L'uomo in carcere, che da sempre sostiene di essere un rifugiato eritreo oggetto di uno scambio di persona, sarà ancora tra gli imputati di fronte alla stessa corte che tuttavia ha ceduto il primo procedimento, in cui è imputato per un reato analogo, a un altro collegio per un problema di competenze
Mered, inchiesta romana si sposta a Palermo Ci sarà giudizio immediato per altro processo
Passa da Roma a Palermo l’altro procedimento a carico di Medhanie Yehdego Mered, il presunto boss della tratta di esseri umani. L’accusa è quella di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma questa volta il gip del capoluogo siciliano ha accolto la richiesta di giudizio immediato avanzata dal pm che segue il caso, Gery Ferrara.
La novità, tuttavia, non dissipa le ombre sul caso, che anzi si infittisce. Non solo infatti l’imputato sarà ancora il giovane eritreo arrestato in Sudan e poi estradato che da sempre sostiene di essere Medhanie Tesfamariam Behre, un rifugiato di dieci anni più giovane del trafficante ricercato dalle autorità internazionali, ma il giudizio immediato dovrebbe essere emesso dalla quarta sezione penale del tribunale di Palermo, la stessa che lo scorso undici luglio, nell’altro processo contro Mered, ha dichiarato di non essere competente in materia, indicando la Corte d’Assise come giudice naturale per i reati connessi alla tratta di esseri umani e il favoreggiamento dell’immigrazione.
Nell’inchiesta romana, per altro, i giudici si sono avvalsi della testimonianza di un uomo africano che ha dichiarato di essere stato comprato da Mered durante il suo tentativo di attraversare il deserto per raggiungere le coste libiche, ma che ha riconosciuto il boss della tratta che avrebbe riscattato la sua vita nell’uomo con il vistoso crocifisso al collo immortalato nella foto in possesso degli investigatori, che non somiglia all’eritreo estradato in Italia, difeso dall’avvocato Michele Calantropo.