Mafia e voti, l’elezione del 2012 e i presunti scambi «Quello che può dare mi dà. Mi levi dagli imbrogli»

Le elezioni regionali del 28 ottobre 2012 non furono una passeggiata, per Raffaele Pippo Nicotra. Per lui, che portò a casa 5385 preferenze, scattò l’ultimo seggio disponibile nella lista dell’Udc, il terzo, dopo Luca Sammartino (12567 voti) e il defunto Lino Leanza (10858). Secondo i magistrati che hanno costruito l’inchiesta Aquilia, che ieri ha mandato in carcere lo stesso Nicotra e 17 persone considerate affiliate al clan Santapaola-Ercolano, almeno una quota di quel consenso non sarebbe stata acquisita per via del carisma politico, ma in cambio di denaro. Le carte dell’indagine contengono intercettazioni che – a detta della procura – lo dimostrerebbero. Al telefono, o ascoltati dalle cimici degli inquirenti, oltre al re dei supermercati ci sono gli uomini che in quella stagione, a giudizio dei pm, componevano il cerchio magico nicotriano, «Nino Amendolia, Mario Coppa, Francesco Petralia e Biagio Susinni (non indagati, ndr) – si legge – i quali – secondo la procura – erano impegnati in un’attività di compravendita di voti elettorali a favore di Nicotra». 

Il 16 ottobre 2012, 12 giorni prima del voto, i microfoni dei magistrati captano una conversazione tra Amendolia, uomo forte di Riposto, già deputato regionale e assessore provinciale, Susinni e un ex consigliere comunale catenoto. «Una pezza in mano non ce l’abbiamo – dice Amendolia – dimmi come devo cercare i voti io? Spiegamelo tu! Io per cercare i voti sono un “maestro”! Quando io parto alla pari e mi cerco i voti. Ma quando tu parti con la valigia… io che ci metto?» Il consigliere comunale abbozza. «Almeno la spesa, almeno una cosa…». Una richiesta che, a detta degli investigatori, viene poi fatta pervenire a Nicotra dall’ex candidato sindaco Petralia, il 25 ottobre 2012. «Ho Nino Amendolia che mi chiama fino a mezzanotte e la mattina alle otto che c’è l’assalto a casa sua, ci sono novità?». E ancora: «Vedi se… se… anche qualcosina… qualcosina, perché ci vanno a casa, dice (Amendolia, ndr). Ora… sino a questo momento mi hanno chiamato!» Nicotra taglia corto. «Ora ci penso io», chiosa. 

Ma la presenza più inquietante nell’entourage nicotriano, dicono i magistrati, sarebbe quella di Alfio Brancato, presunto affiliato del gruppo di Aci Catena del clan Santapaola. Il 25 settembre 2012 Brancato, in casa sua, chiede a due uomini come stiano andando le affissioni dei manifesti elettorali di Nicotra nel quartiere di Picanello. «E perché là non ce ne hanno messi?», chiede. Uno dei due dirimpettai spiega: «Non ce n’è nemmeno uno, ci siamo informati lì, sono messi tutti là di fronte. Lo sai a chi ci hanno messo? Ce li hanno messi di quelli grossi qui. Sul muro quelli nostri solo, glieli hanno appesi un pugno». Poco dopo Brancato lamenta il fatto che i manifesti «nostri» erano stati coperti da quelli recanti il faccione di Beppe Grillo. «‘Mpari, appiccicateli bene queste cose». Il 29 ottobre 2012, in pieno spoglio, Brancato valuta con un uomo gli esiti che stanno emergendo, soprattutto la performance di Nicotra al quartiere popolare di Aci Catena chiamato Locu. «Alla (sezione, ndr) 13 – enumera l’interlocutore – ne ha presi 80, alla 11 ne ha presi 88, alla 16 52 e alla 14 80… Ora c’è la 20 dove ho votato io, erano 70 ma ce n’erano». Poi i due commentano i dati in arrivo dalle urne di Giarre. L’interlocutore illustra numeri che però sono incomprensibili all’ascolto. «E non è buono?», chiede Brancato. «Buono? – risponde l’amico ironicamente – A Giarre! Giarre è la fortezza! Giarre, Mascali, Fiumefreddo, dovrebbe prendere bei voti lui». 

Nelle stesse ore, Nicotra sente Amendolia. Il tono è nervoso. L’imprenditore è scontento per i numeri che arrivano da Mazzarrone. E se la prende con un infermiere a cui si sarebbe rivolto ad Amendolia per racimolare consenso. «Minchia, ma a Mazzarrone abbiamo preso un voto?». Amendolia è seccato almeno quanto lui. «Non me ne parlare, non me ne parlare», replica. Qui, secondo i magistrati, Nicotra arriverebbe a minacciare «possibili ritorsioni». «Questo infermiere, cioè, ma veramente stiamo scherzando? Non sono uno che si fa “prendere per il culo” in questo modo, ah? Ninuzzo». Poco dopo rincara la dose. «Poi te lo dico io, poi te lo dico io, anche se non faccio il deputato!». 

Alla fine, però, il seggio Ars scatta, per il rotto della cuffia. A questo punto – nello schema tratteggiato dalla procura – si porrebbe il problema di pagare le cambiali elettorali. Il 31 ottobre una donna cerca l’imprenditore al telefono. «Io avevo promesso ad alcune persone… a livello che gli portavo quattro biscotti dei morti? Adesso come sono combinata?». Nicotra risponde: «No, non lo so, non so qual è la questione, me lo sta dicendo al telefono, ora vediamo. Avvicini e vediamo di cosa si tratta». Il 7 novembre Nicotra sente un uomo che gli chiede una somma precisa «per ricompensare alcune persone. «Mancavano 1400 euro», esordisce. «So che dovevano darti altri 500… va bene? …dai!», ribatte l’ex deputato.

Un altro di questi presunti questuanti parla di ragazzi che vanno accontentati prima di Natale. «Onorevole – dice l’uomo – mi levi da questi imbrogli, la prego, perché non li sopporto più! Quelli che mi può dare mi dà, risolviamo la faccenda!». L’ex parlamentare è deferente. «Maestro, un paio di giorni, quanto mi faccio rimarginare le ferite della campagna elettorale, dopodiché penso anche a lei». L’interlocutore fa due conti. «Allora che faccio, la chiamo a fine mese. Onorevole, io non la voglio disturbare, così prima, durante queste feste sistemo questi ragazzi. Glieli do, gli dico “prendetevi questi che poi l’onorevole me li fa… ce li fa recuperare“. Veda come può fare – insiste – altrimenti mi tocca farli io, ma non ne ho, me li dovrei far prestare. La chiamo a fine mese, onorevole». 

C’è poi un uomo che rende dichiarazioni spontanee ai carabinieri, il 22 febbraio 2013. Durante l’interrogatorio spiega di essere stato indotto da Nicotra e Susinni a licenziarsi dal suo lavoro, un impiego all’Oda. In cambio, avrebbe ottenuto un posto in un centro commerciale che Nicotra avrebbe aperto a Riposto. Ma il centro commerciale non apre. «Mi veniva proposto – spiega l’ex consigliere comunale giarrese – un lavoro presso un centro commerciale di Riposto che avrebbe aperto da lì a poco, sempre dal Nicotra, e in alternativa in uno dei punti vendita già esistenti nel Giarrese. Per portare a compimento la nuova assunzione mi dissero che dovevo dimettermi dall’Oda e che poi avrebbero provveduto all’ingaggio. Ancora oggi aspetto che venga assunto». L’uomo ammette di aver sostenuto e fatto sostenere Nicotra alle regionali del 2012. Ma assicura di non aver preso in cambio denaro. 

L’ex consigliere, infine, racconta un aneddoto che – se confermato – sarebbe raggelante. «Il 22 febbraio 2012 ricordo di essere stato convocato da voi (ovvero i carabinieri, ndr), nei vostri uffici. Devo aggiungere, a questo punto, che quella sera, quando mi stavo approssimando ad entrare in questa caserma, proprio davanti all’ingresso, incontrai Biagio Susinni. Mi stava aspettando. Mi fermò e mi disse di stare attento alle dichiarazioni che avrei reso di lì a poco». il racconto prosegue. «Aggiunse che avrei dovuto stare attento soprattutto a quello che dichiaravo sul conto di Nicotra, perché altrimenti non avrei avuto l’aiuto economico che lo stesso Susinni mi aveva promesso e avrei dovuto temere per la mia incolumità, precisandolo con la seguente affermazione: “Non solo non avrai più aiuti, ma ti devi guardare anche le ruote“. E su Nicotra aggiunse ancora: “Ricordati che è sempre di Aci Catena“». All’uscita dalla caserma, l’ex sindaco di Mascali sarebbe stato ancora lì fuori. «Egli rimase contento, in quanto non feci alcuna dichiarazione accusatoria nei confronti di Nicotra, mi diede cento euro perché ero senza soldi e si impegnò a pagarmi anche una mia bolletta della corrente elettrica». 

«Compravendita di voti? Mai, assolutamente. In quella campagna elettorale – replica a MeridioNews l’ex deputato Amendolia – l’accordo tra me e Nicotra era che, una volta che lui sarebbe stato eletto, io sarei diventato il capo della sua segreteria politica a Catania. Struttura che non aprì mai, e per questo finimmo per rompere». E le frasi in cui sembra parlare di denaro da investire in campagna elettorale? «Non mi riferivo ai soldi – dichiara – ma all’atteggiamento di Nicotra durante l’avvicinamento al voto. Io magari gli organizzavo incontri con 20 o 30 persone e lui nemmeno si faceva vedere. Non parlavo di denaro – ribadisce Amendolia – ma della presenza di Nicotra, la sua presenza fisica a certi eventi». La redazione ha provato ad avere, senza successo, una replica anche dall’ex sindaco di Mascali Susinni.


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