L'operazione della Finanza ha smantellato la rete di affari del clan Mangialupi, che sarebbe guidato da Domenico La Valle. In sei mesi il gruppo avrebbe intascato quasi due milioni di euro. Numerosi episodi di violenza come il pestaggio di un ragazzo extracomunitario. Sequestrati beni per 10 milioni, tra cui villa con piscina e attico
Messina, operazione contro la mafia imprenditrice Mani su videoslot e scommesse, la base in un bar
Il business dei videoslot e delle scommesse in mano alla criminalità organizzata. L’operazione antimafia Domiinio – condotta dalla Guardia di finanza e coordinata dalla Dda – ha portato alla luce gli investimenti imprenditoriali di Cosa Nostra a Messina. A reggere le fila dell’organizzazione sarebbe Domenico La Valle – titolare di un’attività commerciale nel quartiere Gazzi, a ridosso dello stadio di calcio G.Celeste – che è stato coinvolto sin dagli anni ’80 in alcuni procedimenti penali che lo indicavano come imprenditore strettamente collegato ad esponenti della nota cosca Trovato-clan Mangialupi, anche se l’uomo a suo tempo non è stato condannato per le ipotesi contestate.
Secondo quanto emerso dalle indagini, La Valle, grazie alla collaborazione di uomini di fiducia, avrebbe acquisito sul mercato di Messina e provincia una posizione di rilievo, al punto che gli incassi dell’organizzazione sarebbero arrivati a 1 milione 800mila euro in sei mesi, attraverso l’attività di noleggio di una parte degli apparecchi illegali. Le Fiamme Gialle hanno sequestrato 159 macchinette e 369 schede elettroniche, la metà delle quali, a seguito di perizie effettuate da consulente della Procura, sono risultate alterate per ridurre le probabilità di vincita. «Con questa operazione riusciamo a inquadrare il ruolo di La Valle, che è il braccio imprenditoriale del gruppo», commenta il procuratore Vincenzo Barbaro.
La Valle, avvalendosi del supporto di uomini fidati come Paolo De Domenico e Francesco Laganà, avrebbe gestito numerose attività economiche: diverse società di noleggio di apparecchi da gioco e scommesse, una sala giochi, un distributore di carburanti, una rivendita di generi di monopolio, oltre a numerosi immobili, tutti formalmente intestati a familiari (in primis alla moglie Grazia Megna) e a terze persone compiacenti, tra cui Antonino Scimone, Giancarlo Mercieca e Francesco Benanti, per evitare il rischio di essere colpito da provvedimenti giudiziari di sequestro e confisca.
In particolare l’ufficio all’interno del distributore di carburante nel quartiere Gazzi, vicino al bar di proprietà, avrebbe costituito una vera e propria cassa continua dell’organizzazione. Qui, in una botola, la Finanza ha trovato oltre 140mila euro in contanti. A dimostrazione della grande disponibilità di liquidi, gli investigatori citano un caso in cui uno dei sodali dell’organizzazione avrebbe chiesto diecimila euro, consegnati all’uomo nel giro di qualche minuto dopo il via libera del capo.
Le Fiamme gialle hanno ricostruito anche alcuni episodi particolarmente violenti, come il pestaggio a danno di un cittadino extracomunitario, colpevole, per l’organizzazione criminale, di aver ottenuto una vincita troppo importante ai videoslot, facendo perdere guadagni al gruppo. Per questo sarebbe stato picchiato selvaggiamente. Il potere di La Valle e dei suoi uomini sarebbe stato riconosciuto anche all’esterno del clan, da cittadini comuni. Un uomo, ad esempio, si sarebbe rivolto a lui per recuperare il cane di caccia che gli era stato rubato e che gli è stato restituito con tanto di scuse, dopo la mediazione dello stesso La Valle.
La base operativa dell’organizzazione sarebbe stata costituita da un bar di proprietà, luogo ritenuto sicuro per lo svolgimento di affari illeciti, riunioni e rapporti riservati tra La Valle e soggetti pregiudicati per reati associativi di stampo mafioso e per stupefacenti (quali i fratelli Alfredo e Salvatore Trovato e Giovanni Aspri, fratello di Benedetto, già detenuto), tutti soggetti, sottolineano gli investigatori, «posti al vertice o comunque riconducibili storicamente al gruppo mafioso operante nel quartiere Mangialupi».
L’indagine ha portato a sequestrare tre società operanti nel settore del noleggio di centinaia di apparecchiature da gioco e scommesse; 18 immobili, tra cui una lussuosa villa con piscina nella zona tirrenica e un prestigioso appartamento con attico a Messina; una rivendita di generi di monopolio e un’imbarcazione tipo gommone, per un valore complessivo di dieci milioni di euro.
Con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso sono stati arrestati dunque La Valle, De Domenico, L. (cognome aggiornato con la sola iniziale perché successivamente assolto, ndr), Scimone, Alfredo e Salvatore Trovato, e Megna, tutti accusati di appartenere al clan Mangialupi, operante nella zona sud di Messina. Oltre a loro sono stati arrestati anche Alberto Alleruzzo, Francesco Alleruzzo, Angelo Aspri, Giovanni Aspri, Carmelo Bombaci, Nunzio Corridore, Santo Corridore, Francesco Crupi, Domenico Galtieri, Giuseppe Giunta, Daniele Mazza, Francesco Russo, Gaetano Russo e Mario Schepisi. Le misure cautelare – 21 in carcere e tre provvedimenti di obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria – sono state emesse Gip del Tribunale di Messina, Monia De Francesco, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia di Messina. Le indagini sono state svolte, nell’arco di due anni, dal Gico del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza.