L'allarme vita notturna fuori controllo non può avere solo una risposta di polizia. Alberto Francini riflette sulle difficoltà del momento, chiamando in causa soprattutto il Comune. «Mancano le regole e i controlli dei vigili urbani»
Movida, le inquietudini della questura di Catania «Coprifuoco impossibile, Comune trovi soluzioni»
Il fermo dei due uomini accusati di aver accoltellato un turista polacco viene presentato con soddisfazione dalla questura etnea. Ma la movida di Catania, vista da piazza Santa Nicolella, rimane un tarlo denso di interrogativi verso cui la polizia non può avere tutte le risposte. Il questore Alberto Francini si lascia andare a un ragionamento che «mon è una provocazione, ma una constatazione». L’anarchia nel centro città richiederebbe una reazione ad ampio raggio, che superi l’approccio poliziesco di chi vorrebbe risolvere il problema attraverso il semplice massiccio dispiegamento delle forze dell’ordine. E neppure l’approccio di Francini si risolve, tirando le somme, nel richiamo già scandito alla sinergia fra i vari attori istituzionali della partita. «Noi le risposte le diamo, nei weekend il nostro impegno è più che raddoppiato – spiega il questore – ma per dare conto al senso di insicurezza dei cittadini, generato da fatti criminosi e dal disagio vissuto dai residenti, tutto non può ridursi a una questione di gestione di polizia del fenomeno».
Si parte dalle proteste, dal malcontento per quel mix di folla, locali e alcool che prende piede nella notte intorno a piazza Teatro Massimo – e non solo – per delineare un quadro che sulle responsabilità, per quanto diffuse, non lascia dubbi. «L’attore principale è il Comune, il padrone di casa – ripete Francini – poi c’è la questura con la sua funzione di coordinamento, anche i residenti, i semplici cittadini dovrebbero dare un contributo di legalità e qualcosa a breve si muoverà con l’attivazione dei gruppi di vicinato». Certo, non sono i catanesi a dover trovare la quadra. «Prima di tutto è il Comune che deve trovare soluzioni, ma non tutte le amministrazioni ci riescono, non è solo il caso di Catania», smorza il questore chiamando in causa invece esempi positivi. «In Italia non sono tanti, dall’estero ne arrivano molti di più, penso all’impiego delle associazioni che aumentano il numero di uomini in azione».
Ma ai piedi dell’Etna si è ancora più indietro, si deve partire dalle basi: «Mancano le regole, quelle che abbiamo sono troppo aperte, mancano i controlli negli esercizi pubblici, servirebbe innanzitutto la presenza degli agenti di polizia municipale che sono preposti a questi compiti». Francini tocca un tasto tanto dolente quanto arcinoto: le difficoltà dei vigili urbani di Catania, troppo pochi e avanti negli anni. A luglio l’amministrazione aveva fatto ricorso al presidio degli ausiliari delle strisce blu ai varchi più importanti del centro storico, nel tentativo di dar manforte a una polizia municipale in apnea. Poi, nelle scorse settimane, il procuratore Carmelo Zuccaro era stato ancora più diretto: «Per la movida serve l’esercito». La presa di posizione seguiva l’accoltellamento del giovane polacco e, sopratutto, lo stupro di una ragazza statunitense ad opera di tre catanesi. Gli autori della violenza e la vittima si era conosciuti durante una serata ad alto tasso alcolico attorno al Teatro Massimo.
Francini, in ogni caso, si tiene alla larga dal commento della cronaca e passa al sodo. Gli sforzi non mancano, ma stringi stringi il nodo è il solito: «Senza soldi non si canta messa. La sicurezza costa, costa tantissimo». Qualsiasi svolta nella gestione dell’ordine pubblico nel centro di Catania implica nuove risorse a disposizione delle autorità. «Di certo non possiamo fare il coprifuoco, non possiamo chiudere tutto alle dieci di sera», chiosa fra il serio e il faceto il questore etneo.