La procura ha presentato le proposte di pena per gli otto imputati che hanno scelto il rito abbreviato. Tra loro anche Vincenzo Romeo, parente della famiglia mafiosa che ha la propria base a Catania
Mafia, chieste condanne per i Santapaola a Messina Il business tra medicinali, gioco d’azzardo e alloggi
Arrivano le richieste di condanna per gli otto imputati del processo Beta 2 che hanno scelto il rito abbreviato. Le pene proposte dall’accusa vanno dai due ai dieci anni di reclusione nel processo nato dalla nuova inchiesta sugli affari mafiosi a Messina, ma anche in Italia, del gruppo Romeo-Santapaola. Le richieste dei sostituti della Dda Liliana Todaro e Fabrizio Monaco dovranno adesso essere vagliate dal gup Monica Marino.
Nel dettaglio ecco le condanne chieste dai due pm: 10 anni di reclusione per Giuseppe La Scala e i due fratelli Antonio e Salvatore Lipari, 12 anni per Maurizio Romeo, 2 anni per Salvatore Parlato e N. L. (nome aggiornato con le sole iniziali perché successivamente assolto, ndr), 8 mesi per il pentito Biagio Grasso, e infine 2 anni per Vincenzo Romeo. Tra i reati contestati a vario titolo ci sono l’associazione mafiosa, il traffico di influenze illecite, l’estorsione, la turbata libertà degli incanti, il tutto aggravato dal metodo mafioso, poiché commessi per agevolare l’attività del gruppo mafioso Romeo-Santapaola.
Al centro degli affari della consorteria ci sarebbe stata la distribuzione dei farmaci in Sicilia e Calabria e l’imposizione, sfruttando la capacità di intimidazione del sodalizio, dell’acquisto di medicinali da parte delle farmacie dislocate sul territorio di Messina. Sarebbero state commesse azioni punitive con l’uso delle armi e della violenza e danneggiamenti nei confronti di esponenti di clan cittadini rivali. Il gruppo avrebbe anche gestito il settore dei giochi e delle scommesse illegali, ma si sarebbe anche inserito in un progetto contro la ludopatia.
I Santapaola-Romeo si sarebbero inseriti anche nell’affare degli alloggi da destinare ai residenti delle baracche. In particolare sono accusati di una turbativa d’asta, risalente al 2014, commessa da un dipendente dell’ufficio urbanistica del comune di Messina, che avrebbe alterato la gara indetta dal Comune per l’acquisto sul libero mercato di alloggi da assegnare in affitto agli abitanti delle 95 baracche di Fondo Fucile.