Mafia, la nuova cupola retta da estorsioni e azzardo «La Commissione si riunisce per decidere cose gravi»

Sono quattro i filoni di indagine che hanno portato al fermo, stamattina, di 46 persone, tra cui quello che è considerato dagli inquirenti come il nuovo capo della commissione provinciale di Cosa nostra. «Quattro filoni di indagine – come spiega il procuratore capo di Palermo Francesco Lo Voi – che hanno consentito di registrare una serie di incontri, contatti che erano sospetti e che sulla base di qualche dichiarazione di collaboratori di giustizia facevano pensare a una riorganizzazione di Cosa nostra». La svolta, il filo conduttore che ha portato al blitz di oggi, è arrivata grazie a un’intercettazione captata dai carabinieri.

Si trattava della conversazione tra Francesco Colletti, ritenuto il capo mandamento di Villabate e il suo autista Filippo Cusimano. Colletti confermò la partecipazione alla riunione con i più importanti capi dei mandamenti mafiosi della città tra cui ci sarebbe stato anche Settimo Mineo, quello ritenuto dalla magistratura come il nuovo capo della commissione provinciale di Cosa nostra. Il gotha della mafia palermitana si sarebbe riunito in una località segreta per ristabilire le regole interne all’ organizzazione soprattutto dopo la morte di Totò Riina. Venne individuato in proprio in Mineo l’uomo che avrebbe dovuto rimettere in piedi gli affari della mafia favorendo i rapporti tra i diversi mandamento.

Mineo fin dal 1984 ha fatto parte di Cosa nostra, e la sua nomina sarebbe stata approvata da Francesco Colletti, Filippo Bisconti (ritenuto capo mandamento di Belmonte Mezzagno) e Gregorio Di Giovanni (ritenuto capo mandamento di Porta Nuova). L’organigramma di Cosa nostra aveva un timido tentativo di ricostituirsi nel 2008 attorno alla figura di Benedetto Capizzi all’epoca osteggiato da Gaetano Lo Presti reggente del mandamento di Porta Nuova . Dopo un periodo di pax augustea e i colpi inferti dalle diverse operazioni dei carabinieri è arrivato il nuovo tentativo oggi sgominato. «Se la Commissione si riunisce lo fa per decidere cose gravi – sottolinea Lo Voi – e noi dovevamo intervenire rapidamente».

Con l’operazione di oggi sono stati fermati quattro presunti capi mandamento, dieci tra capi famiglia e capi decina, nonché trenta uomini considerati d’onore. Inoltre gli investigatori hanno ricostruito ben ventotto casi di estorsione di cui nove sono state denunciate spontaneamente dai commercianti. «Dalle indagini che stiamo in realtà effettuando a ampio raggio – sottolinea Federico Cafiero De Raho – Procuratore nazionale antimafia – risultano la cogestione di affari tra Cosa nostra e ‘Ndrangheta per quel che riguarda anche droga e rifiuti. Quello che è rilevante in questa operazione è che la Commissione, nel riprendere vecchie regole, individua Mineo e questo significa che ha spostato il baricentro su Palermo mentre prima il centro di tutto era Corleone. Si tratterà di interpretare questa decisione se nasce dal cambiamento delle strategie e si cambia il corso dopo le stragi. E poi il metodo della scelta: viene designato il più anziano e significa che c’è una buona disposizione da parte di tutti. Nessuno si sente miglio degli altri. Ancora si muovono con il metodo delle estorsioni e fra queste anche la testa di un capretto lasciato su un tavolo nella villa di un imprenditore». Metodi arcaici a cui Cosa nostra dimostra di non voler rinunciare.

«I due mandamenti più forti – sottolinea Salvatore De Luca, sostituto procuratore di Palermo – sono Pagliarelli e Porta Nuova. La nuova Cupola provinciale rappresenta un organismo democratico e collegiale e cresce, oltre che con la droga e le estorsioni, anche grazie le scommesse online. Messina Denaro non comanda nella provincia di Palermo e Riina non comandava nel capoluogo ma ne rappresentava un punto di riferimento. Nel 2015 due uomini d’onore del mandamento di Santa Maria di Gesù dissero “Se non muoiono Provenzano e Riina non vedremo luce”». Un dettaglio quest’ultimo che aiuta a comprendere il valore del colpo messo a segno dai carabinieri.

«Noi studiamo Cosa nostra e sono stati contestati una serie di reati – continua De Luca – La mafia è in difficoltà e nonostante ciò manifesta una certa resilienza e si riorganizza ma lo Stato non deve arretrare di un passo».
Durante le indagini è emerso anche la decisione da parte della Commissione di uccidere un ragazzo di 21 anni che probabilmente non sottostava alle regole del territorio. «Questo giovane turbava l’ ordine – racconta ancora il pm – effettuando piccoli furti ed estorsioni a Villabate e la Procura di Palermo il 30 ottobre ha emesso un provvedimento di fermo nei suoi confronti salvandogli la vita».


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