L'imprenditore di Capizzi, nel Messinese, è ritenuto vicino al capomafia di Mistretta Sebastiano Rampulla. Accusa ridotta in passato dal figlio Mario - condannato in primo grado nel processo Iblis - a quella di mera conoscenza, «perché cresciuti nello stesso territorio». Ma gli inquirenti stamattina hanno messo i sigilli a parte del patrimonio di famiglia. Guarda le foto e il video
Mafia, confiscati beni a Giuseppe Scinardo La Dia blocca società, immobili e terreni
Beni e fondi per 50 milioni di euro sono stati confiscati dopo tre anni di indagini dalla Direzione investigativa antimafia a Giuseppe Scinardo, imprenditore ritenuto vicino al defunto capomafia di Mistretta Sebastiano Rampulla. Il patrimonio bloccato comprende società, immobili, distese di terreno. La famiglia Scinardo, originaria di Capizzi, nel Messinese, non è nuova a provvedimenti di questo genere. Al figlio di Giuseppe, Mario, ad aprile gli uomini della Dia aveva confiscato in via definitiva 200 milioni di euro e il suo nome figura tra i condannati in primo grado nel processo Iblis.
Il nome della famiglia è stato accostato anche a Vito Nicastri – il cosiddetto signore del vento di Trapani, ritenuto dagli investigatori vicino al latitante Matteo Messina Denaro – e al boss etneo Angelo Santapaola. La vicinanza tra gli Scinardo e i Rampulla è stata definito dagli imprenditori come quella stabilita tra «conoscenti da generazioni perché cresciuti nello stesso territorio». Ma, secondo gli inquirenti, Giuseppe Scinardo avrebbe avuto «stretti legami» con i fratelli Sebastiano, Maria e Pietro Rampulla. Quest’ultimo definitivamente condannato all’ergastolo «poiché ritenuto l’artificiere della strage di Capaci». Rampulla, infatti, confezionò l’ordigno che ha ucciso nel 1993 il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo.
I rapporti tra gli Scinardo e i Rampulla si sarebbero stretti ulteriormente alla fine degli anni ’90, quando il latitante Tommaso Somma (cognato di Pietro Rampulla) sarebbe stato ospitato in un fondo rurale appartenente alla famiglia di imprenditori a Mineo, nel Catanese. Giuseppe Scinardo, inoltre, avrebbe coperto un altro latitante, l’allora reggente della famiglia catanese di Cosa nostra Umberto Di Fazio diventato poi collaboratore di giustizia. Un ruolo importante, secondo le forze dell’ordine, confermato dai racconti dello stesso Di Fazio e del pentito Giuseppe Mirabile.
La Dia ha posto i sigilli a proprietà della moglie di Giuseppe Scinardo, Annina Briga, e della loro figlia Carmela. Sequestrate tre aziende agricole, oltre 300 terreni da oltre 700 ettari complessivi nei Comuni di Militello Val di Catania, Mineo, Vizzini e Capizzi, 33 fabbricati e sei veicoli.