Sono quasi seimila i ragazzi ospitati nell'Isola, al secondo posto la Calabria, che ne ospita poco più di mille. Una sproporzione che comporta un sistema d'accoglienza deficitario e spesso non specializzato, dove arriva a mancare anche il mediatore culturale. Al centro del problema il costo del mantenimento dei minorenni
Minori stranieri, il 38,4 per cento è ospitato in Sicilia L’esperto: «Manca collaborazione dalle altre Regioni»
Sono in tutto 5.579 i minori stranieri non accompagnati ospitati in strutture siciliane. Un dato pari al 38,4 per cento del totale nazionale, che fa dell’Isola la regione più accogliente in tema di giovanissimi. La seconda è la Calabria, con 1169 ragazzi, seguita dall’Emilia Romagna, con 1.045. Ultima la Val d’Aosta, con soli due minori accolti. Una sproporzione rispetto alle altre Regioni dettata dal fatto che «fino alla scorsa estate – racconta Fulvio Vassallo Paleologo, docente di Diritto d’asilo e statuto costituzionale dello straniero all’Università di Palermo – tutti i minori stranieri non accompagnati venivano registrati in Sicilia e affidati ai Comuni, con le problematiche di tipo economico che conosciamo bene. Da agosto 2016 – continua – non è più così e si adottano gli stessi criteri di ripartizione nazionale usati per i maggiorenni».
Il sistema, gestito così fino a pochi mesi fa, ha fatto sì che centri molto piccoli finissero con l’accogliere un numero eccessivo di minori, con casi in cui comunità di cinquemila abitanti che ospitano lo stesso numero di migranti di Comuni che invece hanno 50mila residenti. Con un impatto, ovviamente, molto differente. Il rischio è che in questo modo si pensi soltanto all’accoglienza, mentre l’obiettivo dovrebbe essere l’inclusione, perché questi ragazzi dovranno studiare, integrarsi, trovare un lavoro. Insomma, il sovraffollamento nelle piccole comunità potrebbe trasformare le strutture d’accoglienza in veri e propri ghetti, dove l’integrazione resta soltanto un miraggio.
Un quadro già sconfortante, quello che si evince dai numeri del dossier stilato (e costantemente aggiornato) dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema di accoglienza, che potrebbe essere legato all’interesse economico esistente dietro l’ospitalità dei minori non accompagnati. Se è vero, infatti, che le strutture percepiscono una retta di 76 euro al giorno per ciascun minore italiano allontanato dalla famiglia d’origine e soltanto 45 euro al giorno per ciascun minore straniero, è altrettanto vero che i ritardi accumulati dagli enti locali per le rette hanno reso invece “appetibili” le somme erogate dal ministero per gli stranieri. Ma naturalmente la significativa differenza di trattamento economico tra italiani e stranieri fa sì che, per rendere sostenibili le strutture, la seconda accoglienza (che dovrebbe riprodurre per il minore un ambiente familiare, con un massimo di dieci ospiti per struttura) si basa ormai su un numero medio di 15-16 persone per ciascuna casa-famiglia. Strutture che, tra l’altro, in molti casi non sono affatto specializzate, a partire dal fatto che una casa famiglia – tradizionalmente occupata da italiani – difficilmente ha tra le proprie risorse umane la figura del mediatore culturale.
Da dove partire per riorganizzare un sistema evidentemente deficitario? Intanto all’assessorato regionale alla Famiglia è stato attivato il Sim, il sistema informativo minori non accompagnati, uno strumento di censimento e monitoraggio della loro presenza sul territorio, realizzato dalla direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del ministero delle Politiche sociali. Ma la strada per un’equa redistribuzione a livello nazionale – e quindi una migliore offerta d’accoglienza – è ancora lunga. «Nonostante da agosto 2016 i criteri di ripartizione siano gli stessi usati per i maggiorenni – sottolinea ancora Vassallo Paleologo -, l’implementazione è molto lenta, perché molti Comuni non vogliono le strutture d’accoglienza per minori. Non c’è collaborazione da parte degli enti locali delle altre regioni. Naturalmente, per un problema di soldi: per i servizi che bisogna garantire, un minore costa al Comune il doppio rispetto a un migrante maggiorenne e questi costi non sono coperti dai contributi ministeriali». «Il risultato – conclude il docente – è che la percentuale di minori in Sicilia sta diminuendo, ma con una velocità che al momento non riesce a modificare in maniera sostanziale la sproporzione rispetto al resto d’Italia».