Troppi fuoricorso, pochi prodotti scientifici conferiti, fondi risicati. Il candidato alla carica di rettore dell'Università di Catania Enrico Iachello è chiaro: è necessario imporre una nuova direzione «se vogliamo continuare a vivere di questo lavoro». Produrre di più (e far governare solo i migliori) e seguire maggiormente gli studenti sono le chiavi per accedere all'unico fondo ministeriale in crescita, quello premiale. E sul magnifico uscente mantiene un giudizio positivo, ma precisa: «Quando si dice che sono un fedelissimo di Recca, non è vero niente»
Magnifici candidati: Enrico Iachello Autocritica e fermezza: «Bisogna cambiare»
«Per presentarmi rettore e preparare un programma, devo conoscere bene l’argomento. Sennò che studioso sono?». L’approccio scelto da Enrico Iachello – ex preside dell’ex facoltà di Lettere e filosofia e candidato alla carica di rettore dell’Università di Catania – è quello del primo della classe che non esita a bacchettare i concorrenti durante le assemblee pubbliche quando le proposte si staccano a suo dire dal concreto. «La crisi attuale non è una finzione, è un dramma vero. Il Paese ne esce se l’università dà un contributo, e la stessa università ne può uscire in maniera positiva se riesce a dare questo contributo», spiega. «Deve essere una risorsa per il territorio».
Per innescare il processo, bisogna «puntare tutto sulla nostra qualità». «Dobbiamo alzare il livello della didattica e della ricerca cercando di legare sempre più con i bisogni del territorio», afferma. Ma bisogna fare i conti con fondi in diminuzione in una regione tra le più povere del Paese. «Siamo ancora un’Università solida, ma ci sono atenei che non riescono a pagare gli stipendi». E aumentare le tasse agli studenti «non è proponibile». La soluzione è una e la fornisce lo stesso Miur: «C’è una quota di finanziamento ministeriale che aumenta, il fondo premiale». Una somma, spiega il docente, destinata ad arrivare al 30 per cento del finanziamento destinato alle università. «L’unica possibilità è riuscire ad attingere a questo fondo». Ma, come suggerisce il nome, il fondo premiale si basa su classifiche che al momento non vedono l’Ateneo catanese brillare. «Siamo messi male», riconosce Iachello. Anche perché uno dei parametri che compongono la classifica è determinato dai fuoricorso e Catania è terz’ultima in classifica nazionale per numero di studenti non in regola con la carriera.
Secondo i dati del dicembre 2012 i fuoricorso sono il 45 per cento. «Non è che tutti gli scemi si iscrivono a Catania – sbotta il candidato – Ci dobbiamo assumere le nostre responsabilità. Non ci siamo impegnati nella didattica». E’ dunque fondamentale chiamare gli studenti più indietro e stabilire un percorso personalizzato, senza regalare o facilitare. Non fa sconti a sé stesso e al suo stesso dipartimento – che nell’Ateneo è quello con la più alta percentuale – ma secondo Enrico Iachello non ci sono vie di mezzo: «Se vogliamo continuare a vivere di questo lavoro, dobbiamo cambiare», dedicando più ore agli studenti.
Ma i problemi degli studenti non si fermano al percorso di studi. Le soluzioni – oltre a un potenziamento del Centro di orientamento e formazione, il Cof – vanno trovate attraverso una collaborazione stretta con Ersu e Comune, quest’ultimo da coinvolgere per il problema degli affitti. «Possiamo istituire un servizio che segua lo studente alla ricerca dell’alloggio».
Altra voce importante per accedere al fondo premiale è la ricerca: «Anche lì siamo messi male», spiega. «Dobbiamo migliorare la nostra qualità di ricerca, la nostra produttività scientifica». Tra le note negative, il conferimento dei prodotti scientifici all’Anvur, l’Agenzia di valutazione nazionale. La media dei prodotti non conferiti è del sei per cento, quella catanese è dell’otto. Dati che – con i fondi destinati al settore ridotti per l’anno in corso a 700mila euro – non fanno ben sperare per il futuro dell’Ateneo.
Dato che fondi per incentivi economici non ce ne sono, l’ex preside lancia una proposta: «Stabiliamo che i posti di governo, tutte le cariche dell’Ateneo, possano ricoprirle solo quelli che occupano i primi due quartili delle graduatorie di produttività scientifica». Una meritocrazia che Iachello riassume così: «Il governo assegniamolo a chi produce di più scientificamente».
Meritocrazia e governo dell’Università
Proprio il governo dell’Ateneo è il settore che ha subito maggiori cambiamenti – e critiche – nell’ultimo anno. Con la riforma universitaria, i docenti possono occuparsi solo di didattica e ricerca, «la legge ha stabilito la separazione totale tra amministrazioni e gestione». Questa «riorganizzazione verticale» ha provocato all’inizio un disastro nella percezione psicologica dei docenti. Non usa mezze misure Iachello che ha parlato dell’argomento anche con il direttore amministrativo, Lucio Maggio, «che tutti additano come il grande responsabile del disastro». Eppure, secondo il candidato, il processo ha da subito portato buoni frutti per le casse di palazzo Centrale: «Spendevamo come manutenzione degli edifici d’ateneo otto milioni di euro. Nel giro di un anno abbiamo risparmiato sei milioni e ne spendiamo due». La riorganizzazione, però, dovrà proseguire: «Abbiamo un numero eccessivo di dipartimenti, vanno razionalizzati», spiega prendendo come modello ideale quello di Scienze umanistiche nel quale è inserito.
Al sistema così com’è stato strutturato si potrebbe aggiungere una segreteria di coordinamento che si faccia carico dei problemi organizzativi snellendo il processo, propone il prof. Iachello. Altro problema è la rivoluzione nei laboratori scientifici portata avanti soprattutto dopo il caso Farmacia. I problemi di sicurezza – se ci sono le risorse – vanno esternalizzati, sostiene il candidato. Qualche fondo può essere recuperato visto il trasferimento sul bilancio regionale degli stipendi del personale amministrativo del Policlinico. Un risparmio stimato in circa dieci milioni di euro che dovrà fare i conti con alcune vertenze in corso che mettono in pericolo lo spostamento.
La riorganizzazione dell’Università di Catania
Strettamente legata alle questioni della governance è la discussione sullo statuto, «un punto delicato sul quale, come accade spesso, ci siamo divisi». Enrico Iachello, come ha più volte ribadito negli incontri pubblici, sulla questione è chiaro: con questo Senato accademico e con questo Cda non si possono ridefinire le norme in corso. «La questione si potrebbe riaprire a ridosso della scadenza di questi organi», concede, ma farlo ora porterebbe alla «paralisi». Solo a partire dal 2016, quando scadranno gli organi da poco eletti, si potrebbe pensare a qualche riforma. Una potrebbe riguardare la composizione dei membri esterni. «Sarei disponibile a valutare, da rettore, la composizione di questi tre scegliendoli tra un un rappresentante imprenditoriale del territorio, un rappresentante del mondo sindacale e uno delle istituzioni. Dalla prefettura, ad esempio». Lo scopo è «legare l’Ateneo al territorio».
Smentendo quanti sostengono la sua vicinanza al rettore uscente, Enrico Iachello afferma con decisione: «Quando si dice che sono un fedelissimo di Recca, non è vero niente». Sul doppio mandato del prof. Antonino Recca, «il mio giudizio è nel complesso positivo: siamo riusciti a mantenere solido il bilancio dell’Ateneo, siamo riusciti per alcuni aspetti a migliorare la nostra posizione nelle graduatorie nazionali e internazionali». Ma non sono mancate le difficoltà, ammette: «L’azione di governo si è un po’ arenata sulla vicenda dello statuto». Quel particolare momento, la discussione a tratti molto intensa, «ci ha fatto ripiegare su noi stessi come governo dell’Ateneo. Lì qualcosa ci è sfuggita di mano – riconosce – e abbiamo rallentato l’azione per quanto riguarda l’organizzazione dei dipartimenti. Sono stati i limiti della nostra amministrazione». Un limite che ha riguardato gli ultimi due anni durante i quali «si è perso slancio».
Il giudizio sul governo del rettore uscente, Antonino Recca
Uno dei temi più spinosi che riguarda il magnifico uscente – per un periodo coordinatore dell’Udc e adesso candidato al Senato con la lista Monti – è quello relativo al suo impegno politico. Enrico Iachello ci tiene a fare una distinzione tra il precedente che riguarda Ferdinando Latteri (eletto nell’ultimo anno del suo mandato alla Camera con il partito dellUlivo), una condizione che adesso la legge non consente. «L’importante – sostiene l’ex preside – è non trascinare l’Ateneo nella politica. Dobbiamo essere gelosi della nostra autonomia e della nostra libertà». Ed è importante evitare di «introdurre logiche politiche nell’Ateneo».
La carica di rettore e la politica
Uno dei temi che sta più a cuore ad Enrico Iachello è il rapporto tra l’Università e il territorio. Quanto fatto da lui è un modello che «tutto l’Ateneo dovrebbe prendere esempio». Aprendo l’ex Monastero dei benedettini – sede dell’ex facoltà di cui è stato preside per due mandati – «sono finiti gli atti di vandalismo, il quartiere ci ha cominciato ad accettare». Inoltre, grazie alla creazione dell’associazione Officine culturali che cura la fruizione dell’ex complesso monastico, è stato possibile creare opportunità di crescita per gli studenti e posti di lavoro. La proposta è «costruire iniziative culturali nella città» che possano riguardare sia il patrimonio culturale (cita come esempio la gestione del castello Ursino) che argomenti come la prevenzione e l’educazione alla salute.
A livello più ampio, nel contesto internazionale, l’Ateneo catanese è ben inserito, ma «deve diventare sempre più capace di costruire progetti che qui abbiano il luogo centrale».
Non è solo uno l’atto che Enrico Iachello vorrebbe firmare per primo nel caso in cui venisse eletto rettore. «Ce ne sono due: vorrei stabilire dei contratti d’Ateneo personalizzati con gli studenti fuoricorso: fare in modo che l’Ateneo con tutti i dipartimenti trovi un modello di percorso personalizzato per consentire ai fuoricorso di conseguire quanto prima la laurea». E poi «portare a compimento la stabilizzazione dei nostri precari». I passi successivi riguardano la riorganizzazione e la razionalizzazione dei dipartimenti, per poi «riaprire subito rapporti stringenti con il territorio».
Il primo atto e il programma dei cento giorni
[Foto di Enrico Iachello]