Scrivo questa lettera dopo aver riflettuto intorno alle dichiarazioni del giovane sottosegretario al Welfare Michael Martone che ha affermato senza giri di parole che «chi a 28 anni non si è ancora laureato è uno sfigato» affrontando con una provocazione il delicato tema dell’età media dei laureati nel nostro Paese.
Mi sembra opportuno premettere come il tema affrontato da Martone meriti grandissima attenzione. Il fatto che in Italia gli studenti universitari si laureino con 3 anni di ritardo rispetto alla media europea, deve spingere tutta la società italiana, ed ancor prima la politica, ad interrogarsi su numerose questioni: l’efficacia dei percorsi di orientamento allo studio ed al lavoro, la mancanza di incentivi anche economici per gli studenti meritevoli, la mancanza di possibilità lavorative che spingono spesso i giovani ad andare all’università perché «tanto lavoro non ce n’è», le pressioni da parte del nucleo familiare che costringono a volte i figli a frequentare l’università controvoglia.
Allo stesso tempo, pur riguardando un tema di grandissima rilevanza ed attualità, ritengo che la Predica di Martone sia straordinariamente inopportuna ed inefficace. Inopportuna, per quanto riguarda il Pulpito da cui proviene, ed inefficace in quanto, anche a causa dei modi in cui è stata formulata, non ha avuto l’effetto sperato e cioè quello di incitare i giovani ad un maggiore impegno e ad una maggiore consapevolezza delle scelte compiute in materia di formazione ed ingresso nel mondo del lavoro.
E’ inopportuno che Micheal Martone faccia un’affermazione del genere innanzitutto perché l’efficacia di una provocazione cosi forte è proporzionale all’autorevolezza del soggetto da cui proviene. E non basta essere diventati professori ordinari a 29 anni o sottosegretari a 39 per essere autorevoli.
Per essere autorevoli è necessario che la propria storia personale sia coerente e limpida, priva di ombre, e purtroppo ciò non si può dire, almeno secondo quanto riportato da numerosi organi di stampa, per il prof. Martone, diventato professore ordinario in un concorso con «8 partecipanti di cui 6 ritirati e 2 vincitori». Se essere figlio di qualcuno non può essere una discriminante in negativo, è vero che sono in molti a sostenere che l’avere un ben introdotto papà (il giudice Martone, ex presidente dell’Authority scioperi, già assiduo dello studio Previti, da ultimo sulle cronache per aver partecipato a un pranzo della P3 a casa di Verdini ) abbia influito non poco sui successi del giovane Michael.
Per essere autorevoli è necessario altresi dimostrare di voler supportare le proprie affermazioni con interventi adeguati a risolvere le problematiche che stanno alla base del fenomeno denunciato. Dopo quasi 60 giorni di attività di governo nessun provvedimento è stato proposto dal viceministro Martone per incentivare e sostenere i tantissimi e brillanti giovani italiani che si sono laureati a 23-24 anni con il massimo dei voti e che si ritrovano davanti un futuro fatto di precariato e sogni infranti. (A proposito prof. Martone dov’è finito l’equo compenso per i tirocinanti nel decreto CresciItalia?)
Non è solo la mancanza di autorevolezza a rendere inopportune ed inefficaci le dichiarazioni di Martone, ma altresì la superficialità dell’analisi (che non tiene conto delle disuguaglianze presenti nella nostra società e nel nostro territorio) la volgarità del linguaggio e la mancanza di proposte. Tutti fattori che ci rimandano alla stagione politica appena trascorsa, che speravamo di aver accantonato a favore di uno stile più sobrio e di una politica fatta di interventi studiati più che di slogan e frasi fatte.
Per i motivi sopra elencati ritengo che il Prof. Martone ha perso un’occasione per stare in silenzio e dedicarsi al lavoro per il quale come contribuenti lo paghiamo, studiare i problemi ed individuare le soluzioni.
Le dichiarazioni di Martone d’altro canto possono rappresentare un’occasione per tutti, sia per la classe politica che per noi giovani, per interrogarci a partire da domani sul nostro impegno per arginare il fenomeno denunciato, seppur maldestramente, da Martone.
Come giovani abbiamo il dovere di dare il massimo, sempre. Non di essere secchioni, nel senso peggiore del termine. Ma piuttosto di essere appassionati. La passione per lo studio, per il lavoro deve essere una costante che ci deve spingere a fare bene e a dare il massimo per noi e per il nostro Paese. Abbiamo il dovere di sfuggire alla tentazione di utilizzare l’università come un comodo parcheggio e di avere l’onestà intellettuale di interrogarci sulla qualità e sulla quantità del nostro studio.
Allo stesso tempo la classe politica ha il dovere di offrire opportunità e speranza ad una intera generazione che non ha alcuna certezza per il proprio futuro e che si trova a navigare tra la disoccupazione, il lavoro nero ed il precariato.
Questa polemica è un’occasione per tutti noi, non sprechiamola. E lei prof. Martone, faccia i compiti a casa e ci proponga soluzioni per migliorare le nostre università e offrire ai giovani opportunità di lavoro, studio e ricerca all’altezza del loro valore e dei loro sogni.
Agatino Lanzafame
[Foto di Paul Goyette]
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