Marineo-Palermo-Marineo ogni giorno

Questo è un incrocio storico, dove convergono tutte le razze umane. In questo luogo arrivano i suoni del mondo, tutto vi si concentra e tutto è connesso via cavo. Gli uomini maneggiano bene il denaro, e femmine d’uomo succhiano sigarette davanti ai negozi. L’aria è talmente intrisa di promiscuità che a ogni passo una zaffata di odore apre la porta di un continente nuovo. E i piedi dei passanti, dovessi seguirli, conducono alle bettole di Bombay, ai macelli del Cairo, al mercato della frutta di Marsiglia o ai centri commerciali londinesi: si può scegliere. Vedi occhi riconoscenti, e miti, seppure aleggi la spocchiosità del fondaco. C’è il sangue dei galli combattenti, i coltelli attaccati agli speroni, eppure si ringrazia di essere ancora in vita. La folla procede a sortite, serra le file, ma l’uomo è pur sempre uomo, e il resto viene da sé. Così, nel punto di convergenza della specie nasce la leggenda della città universale. Il sushi mitologico. Il sakè degli dei. Si sente chiaramente il grande polmone umano e come sfrigola la carne e il grasso, mentre si scioglie. E il suono delle docce dove tornano a purificarsi ragazzi castrati e belle pollastrelle. Rinoceronti, proscimmie, infradito e grattacieli. Un tempo ci si tatuava solo in carcere, al massimo negli arsenali militari. In questa via, sulle pire, invece, si tornano a cremare i morti.

Dal valico di Portella di mare passano tir carichi di bestiame e automobili. Anche qui converge la specie, ma io non ne sento il frastuono. Sono chiuso nell’abitacolo e come ogni giorno guido. Non c’è una lingua che mi accomuni, nessun rumore che non sia quello del motore. Inoltre esiste lo spazio geografico, il paesaggio, qualcosa che mi fa sperare ancora nel diritto a una bella solitudine. Procedo in colonna, penso agli affari miei. Da qui non vado al Cairo, né arriverò a Bombay, tutto conduce alla provincia. Qui ho uno stomaco teorico. E uno pratico. E i miei piccoli polmoni mi fanno sentire unico, esclusivo. Sono un carnivoro che ha fame. Anzi, che digerisce il pasto.

 


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Questo è un incrocio storico, dove convergono tutte le razze umane. In questo luogo arrivano i suoni del mondo, tutto vi si concentra e tutto è connesso via cavo. Gli uomini maneggiano bene il denaro, e femmine d’uomo succhiano sigarette davanti ai negozi. L’aria è talmente intrisa di promiscuità che a ogni passo una zaffata di odore apre la porta di un continente nuovo. E i piedi dei passanti, dovessi seguirli, conducono alle bettole di bombay, ai macelli del cairo, al mercato della frutta di marsiglia o ai centri commerciali londinesi: si può scegliere. Vedi occhi riconoscenti, e miti, seppure aleggi la spocchiosità del fondaco. C’è il sangue dei galli combattenti, i coltelli attaccati agli speroni, eppure si ringrazia di essere ancora in vita. La folla procede a sortite, serra le file, ma l’uomo è pur sempre uomo, e il resto viene da sé. Così, nel punto di convergenza della specie nasce la leggenda della città universale. Il sushi mitologico. Il sakè degli dei. Si sente chiaramente il grande polmone umano e come sfrigola la carne e il grasso, mentre si scioglie. E il suono delle docce dove tornano a purificarsi ragazzi castrati e belle pollastrelle. Rinoceronti, proscimmie, infradito e grattacieli. Un tempo ci si tatuava solo in carcere, al massimo negli arsenali militari. In questa via, sulle pire, invece, si tornano a cremare i morti.

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