È arrivato l'avviso di garanzia per il presidente di Confindustria Sicilia. «Daremo ogni contributo all'indagine», commentano i suoi legali che sui presunti personaggi mafiosi coinvolti dicono: «Montante ha contribuito a colpirli duramente ed è quindi possibile aspettarsi da loro ogni forma di reazione calunniosa»
Montante, perquisizioni a casa e negli uffici Indagato per concorso esterno alla mafia
Perquisizioni a casa e negli uffici di Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia. A disporle è stata la Procura di Caltanissetta che indaga sull’imprenditore ipotizzando nei suoi confronti il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. A Montante è stato notificato oggi un avviso di garanzia. «Un atto che fa chiarezza – commentano in una nota ufficiale i legali Nino Caleca e Marcello Montalbano -. Avendo finalmente letto il capo di incolpazione che sta alla base dell’indagine della Procura di Caltanissetta, il nostro assistito, con ancora più forza, ribadisce la più assoluta estraneità ad ogni ipotesi delittuosa».
Al presidente di Confindustria Sicilia vengono contestati i legami con Vincenzo Arnone, testimone di nozze di Montante, ma anche boss di Serradifalco, figlio di Paolino Arnone, storico padrino, morto suicida nel carcere di Caltanissetta nel 1992. Ad accendere per primi una luce su questo rapporto sono stati nell’aprile del 2014 I Siciliani giovani, pubblicando una foto che li ritrae uno accanto all’altro nella sede di Confindustria Caltanissetta, risalente a metà anni ’80. Epoca in cui Montante era già a capo dei giovani industriali locali. In più la testata pubblicava l’atto di matrimonio in cui compare la firma di Vincenzo Arnone. «Le indagini – scrivevano I Siciliani – partono dal 27 aprile 2010, quando in casa di Vincenzo Arnone, imprenditore di Serradifalco contiguo a Cosa Nostra, vengono ritrovate foto che lo ritraggono insieme ad Antonello Montante. Arnone è figlio del patriarca mafioso di Boccadifalco e già arrestato per associazione mafiosa il 27 marzo 2001». A parlare delle relazioni pericolose del presidente di Confindustria è stato anche il pentito Salvatore Di Francesco, mafioso di Serradifalco, paese d’origine di Montante. Di Francesco, ex dipendente dell’Asi, l’area di sviluppo industriale, si sarebbe occupato della gestione degli appalti per conto di Cosa Nostra.
«Daremo ogni contributo all’indagine – commentano i legali di Montante – ove si ipotizza, addirittura, un concorso esterno a favore di personaggi mafiosi che lo stesso Montante ha contribuito a colpire duramente sia sotto il profilo della libertà personale che dell’illecito arricchimento. Personaggi, quindi, dai quali è possibile aspettarsi ogni forma di reazione calunniosa». Caleca e Montalbano sottolineano quindi come sia «indicativa l’epoca dei fatti: a decorrere dal lontano 1990. È noto – scrivono – che da quasi vent’anni Montante ha dedicato, in costante rapporto con la magistratura e le istituzioni, la sua attività allo scopo di radicare, per la prima volta nella storia, nel mondo dell’imprenditoria i valori e la cultura della legalità e della fiducia nelle istituzioni. Il rating di legalità, fortemente voluto da Montante per premiare quegli imprenditori che sceglievano, superando ogni dubbio, di stare con decisione dalla parte dello Stato, è, da ultimo, la prova della linearità ed efficacia della sua azione».