Manovra tra tagli, clientele e raggiri

La manovra di quest’anno si caratterizza per i tagli. Come già accennato governo e Ars, almeno per questa volta (era ora!) hanno dovuto fare di necessità virtù, tagliando 300 milioni di euro di spese che, tanto per cambiare, nella prima versione della manovra erano state considerate entrate fittizie. E sono forse questi tagli a far ben sperare in un atteggiamento ‘bonario’ da parte del commissario dello Stato che, a rigore, dovrebbe impugnare una legge priva, come già ricordato nell’articolo che trovate sempr esl nostro giornale, della copertura finanziaria per la sanità (circa 340 milioni di euro che mancano e che dovrebbero arrivare da Roma). E dove, all’appello, mancano altri 193 milioni. Un secondo ‘buco’ – o accantonamento negativo – che, però, è stato garantito con un’eventuale riduzione di tutti i capitoli di bilancio.

La finanziaria approvata consta di tre maxiemendamenti: nel primo ci sono la ‘mitica’ tabella H (nel 50 per cento dei casi si tratta di clientele allo stato puro, mentre la restante parte sono fondi per le attività culturali) e i trasporti, oltre che i soldi per i regionali; il secondo si articola in una serie di interventi; mentre il terzo contiene le cosiddette “norme per la crescita”, non sappiamo se economica o clientelare.

La sanità
La manovra votata ieri si aggiunge alle norme approvate nelle scorse settimane. E cioè: le proroghe fino al 31 dicembre di quest’anno per i 750 precari storici della Regione, la quota di compartecipazione della Regione alle spese per la sanità (il 49,11% e non il 42 per cento come aveva inizialmente fatto sapere il governo regionale, con una parte di questi soldi – 343 milioni – non ancora presenti nelle ‘casse’ regionali, risorse che verranno prese dal Fas con il consenso romano) e le riserve per gli enti locali. Sempre a proposito di sanità, va segnalato un fondo pari a 6 milioni per mitigare gli effetti negativi prodotti sulle fasce più deboli dall’appesantimento dei ticket sanitari.

Niente abolizione dell’Aran
Tanti gli interventi contenuti nella manovra. Si introduce la mobilità interna obbligatoria per i dipendenti dell’amministrazione regionale. L’Aran non viene soppressa. Anzi incassa un finanziamento pari a 300 mila euro per il funzionamento. Una vittoria delle sigle sindacali che, con la sola assenza della Cisl, si erano schierate contro l’abolizione dell’Aran. Il Garante per i diritti del detenuto lavorerà gratis, mentre scompaiono Sepicos, Agenzia per l’impiego e Cpt (le ‘avventure’ della “New energy” e del risarcimento miliardario richiesto alla Regione per le lungaggini burocratiche). Restano i Consorzi di ripopolamento ittico che non hanno mai ripopolato nulla. A ‘ripopolare’ – questa la novità – penseranno i commissari (nuove poltrone da spartire).

Il ‘mistero’ delle indennità degli assessori ‘tecnici’
Tutto da discutere il ‘caso’ delle indennità dei dodici assessori tecnici. Un’interpretazione ‘buona’ parla di una riduzione del 10 per cento di tali indennità. Ma c’è anche un’interpretazione ‘monella’, anticipata dal nostro giornale nei giorni scorsi, in base alla quale le indennità dei dodici assessori dell’attuale giunta Lombardo verrebbero invece ridotte del 60 per cento. Questo perché a sostenere le indennità che fino ad oggi i dodici assessori ‘tecnici’ si sono messi in tasca ogni mese non c’è una norma specifica, ma solo una delibera di giunta. Su questo punto saremo più chiari non appena avremo modo di leggere la manovra approvata.

Viene soppresso il dipartimento regionale delle foreste: funzioni e personale di questi uffici passano al Comando forestale. Una stretta, ancora tutta da verificare sul campo, dovrebbe arrivare per i dirigenti delle società partecipate dalla Regione (che, a parte Sicilia patrimonio immobiliare, restano tutte in vita). I dirigenti di tali società non potranno usufruire di compensi superiori al 50 per cento delle indennità dei dirigenti generali. La manovra si occupa anche del personale della Fiera del Mediterraneo, che viene dirottato presso la Resasi, la società di ‘parcheggio’ della Regione dove operano ancora i dipendenti delle vecchie partecipazioni della Regione ormai liquidate (Ems, Espi e Azasi).

Signori, si vende!
La ‘novità’ di quest’anno, come abbiamo già raccontato negli articoli precedenti, è che per far quadrare il bilancio si venderanno alcuni dei beni immobili della Regione (sarebbe questa la ‘valorizzazione’?). In attesa che entrino questi soldi una parte dei fondi di alcuni capitoli è stata ‘congelata’. E’ il caso del fondo in favore dei Comuni (la terza trimestralità di tale fondo): sono 75 milioni che i Comuni non potranno utilizzare fino a quando non entreranno i soldi della vendita dei beni immobili della Regione. Un artifizio contabile privo di logica, perché se ogni anno, per far quadrare i conti, bisognerà vendere qualcosa, tra qualche anno non ci dovremmo stupire se i nostri politici metteranno in vendita Segesta o la villa del Casale (la Valle dei Templi di Agrigento è già stata ‘venduta’ ai signori che realizzarannoil rigassificatore). Tra i capitoli con una parte dei fondi ‘congelati’ ci sono anche i trasporti pubblici (22 milioni) e collegamenti con le isole minori (un milione).

Non mancano, poi, altre voci di bilancio che dovranno essere rimpinguate dopo la ‘valorizzazione-vendita’ dei beni immobili (i precari, Sovrintendenze, Parchi e Riserve naturali, attività teatrali minori, consorzi di bonifica, affitti e ulteriori ammennicoli) e tagli vari. Vanno in ‘frigorifero’ anche i fondi per l’Irsap, l’Istituto che,min seguito alla riforma del settore, ha sostituito gli ormai soppressi Consorzi Asi.

Si profilano problemi tra governo e dipendenti della Regione. Il rinnovo dei contratti dei dipendenti non dovrebbe portare molta ‘felicità’. Per i dirigenti gli aumenti sono dell’1 per cento per il biennio 2006/2007 e dell’1,5 per cento per quello 2007/08. Per i dipendenti l’aumento è del 2 per cento (ci sono anche gli arretrati, circa 26 milioni di euro). Stanziati, poi, 500 mila euro per gli ex Pip di Palermo.

I canoni
Una stretta arriva sui canoni. Schizzano all’insù quelli per le concessioni e le locazioni di beni demaniali (almeno 5 mila euro). Con possibili incrementi del 50 per cento. Aumenti anche per le autorizzazioni rilasciate dall’assessorato regionale al Territorio e Ambiente. Arriva il pagamento del ticket per Parchi e Riserve naturali, comprese le isole minori che comprendono aree protette. Ci sono anche dei tagli al trasporto locale che hanno suscitato le proteste di alcuni parlamentari.

La presa in giro per i ‘Forconi’
Poi ci sono gli interventi per la crescita. Secondo alcuni osservatori, si tratta di interventi graditi al Movimento dei ‘Forconi’ che, nei prossimi giorni, torneranno a invadere le vie della Sicilia. In realtà, le più importanti richieste dei ‘Forconi’ sono state completamente ignorate. C’è soltanto un ragionamento su come tutelare i prodotti agricoli siciliani. E’ alla fine, la linea che aveva intrapreso l’ex assessore regionale all’Agricoltura, Giovanni La Via, ovvero il tentativo di avvicinare l’offerta dei prodotti agricoli siciliani agli stessi consumatori della nostra Isola. Era una delle poche cose intelligenti in favore dell’agricoltura siciliana fatta da un governo della Regione negli ultimi trent’anni. Esperienza che è stata in buona parte interrotta dai governo Lombardo.

Sulla carta questa legge introdurrebbe nuove norme contro le frodi, ovvero sull’arrivo dei prodotti agricoli dalla Cina, dall’Asia e dal Nord Africa. L’intento è giusto, ma questo è un problema creato dall’Unione Europea ed è tutto da vedere cosa potrà fare la Regione. Si parla anche di far vendere i prodotti agricoli siciliani nei centri della grande distribuzione organizzata. L’esperienza non è nuova e, fino ad oggi, è sempre stata fallimentare.

L’unica cosa seria, lo ripetiamo fino alla noia, è, di fatto, l’applicazione di una vecchia legge nazionale – non ricordiamo più se risale agli anni ‘5o o agli anni anni ’60 dello scorso secolo – voluta da Amintore Fanfani. E’ una legge che consente ai piccoli proprietari di appezzamenti di terreno (e in Sicilia la piccola proprietà contadina è predominante) di vendere i propri prodotti direttamente ai consumatori.

Un’esperienza del genere, lo ribadiamo, era stata avviata con profitto dall’ex assessore, Giovanni La Via. Con risultati positivi per gli agricoltori siciliani, che vendevano i propri prodotti a prezzi remunerativi, e per i consumatori siciliani, che avevano l’opportunità di acquistare prodotti a ‘chilometro zero’ e di qualità. Questo perché tale sistema taglia fuori l’intermediazione parassitaria della grande distribuzione organizzata e delle aziende commerciali che ‘rubano’ i prodotti ai nostri agricoltori per quattro soldi e li rivendono nel mercato di Milano e Bologna a un prezzo decuplicato (se il prezzo non fosse decuplicato, del resto, non c guadagnerebbero, nonostante gli alti costo che sostengono per il trasporto di tali prodotti su gomma). L’esempio è rappresentato dal pomodorino di Pachino: pagato ai produttori 0,30-0,40 euro al chilogrammo, viene rivenduto nei mercati del Centro Nord Italia a un prezzo che oscilla da 8 a 12 euro al chilogrammo.

Il sistema dei piccoli mercati stava cominciando a dare i frutti nell’interesse – lo ripetiamo – della piccola proprietà contadina e dei consumatori siciliani. Poi il sistema è stata in larga parte sbaraccato. Ed è esploso il Movimento dei ‘Forconi’. Il perché non difficile comprenderlo. Persino Lombardo e i suoi assessori sarebbero in grado di capirlo…

 

 


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La manovra di quest’anno si caratterizza per i tagli. Come già accennato governo e ars, almeno per questa volta (era ora!) hanno dovuto fare di necessità virtù, tagliando 300 milioni di euro di spese che, tanto per cambiare, nella prima versione della manovra erano state considerate entrate fittizie. E sono forse questi tagli a far ben sperare in un atteggiamento ‘bonario’ da parte del commissario dello stato che, a rigore, dovrebbe impugnare una legge priva, come già ricordato nell’articolo che trovate sempr esl nostro giornale, della copertura finanziaria per la sanità (circa 340 milioni di euro che mancano e che dovrebbero arrivare da roma). E dove, all’appello, mancano altri 193 milioni. Un secondo ‘buco’ - o accantonamento negativo - che, però, è stato garantito con un’eventuale riduzione di tutti i capitoli di bilancio.

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