In Sicilia esiste una nuova forma di caporalato nelle campagne, spesso interfaccia della criminalità organizzata. A raccontarla è Rosa Maria Di Natale, la giornalista catanese vincitrice del Premio «Ilaria Alpi». Guarda il video
«Malarazza» su RaiNews 24
Il nuovo caporale siciliano ha il volto della cooperativa agricola che fornisce manodopera agli imprenditori. I braccianti vengono coinvolti in un meccanismo di vera e propria “transumanza” (cioè trasportati ogni giorno in pessime condizioni di sicurezza in giro per la Sicilia, per centinaia e centinaia di chilometri) di lavoro nero e malretribuito, di cooptazione casuale e, qualche volta, al limite del ricatto, di buste paga fasulle o mai corrispondenti al compenso effettivamente percepito. I guadagni? Non più di 45 euro lorde al giorno per dieci, dodici ore di lavoro quotidiano. E non per tutto l’anno.
Oltre il danno, c’è pure la beffa. Molte cooperative nascono e muoiono nel giro di pochi anni; molti braccianti onesti scoprono troppo tardi di non aver avuto versati i contributi pensionistici e non hanno neppure diritto al trattamento di disoccupazione, proprio perché “fuoriusciti” da cooperative fasulle che hanno danneggiato l’Inps e lo Stato.
“Focolaio” del fenomeno che nel giro di cinque anni ha interessato praticamente tutta l’Isola, è la provincia di Catania, in particolare il comune di Adrano.
Molte immagini e interviste sono state riprese in piena notte nella provincia etnea e in quella siracusana; la giornalista è anche riuscita ad intervistare un “responsabile” di una cooperativa che ha preferito non sottrarsi alle telecamere.
L’inchiesta ha raccolto anche interviste istituzionali nel mondo dell’Inps, del sindacato, della magistratura e del volontariato, ed evidenzia alcune storie esemplari di umiliazione e sfruttamento.
[da www.rainews24.it]