Silvia Buzzone è madre di una bimba di quattro anni arrivata a Lampedusa con un barcone. «Da bambini sono considerati cuccioli carini dalle stesse persone che incitano all'odio nei confronti di adulti di colore», racconta a MeridioNews
Mamme per la pelle, rete di protezione per i figli di colore «Fin quando restano piccoli sono considerati inoffensivi»
«In un clima come quello che stiamo vivendo, diventa notizia perfino il fatto che dei bagnanti si prendano cura in spiaggia, per qualche ora, di una bambina di colore figlia di una venditrice ambulante». Silvia Buzzone da tre anni è mamma adottiva di N., una bambina di quattro arrivata a Lampedusa a bordo di un barcone nel 2016. Anche lei fa parte di un gruppo di circa 35 donne siciliane che hanno dato vita, nel novembre del 2018, a Mamme per la pelle. Un’associazione nazionale che si occupa di creare una rete di madri con figli che rischiano di subire discriminazioni per le loro origini o per il loro diverso colore della pelle.
«La mia sensazione è che finché sono piccoli come mia figlia – racconta la donna a MeridioNews – vengono considerati come dei cuccioli carini e inoffensivi che ispirano tenerezza perfino alle stesse persone che, sui social network, condividono post o scrivono gravi commenti razzisti o che addirittura incitano all’odio nei confronti di persone adulte di colore». La nuova frontiera del razzismo tiene in considerazione anche le questioni anagrafiche e generazionali.
«Non avrei mai immaginato di ritrovarmi a dovere fare i conti con situazioni del genere – continua – perché pensavo che alcuni concetti potessero essere ormai dati per assodati e invece nell’ultimo anno e mezzo, per via soprattutto di alcune politiche adottate a livello nazionale, si sono vanificati tutti i passi avanti che erano stati fatti». Così, per i genitori tornano i timori e le paure. «Le cronache quotidiane sono piene di storie di ragazzi vittime di bullismo a scuola o sugli autobus, insultati durante le partite di calcetto, perfino di adolescenti a cui è stato vietato l’ingresso in alcuni stabilimenti balneari», elenca Buzzone. Tutto solo per il colore della loro pelle.
«La mia bimba è ancora piccola e fortunatamente non è mai stata presa di mira. È molto curiosa e ci ha già chiesto come mai lei nera ha noi come genitori che siamo bianchi». Così, anche per prepararla ad affrontare eventuali attacchi in futuro, a N. è già stata raccontata la verità sulla storia della sua vita. «Ovviamente romanzandola un pochino». N. è arrivata a Lampedusa dopo avere attraversato il mare, durante il viaggio la sua madre biologica è morta. «Noi le abbiamo raccontato che la sua mamma è diventata una sirena».
Quella di Mamme per la pelle è una realtà nata attorno alla preoccupazione di
Gabriella Nobile, mamma adottiva milanese di due bambini africani. Pochi giorni prima delle elezioni politiche del marzo 2018, impaurita dal clima di razzismo, ha scritto una lettera aperta al leader della Lega Matteo Salvini per «ringraziarlo della sua violenta campagna elettorale contro i migranti che ha scatenato un’ignobile ondata di intolleranza e di odio nei confronti di chi ha una pelle di un colore diverso, con continui insulti e minacce che non hanno risparmiato neppure i bambini e gli adolescenti».
Da allora a oggi le cose non sembrano essere molto cambiate, «anzi – commenta Buzzone – sono convinta del fatto che chi prima aveva timore o vergogna a manifestare i propri pensieri razzisti, adesso invece si senta legittimato e autorizzato da certe esternazioni che vengono fatte da politici». Insomma, il punto diventa: se lo dice una personalità importante in luoghi istituzionali, perché non può farlo un semplice cittadino al bar? Questo ha reso ancora più necessarie le attività dell’associazione fatta di mamme adottive ma non solo.
«Della costola siciliana fanno parte anche mamme bianche che hanno figli con uomini di colore, mamme africane che stanno crescendo qui i loro bambini e donne che hanno dei minori in affido. Dietro di noi – aggiunge – ci sono anche molti papà». L’associazione organizza, anche a livello locale, diverse attività di sensibilizzazione e «stiamo cercando di creare occasioni per portare questi concetti nelle scuole perché – afferma – è sulla formazione dei più giovani che si può riporre la speranza».