L'uomo, condannato per mafia nel 1994, è ritenuto inserito nella famiglia mafiosa dei Santapaola-Ercolano. Sigilli a un complesso immobiliare nel territorio di Viagrande e a un garage nel Comune di Aci Castello. A lavoro, su delega della procura etnea, i militari del nucleo investigativo dei carabinieri
Mafia, sequestrato patrimonio di Franco ‘u cavadduzzu Beni per 800mila euro tra terreni e abitazioni di lusso
Beni per 800mila euro sequestrati su delega della procura di Catania. Destinatario del provvedimento emesso dal tribunale misure di prevenzione è Francesco Ferrera, classe 1964, originario di Catania. Le indagini patrimoniali, effettuate dal nucleo investigativo dei carabinieri, hanno portato ai sigilli nei confronti di un complesso immobiliare nel territorio di Viagrande, che Ferrera aveva intestato al figlio Natale, all’epoca dell’acquisto appena 18enne. Nella stessa zona, come comunicato attraverso una nota stampa, c’erano un terreno di mille metri quadrati con piscina interrata.
Nell’elenco dei beni finiti sotto sequestro ci sono anche un vano garage e due appartamenti con rifiniture di pregio, un terreno agricolo e una fabbricato rurale che Ferrera aveva trasformato in una sala da pranzo. I possedimenti dell’uomo, ritenuto dalle forze dell’ordine appartenente alla famiglia mafiosa dei Santapaola-Ercolano, comprendevano anche un posto auto ad Aci Castello, intesto alla moglie, oltre a diversi conti correnti intestati ai familiari.
Il provvedimento nasce in virtù della presunta pericolosità sociale di Ferrera. Già condannato in via definitiva nel 1994 per associazione mafiosa e sequestro di persona. Quattro anni prima era stato considerato colpevoli per reati legati al controllo delle armi. Ex sorvegliato speciale è stato sottoposto all’obbligo di soggiorno della durata di tre anni. L’ultima condanna, 4 anni, a gennaio 2017 nell’ambito del processo scaturito dall’operazione antimafia Fiori bianchi. Anche in questo caso ritenuto colpevole di mafia, Ferrera si è visto riconosciuto il vincolo della continuazione della precedente condanna. Nel corso degli anni sono stati numerosi i collaboratori di giustizia a puntargli contro il dito. Indicandolo come attivo nel traffico di stupefacenti e in diversi riunioni per risolvere questioni legate al mondo delle estorsioni.