Megaservice-Trapani: 66 lavoratori danneggiati dall’inadeguatezza del Governo Crocetta?

CENTINAIA DI DIPENDENTI DELLE PARTECIPATE AL CENTO PER CENTO DELLE EX PROVINCE REGIONALI SENZA LAVORO E COL FUTURO A RISCHIO A CAUSA DI UNA NORMA ERRATA APPROVATA DALL’ARS SU PROPOSTA DELL’ESECUTIVO REGIONALE CHE ELUDE LA LEGGE NAZIONALE. IPOTESI DI DANNO ALLE ‘CASSE’ DELL’ERARIO PUBBLICO?

Mobilità elusiva e difforme dal quadro normativo nazionale e possibile danno erariale sono gli effetti giuridici prodotti da norme contenute nella legge n.5 del 28 gennaio 2014 in Sicilia in materia di personale delle partecipate al cento per cento delle province regionali. Centinaia di lavoratori siciliani rimasti fuori dalle garanzie occupazionali grazie ad una sorta di “colpo di mano” attuato dal Governo del presidente Crocetta in Aula, all’Assemblea regionale siciliana in sede di approvazione della legge regionale di stabilità. Un ‘casino’ normativo che ha penalizzato il lavoro in Sicilia mostrando in tutta la sua gravità l’inadeguatezza dell’esecutivo regionale.

Ed allora va rimarcato che oltre ai fare i conti per pareggiare il bilancio, la Regione siciliana, difatti, non è più in grado neanche di legiferare. Quale la conseguenza della censura dell’Ufficio del Commissario dello Stato sulla norma di disciplina della mobilità del personale tra partecipate? Il caos amministrativo che amplificando l’emergenza sociale rischia di far emergere un possibile danno alle casse dell’Erario pubblico.

Sui conti i fatti sembrano chiari: grazie all’esecutivo del presidente Rosario Crocetta nel giro di dieci giorni la Regine ha acceso due mutui: uno di oltre 300 milioni di euro per chiudere i conti del 2013, come abbiamo raccontato in altro articolo, e un mutuo di oltre 950 milioni di euro in pare per pagare i debiti del 2013 e, in parte, per pagare la spesa corrente di quest’anno. Un ‘botto’ di debito caricato sulle famiglie e sulle imprese siciliane e, naturalmente, anche sulle nuove generazioni lasciate senza lavoro e prive di futuro. Nonostante questi due mutui, non sarà possibile, per il 2014, garantire tutti i soggetti che dipendono dalla Reghione. Pazzesco!

Difatti, una parte della spesa corrente e, quindi, molte voci di bilancio, rimarranno fuori. Uno scenario contabile raccapricciante per l’impatto sociale che potrebbe comportare nei prossimi mesi in Sicilia. Uno sfascio targato Crocetta, PD, Udc, Democratici riformisti per la Sicilia, e tutti gli altri partiti e movimenti che ne hanno sostenuto la catastrofica azione politica negli ultimi diciassette mesi. Tra le vittime di questo Governo inadeguato, e veniamo ai limiti normativi citati, le centinaia di lavoratori delle società partecipate al cento per cento delle ex Province regionali; dimenticati e penalizzati dall’incapacità dell’esecutivo Crocetta di “fare le norme”.

Riassumiamo la vicenda per tentare, e non è la prima volta, di fare chiarezza su questa complicata vicenda.

I lavoratori delle partecipate provinciali, a seguito della cancellazione delle Province, sono rimasti senza garanzie occupazionali per colpa di una norma regionale anomala, contenuta nella legge di stabilità, la n.5 del 28 gennaio 2014.

Norma che i lavoratori a voce alta chiedono al Governo regionale di revisionare in sede di finanziaria bis in discussione all’Assemblea regionale siciliana in questi giorni. Richiesta disperata quella dei lavoratori interessati ma che, oggettivamente, rimane l’unica via perseguibile per restare nella legalità e nel rispetto delle norme se si vuole salvare i livelli occupazionali del comparto.

Ricordiamo come la legge di stabilità regionale sia stata pubblicata successivamente alla nazionale ed è stata soggetta da parte dell’Ufficio del Commissario dello Stato alla censura di ben trentatre articoli sui quarantotto complessivi, pari al 69 per cento. Il dispositivo normativo citato ha incomprensibilmente ignorato l’esistenza delle partecipate degli enti locali, contemplando esclusivamente le partecipate regionali.

Anche per queste ultime, la legge regionale n.5/2014 si discosta in toto da quanto chiaramente normato dalla legge di stabilità nazionale, la numero 147 del 27 dicembre 2013. La Legge di Stabilità nazionale regolamenta attraverso un preciso iter istruttorio aderente alle disposizioni di controllo della spesa e di Spending Review, la mobilità del personale in esubero dalle partecipate in difficoltà a quelle attive. Previsione normativa che risponde a criteri basati sulle effettive necessità di personale evitando la sovrapposizione indiscriminata dei costi interni.

Gli enti che controllano le società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, o dai loro enti strumentali, adottano, in relazione ad esigenze di riorganizzazione delle funzioni e dei servizi esternalizzati, nonché di razionalizzazione delle spese e di risanamento economico-finanziario secondo appositi piani industriali, atti di indirizzo volti a favorire, prima di avviare nuove procedure di reclutamento di risorse umane da parte delle medesime società, l’acquisizione di personale mediante le procedure di mobilità.

Ed è proprio questo il punto che ha fatto saltare il “coperchio dalla pentola”, creando i presupposti per ogni lecita osservazione d’incongruenza normativa da parte dell’Ufficio del Commissario dello Stato. Sarebbe stato sufficiente che il Governo regionale si limitasse, in sede di discussione della “finanziaria bis” all’Ars, a fare una sorta di copia-incolla di quanto previsto dalla legge n.147/2013 in materia di mobilità del personale tra partecipate per garantire il riordino e mantenere i livelli occupazionali.

C’è da aggiungere che, nell’ordinamento giuridico italiano, si configura il danno erariale come quel danno sofferto dallo Stato o da un altro ente pubblico, a causa dell’azione o dell’omissione di un soggetto che agisce per conto della pubblica amministrazione in quanto funzionario, dipendente o, comunque, inserito in un suo apparato organizzativo (anche governativo).

Ci chiediamo se la preclusione di un procedimento di mobilità, finalizzata alla ricollocazione lavorativa per migliaia di lavoratori in Sicilia – preclusione dovuta ad un errore di formulazione da parte del Governo regionale – possa assimilarsi ad una danno erariale. Il ricorso ad ammortizzatori sociali a totale carico dello Stato, avviato dalla Regione siciliana per centinaia di questi lavoratori fa emergere il dubbio del possibile reato omissivo.

L’errore normativo è così lampante dal far ritenere che all’inadeguatezza del Governo Crocetta vada sommata l’incapacità della politica siciliana rappresentata all’Ars di fornire risposte adeguate e in sintonia con il quadro normativo nazionale.

L’inadeguatezza si è misurata in sede di varo da parte dell’Ars della legge 24 marzo 2014 n.8 sull’istituzione dei Liberi Consorzi comunali e delle Città metropolitane. A fatica nel corpo strutturale complessivo della norma all’articolo 1 si identifica, in termini palesemente stringati e vaghi, quello che dovrebbe essere l’ unico appiglio in termini d’ ipotesi di garanzie occupazionali.

Riportiamo di seguito il settimo comma che dispone: “I liberi Consorzi continuano ad utilizzare le risorse finanziarie, materiali ed umane già di spettanza delle corrispondenti Province regionali. I liberi consorzi si avvalgono delle sedi già in uso alle corrispondenti Province regionali”.

Ed il successivo ottavo comma precisa: “Al personale dei liberi Consorzi è confermato lo status giuridico-economico già in godimento presso le Province regionali”.

Ci si chiede realisticamente: da chi sarà costituito il personale dei liberi Consorzi se, all’atto della costituzione della cornice legislativa, non è stata nemmeno concepita nel contesto della riforma alcuna ipotesi concreta d’iniziativa programmatica sul passaggio di competenze ai nascenti liberi Consorzi? Ed ancora: quale destino sarà riservato alle società partecipate attive e non ed al personale afferente, tenendo in realistica considerazione che la quasi totalità del settore, non gode affatto di buona salute ed annovera migliaia di lavori coinvolti nell’intera regione? E poi, che “status” sarà addebitato al mondo del precariato in una economia ricettiva in default per la quale non si riescono a trovare soluzioni o iniziative anche in proiezione ragionevole?

Commi troppo frettolosamente dichiarati esaustivi, garantisti che abbisognano di una fase cosiddetta attuativa da completarsi, molto ipoteticamente visti i tempi biblici con i quali si muove il Governo regionale, entro 6 mesi dalla pubblicazione della legge sulla Gazzetta ufficiale della Regione siciliana, e cioè entro il prossimo 24 settembre. Epoca in cui dovrebbe essere chiuso, ma nutriamo fortissimi dubbi, un ciclo attuativo obiettivamente non dei più scorrevoli.

Ci riferiamo alla fase di concreta formazione dei Liberi Consorzi popolazione minima 150.000 abitanti, a quella dell’adesione con delibera assunta dai due terzi dei consiglieri comunali, all’eventuale adesione, nel rispetto del principio di continuità territoriale, alle città metropolitane, al referendum popolare confermativo, all’approvazione del piano industriale di ciascun Consorzio da parte della Regione siciliana, oltre all’approvazione della legge sul passaggio di competenze ai novi soggetti extra comunali. In questo quadro di più leciti, quanto plausibili interrogativi è opportuno ritornare a trattare la vicenda dei sessantasei lavoratori della Megaservice. Proprio dalle colonne del nostro giornale abbiamo trattato in diverse occasioni il loro stato di dipendenti sospesi e senza certezze come l’esempio paradossale e generalizzato di una inqualificabile condizione di assenza e di abbandono istituzionale a tutti i livelli. Esempio di una analisi più generale che tocca centinaia di lavoratori disagiati afferenti alla galassia delle partecipate pubbliche in difficoltà.

Oggi nella Megaservice, società che ha svolto mansioni sostanziali per l’ex Provincia regionale di Trapani ed a seguito di gravi deficienze manifestatesi nell’attuazione del controllo analogo che hanno determinato dal febbraio 2013 lo stato di liquidazione, coesistono per il personale due contratti diversi : contratto servizi per ventisei unità e contratto edile per le restanti quaranta. quanto a seguito delle diverse mansioni. Dopo circa un anno di assenza di qualsiasi sostegno finanziario, dal luglio 2013 i lavoratori del comparto edile hanno avuto riconosciuto l’accesso alla Cassa integrazione guadagni straordinaria sino a giugno 2014.

Per i dipendenti dei servizi la condizione è ben più grave. Si tratta di ventisei lavoratori che hanno lavorato gratuitamente per l’ente senza alcuna remunerazione e nessun ammortizzatore sociale da oltre quattordici mesi e che sono ancora in attesa della liquidazione dei contratti di solidarietà dal 2013. Per loro l’accesso alla Cassa integrazioni guadagni in deroga appare sempre più un miraggio, viste le difficoltà a livello nazionale di rifinanziare l’ammortizzatore sociale.

Tutti i dipendenti hanno in corso decreti ingiuntivi con la Megaservice attraverso istruttorie avviate presso il tribunale fallimentare di Trapani che da oltre un anno non si è ancora pronunciato per il recupero di mensilità mai liquidate dalla società. Lavoratori che, se si esclude l’azione di sostegno dei liquidatori della società, Giuseppe Mazzeo e Pietro Bruno, sono stati annullati, resi anonimi dalla totale indifferenza degli organi istituzionali regionali, provinciali e locali.

La salvaguardia occupazionale dei lavoratori a seguito d’innumerevoli riunioni tenutesi alla presidenza della Regione ed in commissione Lavoro dell’Ars, nonché al tavolo permanente istituito dal sindaco di Castelvetrano, Felice Errante (oltre il 70 per cento dei lavoratori è di Castelvetrano) è rinviata alla istituzione dei Liberi Consorzi dei Comuni.

Nel caso specifico della Provincia di Trapani, condizione che peraltro potrebbe estendersi con diverse peculiarità ad altre realtà analoghe della Regione siciliana, esistono realtà ricettive che potrebbero assorbire in tutto o in parte i lavoratori della Megaservice. Un primo esempio è rappresentato dalla Trapani Servizi. Società di proprietà del Comune di Trapani, che a seguito dell’incremento di produzione dovuto alla raccolta differenziata avrà la necessità di incrementare a vario titolo il proprio organico entro il mese corrente. Ad essa si aggiunge l’Airgest, la società aeroportuale il cui 51 per cento è di proprietà della Regione siciliana.

La società attualmente ha esternalizzato servizi che potrebbero essere garantiti, invece, dal personale della ex Mega Service in termini di manutenzioni civili, industriali, manutenzioni piste e pulizie. Il tutto lo si potrebbe garantire senza alcuna sovrapposizione di costi, ma in perfetta aderenza alle indicazioni legislative vigenti per lo specifico sul territorio nazionale.

 

 


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