Nel Palermitano sono interessati un centinaio di dipendenti anche se la procedura dovrebbe consentire alla società di rinunciare a chi non crede più al progetto di rilancio e intende trovare una nuova collocazione
Mercatone Uno, via a riduzione personale A Palermo e Carini a rischio 97 lavoratori
Parte il licenziamento collettivo di 3.212 lavoratori di Mercatone Uno in tutta Italia di cui 199 in Sicilia, ma interesserà solo chi non si opporrà al provvedimento. Tra Palermo e Carini sono interessati un centinaio di lavoratori anche se la procedura dovrebbe consentire alla società di ridurre il personale facendo a meno di chi non crede più al progetto di rilancio e intende trovare una nuova collocazione.
Il Gruppo Mercatone Uno, presente sul mercato da quasi 40 anni, conta oggi 79 punti vendita di insegna, tutti in Italia, con oltre 3 mila dipendenti e circa 11 milioni di clienti. Nell’Isola 48 dipendenti si trovano a Carini (di cui 11 operai e gli altri impiegati), 102 a Misterbianco (13 gli operai) e 49 a Palermo (con tre soli operai e tutto gli altri impiegati). Mercatone Uno è in amministrazione straordinaria e i commissari da tempo tentato la vendita del colosso.
«L’azienda – afferma Marianna Flauto, alla guida della Uiltucs Sicilia -dichiara chiaramente che la procedura è finalizzata a favorire la ricollocazione del personale ed è su base volontaria. In questo momento sono aperti dei tavoli a livello nazionale in cui si discute di salario variabile, una sorta di premio sulle vendite che solitamente è sintomo che l’azienda crede ancora sulla continuità».
A metà giugno è stato pubblicato un bando per la vendita dell’intero complesso e chiunque sia interessato può presentare offerte vincolanti per l’acquisto entro le 18 del 7 settembre prossimo. Nei mesi scorsi l’azienda in una nota aveva evidenziato il «perdurare della crisi e il continuo calo dei consumi particolarmente grave nel settore dei beni durevoli – conclude – che ha determinato una costante riduzione del fatturato, il tutto aggravato dal contesto deflazionistico a cui conseguono prezzi di vendita sempre più bassi e perdita di marginalità».