L'artista di origini bolzanine, celebre per le sue figure femminili, è stato ospite del festival dedicato al mondo dei fumetti Etna comics. Nella sua intervista a CTzen racconta com'è nato il suo alter ego di carta e inchiostro, la censura in Sudafrica e spiega il rapporto che lo ha legato agli scrittori della Marvel
Milo Manara e la sensualità del tratto Da Giuseppe Bergman alle X-girl
La sensualità del tratto. Il workshop tenuto da Milo Manara durante la tre giorni del festival Etna Comics non poteva avere un titolo diverso. L’artista di origini bolzanine è diventato celebre per le sue donne, figure estremamente affascinanti. Nella sua carriera ha collaborato con moltissimi artisti, giungendo a quella che in molti considerano la vetta per un disegnatore, la statunitense Marvel Comics. Ma il primo personaggio ad avere successo è l’alter ego su carta Giuseppe Bergman, figura che lo ha portato a una vera e propria svolta.
Il fumetto è di sicuro un viaggio che coinvolge i nostri sensi e il nostro io onirico. Viene spontaneo, quando si parla di viaggio nel mondo «dell’arte sequenziale» come la definiva Will Eisner, pensare a Giuseppe Bergman, il suo avatar fumettistico. Bellissime le storie che lo riguardano, in particolare quelle africane Un autore in cerca di sei personaggi e Dies irae, acclamate da pubblico e critica. Di quale esperienza voleva far godere i lettori con queste opere?
«Sono storie a vari livelli. Sostanzialmente il mio maestro Hugo Pratt mi costrinse a scrivere da me le mie sceneggiature; la prima difficoltà che avevo incontrato e su cui riflettevo era che mentre Corto Maltese era ambientato in un’epoca a cavallo tra passato e futuro dove esistevano ancora le imbarcazioni a vela ma stavano per essere sostituite da quelle a motore, quindi il mondo stava cambiando e stava diventando industriale ma c’erano ancora gli spazi per una vita di avventura».
E nel mondo moderno?
«Mi chiedevo fino a che punto questo mondo permettesse una vita di avventura romantica come quella di Corto Maltese. Quindi se pensiamo ai grandi scenari di avventure classiche come il deserto con i Tuareg con le immense carovane, il deserto è uno dei grandi luoghi dell’avventura come può esserlo la foresta. Quando però questo mondo stava per essere travolto dalla Parigi-Dakar, si accorge che questi spazi sono contaminati e inquinati da una civiltà che non ha più nulla a che vedere con l’avventura romantica dell’autodeterminazione dell’uomo padrone del proprio destino. Era facilissimo che il dottor Livingstone andasse a cercare le sorgenti del Nilo, però non era per niente naturale che un africano venga in Europa. Il mondo è cambiato. O meglio, il mondo è sempre lo stesso è l’umanità ad essere cambiata, in modo tale da non permettere più l’esistenza di una figura romantica come quella di Corto Maltese. Questo in sostanza è Giuseppe Bergman: lo scontro tra un desiderio di vivere un’avventura di tipo romantico e una civiltà che non lo permette più, uno scontro in cui c’è anche la politica di mezzo».
In che senso?
«Curiosamente i miei libri vennero proibiti in Sudafrica nel periodo del regime dell’apartheid, prima di Mandela e questo è uno dei motivi per cui ho una particolare gratitudine nei suoi confronti. Ho ricevuto un giornale di Città del Capo, che ho incorniciato ed è nel mio studio, in cui c’era una pagina dedicata ai libri proibiti. Si chiamava Il termometro dell’apartheid, c’era una lista di autori con i rispettivi titoli, e i miei libri su Giuseppe Bergman erano presenti».
Come ha reagito?
«A parte lo stupore per l’essere noto anche in Sudafrica, la lista degli autori era in ordine alfabetico quindi dopo di me c’era Herbert Marcuse, compagnie molto aristocratiche, sintomatico di come fosse il messaggio sociale di Giuseppe Bergman più che quello erotico a renderla una lettura scomoda. Il mio tentativo di raccontare tramite Giuseppe Bergman era di raccontare questo tipo di difficoltà. Naturalmente l’onirico è una supplenza alla mancanza di possibilità fisiche».
Tante le sue collaborazioni: Fellini, Jodorowsky, Biagi, Almodovar e Hugo Pratt, suo mentore. Negli ultimi anni però si è trovato a lavorare con grandi scrittori d’oltreoceano quali Neil Gaiman (Sandman, American gods) e Chris Claremont (storico sceneggiatore di Xmen). Nel suo workshop accennava a come un differente background possa incidere pesantemente sulla visione di un personaggio. In molti pensano che le sue Tempesta e Psylocke siano le migliori versioni di questi due personaggi mai realizzati. Quali difficoltà ha incontrato nel realizzare storie riguardanti questi personaggi dalla visione così distante dalla sua?
«Premetto subito che sia Gaiman che Claremont mi hanno cucito delle storie addosso. In realtà si tratta sempre di personaggi femminili, anche nel caso di Gaiman abbiamo Sandman, questo personaggio asessuato che vive oltre la materiale definizione di sesso. Nonostante tutto nella storia realizzata con lui ha utilizzato un occhio di riguardo nei miei confronti dando una sessualità alla protagonista. Claremont addirittura scrive una storia dove sono presenti solo le X-girl facendo perdere loro i poteri alla seconda pagina. Sono onorato del complimento riguardante Tempesta e Psylocke, in particolar modo per quest’ultima mi hanno detto di essere felici perché sono riuscito a disegnarla all’orientale. Le difficoltà però nascono anche dalle differenze nell’utilizzo del materiale e nella gestione del lavoro; difficoltà però che ormai sono parte importante del mio bagaglio di esperienze, per loro faccio solo le copertine, realizzare intere storie mi porta via troppo tempo che preferisco impiegare in altri modi».
Etna comics giunge alla quarta edizione, un successo che aumenta anno dopo anno, Napoli comicon quest’anno si è inserita al secondo posto nella classifica delle fiere del fumetto d’Italia, cosa può voler dire questo per il Sud Italia e in particolare per il territorio siciliano?
«Per me rappresenta una grande sorpresa e una fortuna al tempo stesso. Non sono tante le città che possono vantare una simile struttura, uno spazio così bello per una fiera del fumetto. L’organizzazione è impeccabile, un disegnatore si sente protetto e non è in balia degli eventi. Apparentemente fare queste dediche non sembra molto faticoso. Se si considera che in pochi secondi io mi gioco una carriera di 40 anni, perché se sbaglio il disegno oltre a rovinare il libro suscito delle delusioni, il rischio è davvero dietro l’angolo; necessito di una concentrazione che questo pubblico e un’organizzazione meticolosa mi hanno permesso. Un’organizzazione molto simile nelle dovute proporzioni a quella di San Diego».
Maestro, ha dei progetti nel prossimo futuro o scadenze preesistenti che la vincolano alla matita o intenzione di godere della bellezza di Catania per qualche giorno?
«Devo rimandare a novembre purtroppo, devo fare un pellegrinaggio caravaggesco. Sto realizzando una storia sul Caravaggio che mi porterà a Palermo, Siracusa e Messina. A novembre, appunto, tornerò per partire poi per Malta dove c’è un festival di cui sono ospite e che rappresenterà la conclusione appunto di questo mio girovagare».