L’immobile, che si trova in via Funnuta a Ciaculli, è stato preso di mira da alcune famiglie indigenti con figli piccoli. Che non si sono limitate solo a stabilirsi abusivamente: hanno infatti distrutto porte e finestre, ridotto in cenere i simboli che identificavano il luogo e venduto le attrezzature. Dalle istituzioni, nel frattempo, tutto tace
MandarinArte, sede occupata e attività sospese «Dell’antimafia in realtà non frega a nessuno»
«Come diciamo noi…a Palermo c’è un problema quanto una casa». Soprattutto se le famiglie in difficoltà finiscono per occupare un ex bene della mafia affidato a dei volontari, distruggendone la memoria e occupandolo con la forza. È quello che è successo in via Funnuta a Ciaculli, dove il progetto MandarinArte rischia di naufragare. La sede, affidata in concessione all’associazione Acunamatata e cogestito con Solidaria, è stata devastata nei giorni scorsi. Non solo infissi scardinati e porte spaccate, ma anche mucchietti di cenere sparsi qua e là: è tutto quello che rimane dei segni distintivi del progetto, dalle targhe ai pannelli informativi dati alle fiamme. «Un classico», dice amaro Filippo Calcavecchia, «è una delle prime cose che si fanno in questi casi: togliere la memoria di quel luogo per renderlo anonimo. Non hanno risparmiato nemmeno la mia tesi di laurea su Ciaculli». A impadronirsi del luogo sono state, alcune settimane fa, due famiglie, una con figli piccoli e l’altra in attesa. Circostanza, questa, che ha impedito lo sgombero coatto dell’immobile da parte delle forze dell’ordine. Si sono attivate comunque delle procedure che coinvolgeranno il Comune e gli assistenti sociali, ma che seguiranno dei tempi più lunghi.
Oltre al danno, però, anche la beffa. Malgrado la sensibilità dimostrata dai volontari impegnati nel progetto, che hanno deciso di tenere attive acqua, luce e riscaldamenti per rendere comunque confortevole la permanenza delle due famiglie nel bene, queste non hanno dal canto loro agito con la stessa premura. A pochi giorni dall’occupazione, infatti, il team di MandarinArte ha trovato lucchetti e catenacci nuovi a protezione dei varchi creati rompendo gli ingressi, e nessuna traccia delle attrezzature impiegate per la trasformazione dei prodotti del mandarineto, dalle motozappe ai decespugliatori. A un collaboratore sarebbe anche stato intimato di non fare più ritorno lì nell’immobile. «Quest’anno scadeva la nostra convenzione di affidamento, è stato emanato il nuovo bando dal Comune e le graduatorie sono uscite a luglio, siamo stati selezionati come vincitori – dice Calcavecchia – solo che ad oggi l’ufficio comunale del Patrimonio non ci ha chiamati ancora per firmare la convenzione. Di fatto, oggi non avremmo nessun titolo in teoria per rivendicare qualcosa, siamo in una posizione anomala».
MandarinArte, però, malgrado l’impossibilità di entrare all’interno della sede di Ciaculli non ha alcuna intenzione di fare un passo indietro in quanto a idee e attività. «Dovevamo firmare un progetto dedicato alle zone Ciaculli-Croce verde, c’era la determina pronta, ma adesso dovremmo cercare un’altra sede – prosegue Calcavecchia -. La cosa triste è che al di là di quello che si dice dell’antimafia, non gliene frega nulla a nessuno in realtà». La sua amarezza è soprattutto nei confronti delle istituzioni locali, alle quali il team del progetto ha fatto arrivare la notizia delle ultime vicende. Ma, ad oggi, non si è mosso nulla. «Rammarico a parte, noi non restiamo fermi – rassicura -. Stiamo cercando di coinvolgere il professore Giuseppe Barbera, che ci ha dato il suo appoggio, così come Fondazione con il Sud e la Fondazione Benetton».
Un tentativo, da parte dei volontari, di non sprecare le relazioni strette nel tempo e le iniziative che avrebbero dovuto concretizzarsi a breve. L’idea, qualunque cosa accada nei prossimi mesi, è quella comunque di continuare a svolgere la loro attività a Ciaculli: «Qui siamo riusciti a costruire un patrimonio, oltre ad un buon rapporto anche coi vicini di orto della borgata – sottolinea Calcavecchia -. A darci più fastidio è il silenzio delle istituzioni, non si è fatto vedere nessuno, ma sono stati tutti avvisati».