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Che la crisi abbia raggiunto ormai quasi tutti i Paesi del mondo (ma, allora, chi ci guadagna visto che dovrebbe essere un “gioco a somma zero”?) non è certo un mistero. Quello che sorprende sono gli strumenti che i vari Stati adottano per stimolare l’economia di un territorio e, quando possibile, anche nel modo più rapido.

Ultimo esempio di questa corsa dei governi, soprattutto della vecchia Europa (ma esistono anche alcuni esempi in veri paradisi fiscali come Panama), alla ricerca di moneta da mettere in circolo per ridurre i problemi locali, è la messa in vendita ai migliori offerenti di ciò che, per molti anni, è stato concesso gratuitamente sulla base di criteri meritocratici: la cittadinanza (permesso di residenza) agli stranieri che acquisteranno una casa nel loro Paese.

L’economia spagnola, probabilmente, quest’anno presenterà una riduzione inferiore all’1,7%, in base a quanto previsto dal Governo spagnolo per bocca del primo ministro Mariano Rajoy, che ha indicato la crescita degli acquisti di case negli ultimi mesi come esempio dei miglioramenti dell’economia del Paese. “Se le persone acquistano case, allora chi vende mobili, tv o altre apparecchiature ne beneficerà”, ha concluso il primo ministro spagnolo.

Un’analoga iniziativa sta avvenendo in altri Paesi dell’Unione Europea: Irlanda, Ungheria e Portogallo, stanchi di dover chiedere aiuti a condizioni terrificanti e, per di più, con il rischio, come di fatto sta avvenendo in Grecia, di perdere la sovranità reale. Anzi, proprio l’Ungheria è andata oltre. In questo Paese, infatti, il Governo ha deciso di rinunciare al carico fiscale, già di per sé non particolarmente elevato, verso suoi cittadini residenti in altri Paesi con i quali esiste un trattato fiscale bilaterale.

Spagna, Irlanda, Ungheria e Portogallo, che pure attraversano una grave crisi economica e che stanno subendo gli attacchi delle agenzie di rating cercano di trovare nuovi mezzi per non chiedere aiuti all’Unione Europea. Tanto che, ad esempio, la Spagna ha chiesto aiuti ad un solo Paese e per di più extra-Unione Europea: il Brasile. Che, in risposta a tale richiesta, si è impegnato, come confermato dal suo presidente, Dilma Rousseff, a sostenere l’uscita dalla crisi della Spagna.

Non solo. Il Governo spagnolo ha già individuato i soggetti che potrebbero essere maggiormente interessati a tale misura. Il segretario di Stato per il commercio, Jaime Garcia Legaz, ha detto che l’iniziativa è rivolta soprattutto ai mercati russo e cinese (Paesi in cui il numero di “nuovi” ricchi è in forte crescita). La scelta non è casuale, infatti, sino ad oggi i benestanti provenienti da questi Paesi (o da qualsiasi altro Paese che non aderisca ai patti di Schengen) che volevano trasferirsi o anche solo risiedere per lunghi periodi (oltre 90 giorni) dovevano richiedere un particolare visto (residenza elettiva):un permesso che consentisse al titolare di soggiornare nel Paese per un anno (e non di più) e a patto che dimostrasse di avere un reddito sufficiente nel proprio Paese d’origine (oltre ad una serie di altri requisiti, quale, ad esempio, una copertura assicurativa per non gravare economicamente sul sistema sanitario del Paese ospitante in caso di problemi di salute).

Pare che l’idea del Governo spagnolo (e dei governi europei che lo avevano preceduto) abbia avuto un discreto successo, anche se qualcuno paventa il pericolo che questi Paesi possano diventare la “porta d’Europa”: il permesso di soggiorno “svenduto” potrebbe diventare un lasciapassare generale che, una volta rilasciato, consentirebbe di circolare liberamente nell’Unione Europea e di agire economicamente con qualunque partner europeo. Resta il fatto che, nonostante la crisi che sta attraversando, la Spagna sembra essere diventata il quinto Paese più ambito al mondo in quanto a meta di immigrazione. (a sinistra, foto tratta da satyricon.altervista.org)

L’iniziativa della Spagna, e degli altri Paesi sopra indicati, attira, giorno dopo giorno, nuovi ammiratori. Anche negli Usa si sta pensando a qualcosa di simile, tanto che i senatori Charles Schumer (repubblicano) e Mike Lee (democratico) hanno lanciato un progetto di legge per prevede la concessione del visto che consente di lavorare negli Stati Uniti agli immigrati irregolari a patto che acquistino una casa del valore di almeno 500 mila dollari.

E cosa sta facendo, invece, il Governo Monti? Basandosi su teorie economiche ai più sconosciute (forse anche perché mai rese note) e su scelte spesso dubbie, il nostro Governo, invece di concedere agevolazioni volte a favorire la crescita dell’economia e poter tassare gli utili, sta facendo esattamente il contrario. Il Governo ha deciso di tassare con l’Imu anche i possessori di immobili che prima erano non soggetti a imposte (prime case), di aumentare (peraltro in modo forse illegittimo come dimostrano i ricorsi già presentati) le imposte sugli immobili e di ridurre, di conseguenza, le entrate derivanti dall’indotto che, infatti, sta vivendo un periodo di calo dei fatturati come mai in passato. Non solo, ma ha creato un tale bailamme normativo che, quasi ogni settimana, lo stesso il ministero e gli uffici competenti sono costretti a pubblicare norme, direttive, circolari e chiarimenti.

Anzi, non contento, il Governo Monti ha deciso di tassare gli immobili di chi risiede in Italia, ma ricadenti in altri Paesi (e in virtù di quale diritto?), inventandosi una nuova imposta: l’Ivie. Gabella tanto assurda che anche l’Unione Europea ha chiesto all’Agenzia delle Entrate ulteriori chiarimenti sulla tassa inventata dal Governo Monti che colpisce tutti coloro i quali, italiani o no, pur residenti nel nostro Paese, vantano diritti di qualsivoglia tipo (come l’usufrutto) su immobili siti all’estero.

Tutto ciò, oltre ad essere difficile (si pensi, ad esempio, a quei Paesi stranieri – come la Russia – in cui, a volte, non esistono atti d’acquisto oppure sono di difficile interpretazione o non riportano un valore di riferimento da tassare), sta creando, di fatto, problemi nei rapporti internazionali con gli Stati esteri dove i cittadini già pagano una tassa su quegli immobili e che potrebbero vedere come un’ingerenza eccessiva il fatto che l’Italia vada ad imporre un prelievo fiscale sul loro territorio.

Anche da un punto di vista “tecnico”, poi, la norma del Governo “tecnico” Monti desta perplessità, dal momento che è retroattiva, essendo stata varata solo a dicembre dello scorso anno, ma richiedendo che l’imposta venga pagata anche per tutto l’anno precedente. Casualmente, però, il Governo Monti ha dimenticato di includere nell’obbligo di tassazione le persone giuridiche: la nuova tassa deve essere pagata solo dalla persone fisiche e non dalle società che possiedono all’estero enormi capitali immobiliari.

Anzi, tanto per mostrare la propria volontà di rispettare la norma costituzionale che impone la parità di diritti e doveri per tutti i cittadini, il Governo Monti ha deciso di creare un benefit extracontrattuale per tutti i dipendenti pubblici che lavorano all’estero i quali potranno applicare, per il periodo in cui svolgono attività lavorativa all’estero, un’aliquota agevolata per il pagamento di tale imposta.

Tutto ciò quali conseguenze avrà sull’economia del nostro Paese? Il crollo del mercato immobiliare è già iniziato e, con esso, il calo dei fatturati di tutte le imprese che operano nell’indotto (edilizia, arredamenti, etc.). Al tempo stesso, sempre più persone cercheranno di trovare strade più o meno legali per investire i propri capitali all’estero in modo anonimo (magari come entità giuridiche che non pagano la nuova tassa introdotta dal Governo Monti).

E poi c’è chi sostiene che, grazie alle manovre del Governo Monti, la crisi finirà nel 2013. Siamo solo all’inizio…


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