L'annuncio è imminente e potrebbe arrivare già domani. Sullo sfondo ci sono mesi di frizioni e una compattezza che ormai era difficile difendere. Davanti, invece, due anni e mezzo in cui la geografia politica dell'Ars potrebbe registrare ulteriori sorprese
M5s, scissionisti pronti a ufficializzare il nuovo gruppo I termini del divorzio tra restituzioni e posizionamento
«L’onda di Grillo ha invaso la Sicilia. All’Ars un gruppo di cittadini renderà tutto trasparente». Nonostante sia passata una vita o giù di lì, nei prossimi giorni sarà difficile per chiunque non soffermarsi sulle parole che, il 28 ottobre 2012, diedero forma all’entusiasmo che accompagnò lo spoglio dei voti delle Regionali. La notte in cui Rosario Crocetta diventò presidente, il Movimento 5 stelle entrò nella politica siciliana dalla porta principale: primo partito nell’isola e davanti una storia tutta da scrivere. Con l’energia dei giovani e – fattore ancora più importante – non avendo nulla in comune con chi quei palazzi palermitani li aveva fin a quel momento frequentati. A esserne convinti erano tutti, eletti e simpatizzanti. Quasi tremila giorni dopo, però, quella esperienza è arrivata al capolinea. A breve, forse già domani, la scissione all’interno del gruppo pentastellato all’Ars sarà ufficializzata.
E se l’ipotesi era già nell’aria, farà comunque impressione. Un nome nuovo, un logo in cui chissà se troveranno posto le stelle, ma soprattutto una somma di posizioni e idee che, per forza di cose, segnerà la rottura con il M5s. O meglio, con ciò che è diventato a detta di Angela Foti, Valentina Palmeri, Matteo Mangiacavallo, Sergio Tancredi ed Elena Pagana. Saranno loro a compiere il passo verso l’uscita, tirandosi dietro la porta. E, considerato il recente andazzo, anche una scia di veleni che da tempo ha scalfito l’idea di un movimento compatto contro il resto del mondo. D’altra parte, in questa legislatura e mezzo, di acqua sotto i ponti ne è passata. Portando gioie e soddisfazioni (per alcuni anche personali), ma anche, come in ogni storia, incomprensioni e invidie.
In attesa di annotare le dichiarazioni ufficiali e le repliche dei 15 che rimarranno, si può ragionare sui termini del divorzio. Su cosa verrà portato via di casa e ciò che sarà conteso. Se sul copyright grillino la partita è chiusa, la questione resta aperta per quanto riguarda i contenuti politici che animeranno la nuova geografia dell’Ars. Foti e colleghi si presenteranno in aula come forza d’opposizione responsabile, svincolata una volta per tutte dal peso di essere a priori contro, ma al contempo attenta a non cedere a eventuali tecniche di seduzione da parte della maggioranza. Interessata di certo a rafforzare i numeri ma anche, perché no, a dimostrare che la verginità non è dote da rivendicare per chi fa politica. La via di mezzo per i cinque deputati potrebbe essere nel ritagliarsi uno raggio di manovra utile a incidere nelle riforme, più di quanto finora non si sia ottenuto.
Tra i nodi che bisognerà sciogliere, pena si finisca a tirarsi i capelli, c’è quello economico. Nello specifico la questione delle restituzioni delle indennità. Dogma grillino che già a Tancredi – anche se i bene informati ripetono che in realtà si è trattato soltanto di un pretesto – è costata l’espulsione, ma che vede in posizione delicata soprattutto Elena Pagana e Angela Foti. La deputata ennese, che in questi anni ha dovuto difendere la propria fedeltà alla causa da allusioni che affondavano nel proprio privato, non restituisce la somma pattuita da febbraio dell’anno scorso. Per la collega acese, alla quale non è mai stato perdonato l’essere stata eletta vicepresidente dell’Ars con i voti di Miccichè e soci, l’ultimo bonifico risale a luglio scorso. Per tutti loro – compresi Mangiacavallo e Palmeri, fermi a febbraio di quest’anno – si presenterà la scelta tra saldare il conto prima di andare o tenere per sé le somme che la legge stabilisce spettino ai parlamentari. Con tutto ciò che, specialmente in quest’ultimo caso, potrebbe scaturirne in termini mediatici.
Per il resto ci sarà soltanto da metterci una pietra sopra. E forse tirare anche un sospiro di sollievo, senza l’imbarazzo che deriva dal non riuscire più a mettere la polvere sotto al tappeto. Quando già da tempo non si riesce più a bere un caffè assieme. E nella consapevolezza che, come in tutte le cose della vita, alla fine si riuscirà a superare anche questa. Tornando a guardare avanti, verso il 2022, quando una nuova campagna elettorale porrà, a chi tra i 15 rimasti è giunto al secondo mandato, la fatidica domanda: cosa fare del Movimento 5 stelle?