Da qualche giorno nel piccolo comune già sede del Cara, vive un gruppo di immigrati. Alcuni consiglieri di opposizione hanno denunciato la poca trasparenza dell'operazione. «Chi sono? Da dove vengono? E che ci fanno in paese?», hanno chiesto pubblicamente, avanzando ipotesi che il primo cittadino appena eletto, Anna Aloisi, definisce «false e allarmistiche». «Ho dato seguito a quanto annunciato in campagna elettorale: la nascita di una comunità Sprar», spiega il sindaco. Un modello d'integrazione opposto a quello dei mega centri e che ha il sostegno delle associazioni del settore
Mineo, gruppo di migranti alloggia in paese Il sindaco: «Progetto Sprar, diverso dal Cara»
A vedere gli immigrati in giro per le strade del paese, gli abitanti di Mineo sono ormai abituati da anni, per la presenza del vicino Centro per i richiedenti asilo. Ma che un gruppo di stranieri alloggi in centro sembra proprio non andare giù al gruppo consiliare di opposizione Mineo prima di tutto. «Chi sono? Da dove vengono? E che ci fanno in paese?». Sono le domande che avanzano pubblicamente i consiglieri. «Il Cara ha deciso di dirottare parte dei nuovi arrivati in un altro luogo?», chiedono. E ancora: «E’ possibile escludere ufficialmente e oltre ogni ragionevole dubbio che i profughi destinati a risiedere nell’area abitata, non siano ignoti appena entrati in territorio italiano?». Interrogativi che il neosindaco di Mineo, Anna Aloisi, bolla come «falsi e allarmistici, frutto di un’opposizione che si crede ancora in campagna elettorale e che porta avanti un’opera di disinformazione».
I nuovi arrivati nel piccolo Comune del Catanese, infatti, fanno parte di una comunità Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), un sistema di accoglienza diverso dai grandi Cara, con numeri molto più ridotti: al massimo 16 ospiti. Un modello di integrazione che in altre parti d’Italia, come Riace in Calabria, ha funzionato e che, da tempo, viene proposto come alternativa al Cara dalle associazioni che si occupano di tutela degli immigrati. In passato anche il sindaco di Palagonia, Valerio Marletta, aveva sottolineato la validità del progetto. «Vi alloggeranno soprattutto donne e bambini – spiega Aloisi – attualmente ci sono sette uomini, ma è una situazione provvisoria, venutasi a creare probabilmente a seguito della visita del papa a Lampedusa».
Nessun allarmismo dunque, anche se la piccola comunità non nasce in sostituzione del Cara, ma parallelamente. «Si tratta dell’estensione dello Sprar che già esiste a Vizzini – precisa il sindaco – non è autonomo, quindi non serve seguire lo stesso iter autorizzativo che è necessario quando si apre una struttura nuova. L’avevo chiaramente annunciato nella mia campagna elettorale e i cittadini mi hanno votato, l’allarmismo dell’opposizione non aiuta il paese». Aloisi sottolinea che «tutto è avvenuto nel rispetto delle procedure dettate dal Servizio centrale che gestisce il servizio per conto dellAnci (l’Associazione Nazionale Comuni Italiani ndr), su apposita delega del ministero dellInterno» e annuncia che nei prossimi giorni ci sarà un incontro informativo per spiegare meglio caratteristiche e finalità del progetto.
Mineo convive ormai da due anni con la presenza del Cara, che oggi supera i 3mila ospiti, mentre la struttura potrebbe ospitarne al massimo 2mila. «L’integrazione dei migranti, fino a prima della campagna elettorale, era ad un buon livello – analizza il primo cittadino – i bambini frequentano con successo le nostre scuole e allo stesso tempo una sessantina di cittadini di Mineo lavora nel Centro. C’è allarme per alcuni furti, soprattutto nelle campagne, ma si verificavano anche prima dell’apertura del Cara e, in ogni caso, aumenteremo i controlli. Ma – conclude – bisogna finirla con gli allarmismi che distruggono la cultura dell’accoglienza maturata in questi anni».