Proseguiranno senza i sigilli dell'autorità giudiziaria i lavori sulle due tratte. La Procura aveva chiesto il sequestro per per motivi legati «alla tutela dell'incolumità pubblica e di quella degli operai che vi lavorano». Sentito in aula l'ex commissario Spampinato: «Nel 2008 restai impressionato dopo il crollo»
Metropolitana di Catania, no al sequestro dei cantieri «La consulenza tecnica risale al 2009, ormai è superata»
Niente sigilli ai due cantieri della metropolitana di Catania. Ignazia Barbarino, presidente della seconda sezione penale del Tribunale di Catania (a latere Roberto Camilleri e Giuseppina Montuori) ha sciolto la riserva sulla richiesta di sequestro avanzata dalla Procura di Catania. La posa in opera dei binari e la messa in funzione della rete viaria sotterranea da parte di Tecnis spa proseguirà quindi senza intoppi, almeno per il momento, da parte dell’autorità giudiziaria. L’appalto milionario vinto dal consorzio d’imprese Uniter venne revocato per problemi economici all’azienda esecutrice, la Si.Gen.Co spa dell’amministratore delegato Santo Campione, poi finito sul banco degli imputati insieme ad altre nove persone. A subentrare per il proseguimento dei lavori, su affidamento del commissario liquidatore di Uniter, è stata la Tecnis dell’imprenditore Mimmo Costanzo. Società quest’ultima, che insieme alla Pavesi, faceva originariamente parte del consorzio stabile d’imprese.
«La consulenza tecnica – recita l’ordinanza letta in aula – risale al 2009 ed è superata dal proseguimento dei lavori. Ci sarebbe bisogno di un nuovo approfondimento. Il sequestro causerebbe inoltre un appesantimento dell’attività istruttoria di questo processo in cui già diversi reati sono prescritti». Le due tratte interessate dalla vicenda sono quella lunga oltre tre chilometri di Borgo-Nesima e quella che da piazza Giovanni XXIII (quindi dalla stazione ferroviaria) dovrebbe collegare la centralissima piazza Stesicoro.
Secondo l’accusa, nei cantieri della Si.Gen.Co spa, sarebbe stato utilizzato cemento di bassa qualità. Nel mirino degli investigatori anche i lavori di impermeabilità dei tunnel sotterranei e la collocazione, in maniera difforme rispetto al progetto, dell’attrezzatura utilizzata per il getto in opera delle campate. Una vicenda in cui, stando alle dichiarazioni dell’ex commissario di Ferrovia Circumetnea, Mario Spampinato si sarebbero intrecciati giochi politici e lotte di potere intestine all’azienda di trasporto pubblico diretta dal ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. «Al mio insediamento nel novembre 2006 – spiega in aula, sentito come testimone dell’accusa – c’era un clima di cordialità, ma presto le cose si deteriorarono».
Conflitti che ebbero come principale antagonista Sergio Festa. Direttore generale di Fce etichettato come «di altro schieramento politico». Il culmine della vicenda si ebbe con il crollo del giugno 2008 di un tratto della circonvallazione di Catania, proprio per i lavori della metropolitana. «Andando a verificare di persona, restai impressionato dal fatto che gli archi in ferro che servono a proteggere la struttura delle gallerie erano posti a distanza di un metro e sessanta centimetri gli uni dagli altri mentre in realtà dovevano stare a un metro». Una difformità che, secondo l’avvocato Tommaso Tamburino, non sarebbe così marcata, rispetto a quanto previsto nella discrezionalità dell’appaltatore. Le varianti progettuali infatti avrebbero consentito una distanza massima di un metro e cinquanta.
Spampinato, a distanza di due mesi, venne sostituito con la nomina dell’avvocato Gaetano Tafuri, fedelissimo di Raffaele Lombardo. «Dopo la mia richiesta – prosegue Spampinato – di spiegazioni immediate su quel crollo si accelerò l’attività politica del centrodestra per la mia rimozione». Già nel 2007 una serie d’interrogazioni parlamentari avevano interessato la posizione dell’allora commissario «per contestare il mio lavoro ci fu l’interpellanza del senatore Santo Liotta ma anche quella di Ilario Floresta e di Pino Firrarello».
La richiesta di sequestro cautelare del sostituto procuratore Antonino Fanara era arrivata durante la scorsa udienza. Per il magistrato da tutelare c’erano «l’incolumità pubblica e quella delle persone che lavorano nei cantieri». Una prospettiva inquietante, basata su una perizia tecnica, a cui si era aggiunta anche l’eventualità di un terremoto; «potrebbe crollare tutto, uno dei due tratti sarebbe ormai concluso e si rischia di buttare via altri soldi. Lavorare dentro queste gallerie – aveva concluso Fanara – potrebbe essere un fattore di pericolo». Di rassicurazioni ricevute «sulla tenuta dei cantieri» aveva invece parlato il sindaco Enzo Bianco, riferendosi a un confronto con l’attuale commissario della Fce Virginio Di Gianbattista; «Avevamo avviato – ha affermato il primo cittadino – un monitoraggio costante dell’andamento dell’opera per far sì che potesse procedere con la massima velocità possibile».