un ‘no’ innanzitutto politico. Queste strutture non sono la soluzione e non rappresentano il modello di accoglienza che auspichiamo. Ed è un ‘no’ tecnico, perché coinvolgerebbe un’area in cui è presente verde storico e in cui sono stati rinvenuti dei qanat, antiche opere di ingegneria idraulica dell’epoca araba. Siamo pertanto soddisfatti per l’esito del voto. Ma è necessario individuare soluzioni alternative. Per questo saremo presenti all’incontro con l’assessore regionale al Territorio e Ambiente Toto Cordaro».


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Intensa discussione questa mattina a Sala delle Lapidi, alla presenza del sindaco Orlando, che per la prima volta chiama la struttura col proprio nome. «Ci avevano detto che era un centro per la prima accoglienza». Tutti contrari alla realizzazione della struttura da destinarsi a centro di identificazione ed espulsione dei migranti

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