I testimoni hanno riconosciuto l'uomo a Lampedusa. Sulla base delle dichiarazioni di cinque persone, è stato arrestato un 20enne ghanese. «Spesso collegava elettrodi alla mia lingua per farmi scaricare addosso la corrente elettrica», ha raccontato uno di loro. Dirigente Mobile: «Esempio per gli agrigentini, restii a collaborare»
Migranti denunciano e fanno arrestare torturatore Capo polizia: «Ci hanno dato lezione di non omertà»
«Cinque migranti ci hanno dato una lezione di non omertà. Una lezione che deve essere d’esempio per gli agrigentini, molto spesso restii a collaborare». Il capo della squadra mobile di Agrigento, Giovanni Minardi, ci tiene a sottolineare il coraggio dei testimoni, che ha permesso di arrestare un presunto trafficante, il 20enne ghanese Eric Ackom Sam. Secondo quanto raccontato da chi è arrivato a Lampedusa, l’uomo avrebbe tenuto prigioniere 800 persone, torturandole, anche con la corrente elettrice, in diretta telefonica con i parenti.
Quando Ackom Sam è arrivato nell’isola, un gruppo di migranti lo ha riconosciuto e ha provato a linciarlo. L’uomo è stato salvato dalla polizia, ma per lui si sono aperte le porte del carcere. «Ogni volta che dovevo telefonare a casa – ha raccontato un testimone – mi legava e mi faceva sdraiare per terra con i piedi in sospensione e, così immobilizzato, mi colpiva ripetutamente e violentemente con un tubo di gomma in tutte le parti del corpo e in special modo nelle piante dei piedi, tanto da rendermi quasi impossibile camminare». E ancora: «Spesso collegava degli elettrodi alla mia lingua per farmi scaricare addosso la corrente elettrica. Porto ancora addosso i segni delle violenze fisiche subite, in particolare delle ustioni dovute a dell’acqua bollente che mi veniva versata addosso».
I migranti, in Libia, sarebbero stati tenuti rinchiusi in quattro container: tre per uomini ed uno per donne e bambini. Quella per i profughi avrebbe dovuto essere una «tappa intermedia» prima del viaggio della speranza verso le coste italiane. In realtà i migranti venivano sequestrati. E così sarebbero rimasti fino a quando non pagavano – visto che il costo del viaggio lo avevano già onorato – il prezzo per la loro liberazione: dai 200 ai 300mila franchi.
Per convincere i parenti a versare il denaro, venivano torturati facendo ascoltare ai familiari, per telefono, le loro urla di dolore. «I parenti avrebbero dovuto pagare per porre fine alle sofferenze dei propri cari. Le modalità delle torture erano svariate, terribili», spiega Minardi. Le ricostruzioni fornite, e verbalizzate, dai profughi hanno consentito ai pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Calogero Ferrara e Giorgia Spiri, di firmare un provvedimento di fermo a carico del ventenne ghanese, accusato di associazione per delinquere finalizzata alla tratta, al sequestro di persona, alla violenza sessuale, all’omicidio aggravato e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Fermo di indiziato di delitto che è stato convalidato dal Gip del tribunale di Agrigento Francesco Provenzano che ha disposto la custodia cautelare in carcere.