Giuseppe Costa aveva realizzato la cella in cui venne segregato il figlio, poi sciolto nell'acido, del collaboratore di giustizia Mario Santo. Trascorsi dieci anni dietro le sbarre sarebbe tornato alla vecchia vita. Occupandosi di voti e di un impianto di calcestruzzi
Mafia, torna in prigione il carceriere di Giuseppe Di Matteo Accusa: «Ha ricucito i rapporti con i vertici di Cosa nostra»
I carabinieri del comando provinciale di Trapani e il personale della Direzione investigativa antimafia, in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Palermo, hanno arrestato Giuseppe Costa per associazione a delinquere di tipo mafioso in quanto appartenente a Cosa nostra. Le forze dell’ordine hanno perquisito anche l’abitazione di Costa, in località Purgatorio di Custonaci (Trapani), dove lo stesso aveva realizzato in muratura la cella dove era stato segregato il piccolo Giuseppe Di Matteo, (figlio dodicenne del collaboratore di giustizia Mario Santo), poi ucciso e sciolto nell’acido.
«L’uomo, durante la lunga detenzione – dal 1997 a febbraio 2007 – ha ricevuto il sostegno economico del sodalizio mafioso senza mai collaborare con gli inquirenti – dicono gli investigatori .- Subito dopo la scarcerazione ha rinsaldato le sue relazioni con i vertici dei mandamenti di Trapani e Mazara del Vallo per l’aggiudicazione di appalti, le speculazioni immobiliari, risoluzione di dissidi tra privati, l’attività intimidatoria, il riparto di proventi di denaro ricavati da attività illecite, nonché ha partecipato alla mobilitazione mafiosa per le elezioni regionali dell’autunno del 2017 e assunto il ruolo di controllore e tutore degli interessi di Cosa Nostra su un impianto di calcestruzzi della provincia trapanese».