Il blitz di stanotte ha azzerato la famiglia che parrebbe far capo a Giovanni Musso, che in breve tempo avrebbe scalato ogni gerarchia fino a prendere il posto di figure di spicco come Fabio Chiovaro e Aurelio Neri. Un intero quartiere assoggettato dal racket. Cortese: «Ora si respira aria pulita»
Mafia, il ritorno alle origini del nuovo clan della Noce Dalle estorsioni alla festa rionale per famiglie detenuti
L’ombra della vecchia Cosa nostra torna di prepotenza a farsi sentire alla Noce. Da quanto emerso dalle indagini della squadra mobile di Palermo, che ha messo a segno all’alba un’operazione contro il nuovo, si fa per dire, clan del quartiere sono emersi tratteggi e comportamenti tipici adottati storicamente dalla mafia palermitana, a partire dall’organizzazione gerarchica. E a capo di questa piramide ci sarebbe stato Giovanni Musso, già arrestato più volte e noto per avere preso parte alla rapina miliardaria alle poste nel 1995. «All’epoca – dicono gli inquirenti – Musso era ancora giovane, aveva fornito il supporto agli uomini che a quel tempo guidavano il clan: Fabio Chivaro e Aurelio Neri», entrambi in carcere.
Dopo il loro arresto Musso avrebbe scalato in breve tempo la piramide della famiglia della Noce, fino a prendersi il vertice. «Musso – spiega il questore di Palermo Renato Cortese – ha ridato alla famiglia della Noce un’organizzazione speculare a quella storica di Cosa nostra: c’erano i capidecina, i soldati e un capofamiglia che dettava regole che influivano anche sulla vita privata dei propri sodali». Il business è sempre il solito, con una buona fetta degli introiti che puntano sulle estorsioni ai commercianti della zona. Un sistema capillare votato non solo a racimolare denaro, ma anche a mantenere alta la tensione, la paura e quindi il controllo sul quartiere.
«L’apice – dice il capo della Mobile, Rodolfo Ruperti – si è toccato quando sono riusciti a condizionare per intero una festa rionale che avrebbe dovuto essere religiosa, ma che di religioso non aveva proprio niente. A partire dall’appalto per le luminarie fino ad arrivare ai gazebo in cui si vendeva cibo di strada». Secondo quanto emerso dalle indagini, infatti, all’interno degli stand non ci sarebbero stati dei commercianti, ma veri e propri operai del clan, pagati a picciotto, cioè con un piccolo compenso per la serata passata in strada, mentre tutto il ricavato della festa rionale messa su in piazza Noce sarebbe stato devoluto alle famiglie dei detenuti. Una festa con tanto di spettacolo musicale che si è concluso con lo speaker che a fine serata ha ringraziato «il signor Giovanni del terzo piano». Musso, appunto, che avrebbe seguito le operazioni affacciato al balcone. Quella stessa sera un ambulante “non autorizzato” sarebbe stato costretto a rinunciare al suo incasso.
In manette sono finiti anche Giovanni Di Noto e Massimo Bottino, individuati come i più stretti collaboratori di Musso, e pure Cristian Di Bella, a cui è risultato riconducibile il Real Caffè, marchio che pare venisse imposto ai bar della zona. L’azienda è stata posta sotto sequestro. Gli altri arrestati sono Fabio La Vattiata, Salvatore Maddalena, Saverio Matranga, Nicolò e Salvatore Pecoraro e Calogero Cusimano. «Abbiamo ripulito un quartiere da soggetti che dedicavano le proprie giornate all’intimidazione – conclude Cortese – Da oggi alla Noce l’aria è più pulita. Spiace notare come la pressione del racket rimanga invariata rispetto agli anni in cui Cosa nostra era più agguerrita. Oggi però i commercianti non hanno più alibi. Ci sono tantissimi mezzi per denunciare ed essere protetti».