Sequestro e contestuale confisca per una delle più grandi aziende di trasporti del Sud Italia: dopo le indagini della Direzione investigativa antimafia etnea l'impresa riconducibile allo storico braccio destro di Nitto Santapaola è da oggi sotto amministrazione giudiziaria. Il provvedimento arriva dopo la sentenza di primo grado, a Roma, per la partecipazione nella gestione criminale con i clan dei Casalesi del mercato ortofrutticolo di Fondi, ma «importanti elementi sono emersi grazie all'operazione Iblis», sottolinea il procuratore etneo Giovanni Salvi. Guarda il video
Mafia, confiscata la Geotrans di Ercolano Dia: «Un patrimonio da oltre dieci milioni»
Una delle più grandi aziende di trasporti del Sud Italia, la Geotrans srl, è stata sequestrata dopo due anni di indagini patrimoniali condotte dalla direzione investigativa antimafia di Catania. Un fatturato di oltre cinque milioni di euro, 120 mezzi e trenta dipendenti: sono questi i numeri dell’azienda, riconducibile a Giuseppe Ercolano, detto Pippo. Morto due anni fa, era cugino, cognato e storico braccio destro del boss di Cosa nostra Nitto Santapaola. L’azienda, a cui fanno capo un gruppo di imprese dal valore stimato di oltre dieci milioni di euro, era formalmente intestata ai figli Vincenzo e Cosima Palma Ercolano. Tra le aziende facenti capo a Pippo Ercolano figurano anche la Avimec, azienda di trasporto su gomma già sequestrata, e la Geotrans logistica frost, posseduta al 99 per cento dalla Geotrans srl. L’azienda si occupa, con uno stabilimento particolarmente allavanguardia, di deposito di surgelati per la Sicilia orientale.
«Tutto ha avuto inizio dalle indagini sul mercato ortofrutticolo di Fondi, controllato dai clan dei Casalesi e dei Mallardo di Giuliano – spiega Renato Panvino, da pochi giorni a capo della Dia Centro di Catania – In quel contesto è stata individuata una collaborazione della Geotrans per il trasporto dell’ortofrutta al Sud Italia, operato in maniera monopolistica grazie alla forza intimidatorie del cognome Ercolano». «C’è da sottolineare come siano stati operati insieme il sequestro e la confisca dei beni – precisa il procuratore etneo Giovanni Salvi – con la forza di una sentenza di primo grado a Roma». A riguardo dell’esito processuale, il procuratore precisa la situazione di Vincenzo Ercolano, imputato nel procedimento: «Nei suoi riguardi non è stata emessa nessuna misura personale perché non si è ritenuto ci fossero i presupposti – continua Salvi – Ma è stato comunque disposto il sequestro della ditta applicando al padre, anche se già deceduto, la normativa che permette il sequestro di soggetto pericoloso, utilizzando elementi emersi durante l’indagine etnea Iblis».
«Nel corso dell’indagine Iblis – spiega il colonnello del Reparto operativo speciale dei Carabinieri di Catania Lucio Arcidiacono – Giuseppe Ercolano è stato intercettato e fotografato mentre incontrava esponenti di rilievo della criminalità organizzata, riguardo alla costruzione del centro commerciale La Tenutella, oggi Centro Sicilia, dov’erano impegnati anche i mezzi Geotrans». Un lavoro che avrebbe comportato non pochi dissidi all’interno di Cosa nostra etnea, spingendo Ercolano a trattare con il presunto rappresentante provinciale Vincenzo Aiello. L’indagine ha avuto origine anche dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Santo La Causa, reggente della famiglia di Cosa Nostra catanese dal 2007 al 2009, di Gaetano D’Aquino, esponente del clan contrapposto Cappello, e di Carmelo Barbieri, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Caltanissetta.
«Si sta tentando di far rientrare l’azienda nella gestione imprenditoriale statale, in modo tale da salvaguardare la situazione occupazionale», conclude Renato Panvino. Sulla vicenda arriva anche il commento di Claudio Fava, deputato di Sel e vicepresidente della Commissione Antimafia. «Il sequestro segna un rilevante cambio di passo rispetto a una famiglia mafiosa, e a un patrimonio, che negli anni passati avevano ricevuto trattamenti benevolenti da parte di alcuni uffici giudiziari e di importanti ambienti imprenditoriali della città», commenta Fava. Che, sottolineando la «scelta di rigore e di puntiglio istituzionale che va a merito della Dia, della Procura della Repubblica e della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Catania», auspica la restituzione della della societa’ e «all’economia legale garantendo la rigorosa tutela dei livelli occupazionali», conclude. Le operazioni di confisca da parte dell’ufficiale giudiziario del Tribunale di Catania, coadiuvato dagli agenti della Dia e dei carabinieri del Ros, sono tuttora in corso.
[Foto di Geotrans srl]