«Io stavo un’intera giornata ad incontrare le persone, a baciare, abbracciarle, a stare con loro». A parlare è Totò Cuffaro, l’ex presidente della Regione tornato oggi in libertà, dopo i cinque anni di carcere per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e rivelazione di segreto istruttorio.
Le dichiarazioni risalgono a quando ancora Cuffaro era in cella. L’ex esponente dell’Udc ha risposto alle domande di Alessandro Sortino, il conduttore del programma Beati Voi, il programma di Tv2000 che manderà in onda l’intervista martedì sera. Nella conversazione con il giornalista, Cuffaro si sofferma sul concetto di potere e su come esso abbia rappresentato il cuore della propria esperienza politica: «Stavo sino alle due notte lì a ricevere persone che arrivavano la mattina e aspettavano dodici, tredici ore per parlare con me – racconta l’ex governatore -. Il potere per molti è il governo, le nomine, la distribuzione di prebende, di soldi. Per molti il potere è la possibilità di abbracciare la moglie e i figli e dire: “Sono stato con Totò, nella stanza dove c’è il potere e mi ha offerto il caffè”. E questa cosa mi ha arricchito umanamente».
Sull’esperienza in carcere, l’ex politico è netto: «È giusto che chi ha sbagliato paghi un prezzo alla società, ma un prezzo che gli consenta di continuare a vivere e alla società di essere ripagata. Facciamo lavorare – continua Cuffaro – ma non sbattiamolo in carcere e ci scordiamo di lui». La speranza è quella di arrivare all’abolizione del regime carcerario: «Nelle carceri italiane – aggiunge l’ex governatore – ogni anno muoiono, perché si suicidano, più detenuti di quanti se ne ammazzano negli Stati dove c’è la pena di morte».
Presa di distanza, infine, anche sulla mafia: «È una cosa che fa schifo. Lo continuo a dire anche perché quando l’ho detto qualcuno ci ha riso sopra, ma la mafia fa schifo. Ed é il più grande cancro che abbiamo in Sicilia. Un cancro complicato. Perché è un cancro metastatizzato, nel senso che si insidia e arriva dappertutto dove ci sia da lucrare, da fare soldi, da fare economia. Ed è soprattutto un fenomeno che aggredisce le persone meno attrezzate culturalmente» conclude Cuffaro.
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