«Questo è chiaramente linguaggio mafioso». Renato Panvino, capo centro della Direzione investigativa antimafia di Catania, non ha dubbi. L'arredamento delle abitazioni che il tribunale ha sequestrato ad Andrea, Daniele e Salvatore Nizza sarebbe stata una «ostentazione di potere». Come nel set della nota serie tv. Guarda il video
Mafia, dentro San Cristoforo case come Gomorra Quattro milioni di euro sequestrati ai fratelli Nizza
Un camino artificiale sempre acceso, statue dipinte d’oro, televisori incorniciati, soggiorni con colonne di marmo e poltrone di broccato. Sulle quali, come su un trono, vengono fotografati i componenti della famiglia Nizza. La casa di via Genovesi si notava già da un paio di traverse di distanza, a San Cristoforo: cioè da quella via Toledo chiusa al traffico per la troppa spazzatura. L’affaccio della palazzina sequestrata oggi dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale di Catania è su via Moncada e sui ruderi di quello che un tempo era un plesso della scuola Livio Tempesta e che adesso non è che un’area abbandonata al degrado. Accanto a tutto questo c’era un’abitazione che, per gli inquirenti, è riconducibile ai fratelli Andrea, Daniele e Salvatore Nizza. Pluripregiudicati, accusati di essere affiliati alla famiglia Santapaola-Ercolano. «Quelle case sembravano il set di Gomorra – dice Renato Panvino, capo centro della Direzione investigativa antimafia di Catania – Queste persone ostentano il proprio potere così, anche nell’arredamento casalingo. Questo è chiaramente linguaggio mafioso».
In totale sono stati sequestrati
14 appartamenti ristrutturati nel quartiere di San Cristoforo (in via Stella Polare, oltre che in via Genovesi), una villa a due piani con piscina nella zona di Bicocca, automobili, motorini e una società che si occupa di vendita di auto, anche questa con sede a San Cristoforo. Un patrimonio di quattro milioni di euro intestato a quelli che gli investigatori ritengono essere prestanome dei tre fratelli. A indicare la strada da battere è stato anche Fabrizio Nizza, il quarto della famiglia, che da quando è diventato collaboratore di giustizia ha dato più di un input alla magistratura: centinaia di arresti e sequestri di armi e droga, oltre che quel dito puntato anche sul fratello Andrea.
Le indagini hanno riguardato gli ultimi dieci anni e avrebbero ricostruito il patrimonio dei Nizza, mettendo l’accento sulla sproporzione tra i redditi dichiarati e il tenore di vita. «Beni – si legge in una nota – che evidentemente sono stati acquistati con somme dell’associazione mafiosa e del provento della gestione delle piazze di spaccio». In quegli appartamenti lussuosamente ristrutturati, si sarebbero tenuti anche appuntamenti con vari referenti della criminalità organizzata etnea. Un’inchiesta dopo l’altra, gli inquirenti hanno ricostruito una fitta rete di traffico di droga. Il monopolio, nel capoluogo etneo, sarebbe stato in mano ai fratelli Nizza, che avrebbero mantenuto contatti direttamente con l’Albania, tentando di affrancarsi dalla mediazione della ‘ndrangheta, necessaria per l’approvvigionamento di sostanze stupefacenti dai Balcani.
Tra i fratelli, quello che più spesso ha attirato l’attenzione è Andrea Nizza:
31 anni compiuti ad aprile, considerato dagli inquirenti il capo della famiglia Santapaola-Ercolano a Catania, aveva fatto perdere le sue tracce alla fine del 2014. Quando il tribunale etneo lo aveva condannato a sei anni e otto mesi, nell’ambito del processo scaturito dall’operazione Fiori bianchi. Da quel giorno Nizza era diventato introvabile. Un «leone» ammirato dai suoi anche perché è stato difficile trovarlo, grazie anche a una fitta rete di fiancheggiatori. Il ministero dell’Interno lo aveva inserito nella lista dei cento latitanti più pericolosi. Dall’alba del 15 gennaio 2017, però, è in carcere anche lui. Salvatore era finito in manette durante l’operazione Polaris di novembre 2016, mentre Daniele è stato arrestato nell’ambito dell’inchiesta Stella polare del 2012.