È stato siglato oggi in Prefettura, alla presenza del ministro dell'Interno Angelino Alfano, un protocollo per affrontare l'emergenza dei giovani stranieri non accompagnati nell'Isola. «Un protocollo che pone doveri aggiuntivi a quelli previsti e mette in campo una parola chiave: 'insieme'»
Migranti minori soli, Alfano: «Da Palermo esempio unico» Presidente del Tribunale: «Siamo pochi, cifre allarmanti»
Un esempio «unico» nel panorama italiano per affrontare una volta per tutte il problema dei minori stranieri non accompagnati al di fuori, per la prima volta, da un’ottica emergenziale. Queste le parole del ministro dell’Interno Angelino Alfano che oggi ha preso parte alla firma del Protocollo, siglato stamane in Prefettura, a Palermo, finalizzato alla promozione e alla tutela sostanziale di questi soggetti fin dal momento in cui approdano sul territorio italiano. Tre i punti cardine del documento la predisposizione di progetti individuali di accompagnamento, l’istituzione di un elenco di tutori volontari e la risoluzione di criticità legate all’identificazione ed accertamento dell’età dei giovani migranti.
Un accordo della durata di due anni con il coinvolgimento di numerosi soggetti istituzionali – tra questi Comune di Palermo, Tribunale Civile e dei Minorenni, Procura, Questura, Asp, Università ufficio Scolastico regionale e il Garante per l’Infanzia e l’adolescenza del Comune – e che fissa una serie di paletti e azioni per il raggiungimento degli obiettivi messi nero su bianco dal patto, primo esempio nel Paese. «L’incontro di stamattina è un unicum in Italia e pensiamo di aver piantato il seme giusto per affrontare il problema dei minori stranieri non accompagnati – ha detto Alfano -. Un protocollo che serve a porre doveri aggiuntivi a quelli previsti dalla legge e mette in campo una parola chiave, ‘insieme’: ciascuno sa esattamente cosa deve fare, e questo protocollo dice come lo si può fare in modo corale, da farlo con più efficienza, e maggiore attenzione per il minore non accompagnato».
Prevista, quindi, una collaborazione interistituzionale tra professionisti (psicologici, medici, assistenti sociali, mediatori, educatori) per la redazione di programmi specifici dedicati ai minori, per facilitare l’accesso ai servizi socio-sanitari, per promuovere e incentivare l’affido familiare e la creazione di incontri formativi di aggiornamento dedicato agli operatori del settore. Altro punto fondamentale, l’istituzione di un avviso pubblico per l’istituzione di un elenco di tutori volontari, la formazione e aggiornamento continuo per questi soggetti, l’identificazione di una sede e il reperimento delle risorse per l’eventuale rimborso spese. «Vogliamo che i minori non accompagnati non rimangano solo un numero, ma che ognuno di loro riceva un preciso riconoscimento istituzionale – ha detto il sidaco di Palermo Leoluca Orlando -. Credo che questo sia il primo caso in Italia in cui si affronta in maniera non emergenziale il tema dell’accoglienza dei migranti. Un segnale doppiamente positivo rispetto a chi oggi si attarda a costruire muri». Elemento di raccordo, ultimo tassello del patto, che prevede l’istituzione di un tavolo tecnico di vigilanza e coordinamento composto da un rappresentante nominato da ciascun soggetto firmatario dell’accordo, che si riunirà non meno di una volta ogni due mesi per verificare l’attuazione del protocollo, progettare azioni per il raggiungimento degli obiettivi individuati nel documento.
E sempre in tema di minori, a lanciare l’allarme sui numeri del fenomeno «in crescita», è il presidente del Tribunale di Palermo, Salvatore Di Vitale: «Mi preoccupano i numeri del fenomeno, caratterizzato da un trend in crescita. Farò ogni sforzo per destinare appena potrò un altro magistrato all’ufficio del giudice tutelare, dove ce n’è solo uno. Sono numeri allarmanti, noi magistrati ce la mettiamo tutta, ma occorre avere le forze. Finche’ potremo, andremo avanti, ma dobbiamo attrezzarci per un futuro che sarà sempre più duro».
Ma oggi è stata anche l’occasione per la firma di un altro documento, questa volta in tema di infrastrutture e legalità. Sempre davanti al ministro Alfano, il presidente di Anas Gianni Vittorio Armani ha firmato con i nove prefetti siciliani un protocollo di legalità finalizzato alla prevenzione dei tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata nel settore dei contratti pubblici e alla prevenzione delle interferenze illecite nei cantieri stradali dell’isola. «Le clausole – ha commentato Armani – verranno applicate a tutti i lavori il cui importo superi i 250 mila euro e prevedono un rigoroso screening, curato dalle forze dell’ordine componenti i gruppi interforze, di tutte le imprese coinvolte, sia in qualità di appaltatori, che di subappaltatori o subcontraenti».
Il controllo coordinato dei cantieri e dei subcantieri verrà attuato attraverso la comunicazione alla prefettura territorialmente competente del settimanale di cantiere predisposto da Anas. Sono inoltre previste più severe forme di controllo della qualità del calcestruzzo. Il documento recepisce le misure, contenute nell’accordo tra il ministero dell’Interno e l’Autorità nazionale anticorruzione, finalizzate al contrasto del fenomeno della corruzione. Tali misure includono l’inserimento in tutti i bandi di gara di clausole recanti una serie di indicazioni per lo sviluppo di una coordinata azione di prevenzione dei fenomeni corruttivi e prevedono che l’appaltatore sia obbligato a dare tempestiva comunicazione alla prefettura e all’autorita’ giudiziaria di eventuali tentativi di concussione. La stazione appaltante, ovvero l’Anas, è impegnata ad avvalersi della clausola risolutiva ogni qualvolta sia stata disposta, nei confronti dell’imprenditore, una misura cautelare per reati di corruzione, peculato, turbata libertà degli incanti o turbata liberta’ di scelta del procedimento del contraente.
«Il protocollo serve a stringere ancora di più le maglie anti infiltrazione e a farlo oltre i doveri di legge – ha aggiunto Alfano – . C è un’immoralità del non fare, cioè quando si temono infiltrazioni e non si fanno gli appalti e questo rappresenta una perdita di chance per i territori, è troppo facile non rubare se non si fanno gare. ma c’è anche una moralità del fare, cioè sfidare le organizzazioni criminali e non farle infiltrare malgrado i continui tentativi. La mafia non è morta, ma è in ginocchio perché la Sicilia sta cambiando ed è questo il momento giusto per colmare il divario infrastrutturale, investendo di più. Non esiste un territorio che abbia un deficit infrastrutturale che abbia una crescita economica. Oggi il Sud può diventare la piattaforma del rilancio delle opere pubbliche – ha concluso -, e questo rappresenta un favore non solo per il Meridione ma per tutto il Paese».