Messa in sicurezza del cantiere Fce in via Plebiscito C’è il via libera. Resta il nodo sul futuro dei residenti

Un’odissea continua, dove il capitolo finale tarda a vedersi. È questa la situazione per le 50 persone che abitavano il palazzo di via Castromarino, che lo scorso 20 gennaio è crollato lasciando circa 16 famiglie, costrette a evacuare gli appartamenti, senza un tetto. In quell’area sorge il cantiere della metropolitana per il primo lotto della tratta Stesicoro-Aeroporto. Dal giorno del crollo, su cui è stato aperto un fascicolo da parte della procura, le opere da parte di Ferrovia Circumetnea si sono arrestate. Qualcosa però potrebbe cambiare. Con una determina dirigenziale gli uffici comunali hanno autorizzato gli interventi di messa in sicurezza che serviranno a far riprendere i lavori per la metropolitana. Le iniziative riguarderanno il ripristino dei muri crollati dell’edificio di via Castromarino all’angolo di via Plebiscito e via Lago di Nicito, «mantenendo le loro caratteristiche meccaniche originarie, con la ricostruzione dei muri danneggiati e degli impalcati coinvolti dal collasso», come riporta il documento del Comune. «Questi interventi sono necessari per riprendere gli scavi – dichiara Salvatore Fiore di Fce a MeridioNews – Stiamo valutando, in collaborazione col Comune, come agire. Senza queste misure, il cantiere non può ripartire».

E se da un lato fa il necessario per sbloccare il futuro della prossima tratta della metropolitana, dal Comune considerata un’opera pubblica «strategica» e un «obiettivo prioritario e imprescindibile del pubblico interesse» – come riportato dalla determina – dall’altro lato gli inquilini aspettano ancora di tornare ad abitare quegli appartamenti. «Noi vorremmo sapere: o ci date i soldi o ricostruite il palazzo», afferma Oriana Pappalardo. Lei, da quando si è ritrovata senza casa, si è fatta portavoce dei bisogni degli altri residenti rimasti senza un tetto dopo quel disgraziato evento. «A febbraio abbiamo ricevuto i tremila euro di sostegno – continua Pappalardo – Che ci sono serviti per pagare gli affitti. Da questo mese per alcuni è partito lo sblocco dei mutui che stavano pagando per quelle case: quindi c’è chi si ritrova senza casa e, inoltre, con una somma da pagare necessariamente per non incorrere in altre conseguenze: queste persone abitano da parenti o amici, perché non possono sostenere altre spese». Oltre ad andare incontro a futuri debiti, pagare il mutuo per quei residenti è necessario per mantenere i diritti sull’immobile: «se ci dovesse essere un risarcimento o la possibilità di una nuova abitazione non ne avrebbero diritto – sottolinea la donna – Intanto le istituzioni continuano a ragionare come se in quei palazzi non ci abitasse nessuno: si parla solo della grande opera pubblica della metropolitana, ma al nostro destino e alle cose che abbiamo lasciato in quelle case nessuno ci pensa». 

È passato quasi un anno e mezzo da quando è stato dato l’ordine di sfratto agli inquilini di via Castromarino. Da allora hanno dovuto lasciare i loro beni in quelle abitazioni, che sono state anche prese di mira con atti di sciacallaggio in una zona di via Plebiscito che fino a poco tempo fa la sera era immersa nel buio pesto. «A nostre spese abbiamo dovuto fare blindare il palazzo per evitare che si verifichino dei furti, in più siamo stati noi a fare mettere un faro per fare in modo che la zona fosse illuminata – fa notare Pappalardo – Adesso chiediamo un incontro con il Comune e con Fce: perché se vogliono iniziare il cantiere devono passare dalle nostre case».

Sulla questione si esprime anche Dario Gulisano, responsabile delle Politiche abitative di Cgil. «Speravamo che in tempi celeri si arrivasse a un accordo tra Fce e famiglie per garantire giustizia a delle persone che in una notte hanno perso tutto – commenta Gulisano  – Chiederemo subito un nuovo incontro con l’assessore ai servizi sociali Giuseppe Lombardo, oggi molte famiglie stanno tornando a pagare il mutuo per le loro case distrutte o ammalorate e i 3000 euro di bonus una tantum erogato qualche mese fa, oggi sembrano una goccia nell’oceano al cospetto delle difficoltà che stanno attraversando».


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