Sono 14 gli arresti per la sparatoria di Librino, alla periferia di Catania, avvenuta lo scorso 8 agosto. A fronteggiarsi erano stati due gruppi criminali, Cursoti e Cappello, che si erano sfidati sulla rampa di viale Grimaldi a colpi di kalashnikov e pistole, lasciando sul selciato due morti – Luciano D’Alessandro, di 43 anni, ed Enzo Scalia, di 29 anni -, sei feriti e centinaia di bossoli. Il blitz dei carabinieri del comando provinciale è scattato all’alba. Lo scontro a fuoco sarebbe avvenuto al culmine di tensioni tra le due bande per questioni legate principalmente alla vendita della droga tra il centro storico e la periferia di Catania, ma anche per dei rancori personali legati al corteggiamento di una donna.
Prima dello scontro a fuoco esponenti dei Cursoti avevano litigato furiosamente con affiliati del clan dei Cappello. Al centro,
come già ampiamente raccontato da MeridioNews, la figura dell’imprenditore Gaetano Nobile, nipote dei fratelli Sebastiano Nuccio e Aurelio Balbo, storici esponenti del clan Cappello. Il faccia a faccia avvenne in via Armando Diaz, zona in cui Nobile all’epoca gestiva un mini-market e un bar. Dalle parole presto si passò alle mani con un vero e proprio pestaggio. Nel mirino oltre a Nobile finisce Luciano D’Alessandro e Filippo Bertucci. A guidare la spedizione sarebbe stato il boss dei Cursoti Carmelo Di Stefano. Subito dopo i fatti Nobile avrebbe cercato un incontro chiarificatore e per questo avrebbe coinvolto diversi esponenti del clan degli zii.
L’indagine dei carabinieri del comando provinciale, coordinata dal colonnello Piercarmine Sica, ha permesso di ricostruire gli accadimenti e di definire le responsabilità personali in ordine ai fatti di sangue. La sera dello scontro a fuoco,
come già emerso nell’indagine Minecraft, gli affiliati al clan Cappello si presentarono all’appuntamento a bordo di 13 mezzi a due ruote per un totale di 26 persone. Un piccolo esercito di cui avrebbero fatto parte anche Massimiliano Cappello, fratello del boss ergastolano Salvatore, e Salvatore Lombardo junior, considerato l’erede del padre Giuseppe Salvatore, noto nell’ambiente mafioso con l’appellativo di Salvuccio ‘u ciuraru.
«Quella sera un gruppo di persone, tra semplici affiliati ed esponenti di vertici dei clan, si sfidarono in strada in un quartiere popoloso – spiega
Simone Musella, comandante del nucleo investigativo dei carabinieri di Catania, durante la rassegna stampa su Radio Fantastica – Rmb – Siamo arrivati ai responsabili grazie a intercettazioni, esame delle riprese dei sistemi di video sorveglianza e racconti di alcuni partecipanti». Uno di loro è Martino Sanfilippo, finito in carcere dopo i fatti, insieme ad altre quattro persone, e poi autoaccusatosi di avere preso parte alla sparatoria. Sanfilippo, ex appartenente ai Cursoti, è entrato nel programma di protezione come collaboratore di giustizia. Lo stesso ha raccontato agli inquirenti di avere accompagnato il boss Di Stefano nei pressi del bar di Nobile il giorno prima del duplice omicidio.
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