L'uomo arrivato dall'Albania, da anni viveva in una Lancia Y Elefantino parcheggiata a largo Bordighera. «La cosa che ci fa più male - dicono a MeridioNews i volontari di Arbor che lo avevano conosciuto - è pensare che fosse solo negli ultimi momenti di vita»
Nicola, il clochard trovato morto nell’auto che era la sua casa «Siamo preoccupati che accada lo stesso ad altri senzatetto»
Una Lancia Y Elefantino di colore verde scuro, vecchia e sporca, parcheggiata alla fine della fila dei cassonetti in largo Bordighera a Catania, da anni, era diventata la sua casa. È lì che gli agenti del commissariato di Borgo Ognina, qualche sera fa, hanno trovato Nicola senza vita. Arrivato in città dall’Albania negli anni della guerra del Kosovo, aveva 55 anni «ma ne dimostrava molti di più», raccontano a MeridioNews Enzo Meli e sua moglie Viviana Valvo, entrambi volontari di Arbor, unione per gli invisibili. «Lo avevamo conosciuto qualche mese fa su segnalazione di un’associazione locale – ricostruisce la donna che per lavoro insegna italiano agli stranieri – e da allora ogni martedì sera, durante il nostro consueto giro della città, gli portavamo la cena. Siamo riusciti a entrare in contatto con lui – aggiunge – che è sempre stato educato e discreto ma anche piuttosto riservato. L’idea che ci siamo fatti di lui è che cercasse quasi di non farsi notare troppo».
Del resto, Nicola era diventato un «invisibile» da quando, diversi anni fa, aveva perso il suo regolare lavoro da muratore e anche i suoi documenti. Nessuna residenza, né in Albania e nemmeno in Italia. «Proprio nell’ultimo periodo – ricostruisce Meli – ci stavamo interessando per provare a capire come attivare le procedure per fargli avere i documenti». E, invece, gli attivisti non hanno fatto in tempo. «A noi aveva detto di non avere una famiglia nemmeno nel suo Paese di origine», dicono. Nicola parlava un italiano perfetto e usava anche delle espressioni tipiche del dialetto catanese. Il capoluogo etneo era la città che, in qualche modo, lo aveva accolto: negli ultimi dieci anni, aveva sempre vissuto in quella piazza tanto da essere conosciuto dagli abitanti della zona in cui esercitava anche l’attività di parcheggiatore abusivo.
«L’impressione che abbiamo avuto noi – raccontano i volontari – è che si fosse arreso alla vita. O, meglio, che quella vita vissuta così per strada lo avesse portato ad arrendersi completamente. Aveva una voce molto rauca, probabilmente anche perché fumava tantissimo. Guardandolo da lontano, quando arrivavamo, ci sembrava quasi che fumasse come se quella sigaretta potesse fargli compagnia». Sulla morte di Nicola la magistratura ha aperto un’inchiesta, il medico legale è intervenuto a largo Bordighera per l’ispezione cadaverica e non è ancora chiaro se sul suo corpo verrà eseguita anche un’autopsia che possa chiarire quali siano state le cause della morte. «La cosa che mi fa più male – si sfoga la volontaria – è pensare che sia morto lì, da solo. Nessuno dovrebbe morire in questo modo. E quello che ci preoccupa – concludono gli attivisti di Arbor – è che la stessa cosa potrebbe accadere anche ad altri senzatetto in città».
Intanto, dopo anni di ritardi e passi avanti che in realtà erano passi indietro, ieri è stato inaugurato un dormitorio a Catania con 25 posti letto nell’immobile confiscato alla mafia di via Federico Delpino, nel quartiere Librino. Lo stesso edificio che, solo qualche mese fa, era stato definito «troppo decentrato» dall’assessore ai Servizi sociali Giuseppe Lombardo. Un particolare di cui l’amministrazione si sarebbe accorta «solo all’atto pratico dell’insediamento» e che aveva portato all’idea di cambiare destinazione d’uso all’edificio. Che, invece, adesso è pronto a ospitare le persone che non hanno una casa in cui vivere e che non avevano nemmeno una struttura a cui appoggiarsi perché, come verificato da questo giornale, le strutture elencate come disponibili dall’amministrazione in realtà non hanno nemmeno un posto libero. Il taglio del nastro è avvenuto a poco più di un mese dallo sgombero dei clochard da piazza della Repubblica. Un’operazione che era stata vantata come un successo dall’assessore ai Rifiuti Andrea Barresi in termini di «pulizia e decoro», ma a cui sono seguiti un’interrogazione parlamentare e una denuncia alla procura per reati gravi ipotizzati.