È toccato al Grand Hotel Villa Itria di Viagrande ospitare la prima Assemblea post pandemia dei Soci del Credito Etneo – Banca di Credito Cooperativo – Società Cooperativa, convocati in seduta straordinaria per l’approvazione, ai sensi dell’art. 2502 Codice Civile, del “Progetto di Fusione” per incorporazione di Credito Etneo – Banca di Credito Cooperativo – Società Cooperativa nella Banca Sicana Credito Cooperativo di Sommatino, Serradifalco e Sambuca di Sicilia – Società Cooperativa.
Ma non sarà questo ad assicurare un posto nella storia alla nota struttura viagrandese, visto che esso arriverà dall’avere costituito la location in cui si è concluso il cammino cui, nell’estate del 2000, aveva dato l’avvio il grande esercito dei settecento che, rispondendo con entusiasmo e senza scetticismi ad un’idea da molti giudicata impossibile e fuori dal tempo, avevano sottoscritto l’Atto costitutivo al centro fieristico Le Ciminiere di Catania che sanciva la nascita del Credito Etneo.
Erano i tempi in cui il mondo bancario aveva decretato la fine delle piccole banche, vittime della competizione che vede impegnati i colossi del credito nazionale e internazionale in una gara senza esclusione di colpi, per assicurarsi anche la parte più piccola di mercato. Per questo non poteva non sorprendere la nascita di una Banca locale. Una sorpresa di breve durata, però, se si presta attenzione alle sciagure abbattutesi sulle economie locali, specie quelle della Sicilia, da quando piccole realtà creditizie dai nomi più disparati erano finite sotto le fauci di Istituzioni che, attraverso i vetri di occhiali chiaramente nordisti, guardavano al territorio con un certo distacco. Da questo si capisce che quell’evento non va considerato come un fatto anacronistico, ma come risposta precisa ad esigenze altrettanto precise.
A dare un notevole contributo alla razionalizzazione perseguita dalla Banca d’Italia era stata la città di Belpasso che, nell’ultimo decennio del secolo scorso, aveva assistito alla scomparsa di due gloriosi Istituti di credito locali, la Banca Popolare, fondata nel 1891 (23 sportelli nelle province di Catania e Messina) e la Cassa Rurale “SS: Immacolata”, fondata nel 1906 (4 sportelli nella provincia di Catania), incorporati rispettivamente dalla BPL (Banca Popolare di Lodi) e dalla BAPR (Banca Popolare Agricola di Ragusa). Un’esperienza non certo di poco conto che fa capire quanto fosse forte il bisogno di una Banca locale nel senso più pieno del termine, che guardasse con sensibilità squisitamente locale all’economia locale. Una lacuna che ha cercato di colmare il Credito Etneo con la sua presenza articolata nel Territorio.
Ventidue anni di presenza, crescita e sviluppo cui ha posto fine l’affollata Assemblea di ieri che ha accolto con un applauso l’esito, più che scontato, della votazione, che ha decretato l’incorporazione dell’Istituto di credito nella Banca Sicana per dare vita ad una nuova compagine, articolata su tre sedi territoriali – la Sicilbanca – che opererà su 8 province con 21 filiali distribuite negli 81 comuni serviti. Applauso sì, ma non scosciante, come si conviene ad un’eventualità alla quale è impossibile sottrarsi e che per tale motivo deve essere accettata, o perché lo impone il mutare dei tempi o perché “vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole”.
Probabilmente una comunicazione più ampia e completa, rispetto a quella scarna e ridotta all’essenziale della Banca incorporanda, avrebbe avuto effetti più coinvolgenti verso l’Assemblea che ha dovuto attendere l’intervento torrenziale – ricco di dettagli, numeri, prospettive – del presidente della Banca incorporante per disporre di elementi di valutazione.
Anche il dibattito – tra tentativi di resistenza stoppati dalla rigidità del regolamento assembleare e caute aperture verso la nuova prospettiva – ha dato l’impressione di fare parte di un copione già scritto che non ha trascurato nulla, nemmeno il sistema di voto, la cui stranezza ha spinto alcuni dei presenti alla rinuncia (senza che la cosa però intaccasse minimamente l’elevata percentuale finale dei favorevoli all’operazione).
E mentre si prende atto della definitiva chiusura del sipario su un ventennio di storia bruscamente interrotta, c’è chi continua a chiedersi se sia stato fatto tutto ciò che poteva essere fatto per evitare che i rilievi della Banca d’Italia, da cui tutto ha avuto origine, assumessero i caratteri di un vero e proprio diktat. E assieme a lui chi si chiede se quella intrapresa fosse l’unica strada percorribile. Domande destinate a non avere risposta. Esse appartengono al passato e ciò che conta è il futuro. Sarà la Storia a dire come sarà questo futuro.
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