L’Onu? Una sorta di ‘vuoto politico-pneomatico’ al cubo!

L’ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE SVOLGE SPESSO UN RUOLO SIMBOLICO E NULLA DI PIU’

La lettera di Vladimir Putin al popolo americano, propedeutica all’accordo di Ginevra sulla distruzione dell’arsenale chimico siriano, ha esaltato e definito addiruttuta ‘saggia’ la decisione degli Stati fondatori delle Nazioni unite di stabilire statutariamente, sin dalla nascita, l’unanimità del voto nelle decisioni del Consiglio di Sicurezza ed il diritto di veto riservato ai Paesi fondatori relativamente alle risoluzioni dello stesso organo.

Misure che avrebbero dovuto impedire il ripetersi di una “devastazione simile”, con riferimento alla seconda guerra mondiale, quella del 1940-45. Questa sì conclusasi con la devastazione della città di Hiroshima mediante l’uso della bomba atomica da parte degli Stati Uniti d’America.

Beh, se la “devastazione simile” non è mai più tornata è pur vero che da allora si sono susseguite nel mondo un numero impressionante di guerre ‘locali’ molto più devastanti della seconda guerra mondiale. Ne ricordiamo solo alcune, per brevi cenni, solo per capire come è stato paralizzante per l’Onu la facoltà del diritto di veto, utilizzato a discrezione talora dall’uno e talaltra dall’antagonista di turno a seconda delle rispettive convenienze di schieramento. In special modo in occasione di conflitti interni ai singoli Paesi.

Solo per fare due o tre brevi esempi. Quando il generale Suharto ribaltò il potere democratico in Indonesia con un colpo di Stato militare in danno di Sukarno nessuno protestò alle Nazioni Unite per i massacri che quell’operazione procurò in quel Paese. In virtù della non ingerenza negli affari interni combinata con l’altra virtù dell’autodeterminazione dei popoli, invocate a convenienza. La questione fu rapidamente archiviata.

L’altro ribaltamento violento si è poi verificato in Cile da parte del generale Augusto Pinochet in danno del governo democraticamente eletto di Salvador Allende. Anche qui l’evento venne ritenuto ‘legittimo’ perché le forze in campo erano entrambe cilene e pertanto il governo del generale golpista fu immediatamente riconosciuto legittimo e la questione formalmente archiviata. Ma non nelle coscienze popolari la cui condanna fu diffusa nel mondo dai canti patriottici degli Inti Illimani.

Del sostegno della Cia (Central intelligence agency) ai putch antigovernativi non si è tenuto alcun conto, tanto si trattava di due governi di sinistra democraticamente eletti e quindi era giustificato abbatterli con ogni mezzo.

D’altra parte lo stesso metodo – quello della eliminazione fisica degli ingombri politici al dominio statunitense – fu usato per la soppressione di Mohammad Mossadeq in Iran in favore dello scià Reza Pahlavi ed in Congo lo stesso trattamento fu riservato al capo eletto di quel governo, Patrice Lumumba. Quest’ultima operazione fu condotta dalla società Orinoco, una delle tante coperture della Cia nel mondo, la quale sostenne le forze antigovrnative congolesi contro l’unico governo democraticamente eletto in quel paese, ex colonia belga che con Lumumba aveva conquistato l’indipendenza.

Di questa società ne abbiamo avuto la presenza anche in Sicilia essendo stata partner dell’Ente minerario siciliano nell’operazione Chimed spa (Chimica del Mediterraneo). L’azienda che realizzò l’impianto chimico nell’area industriale di Termini Imerese. Impianto, ancorché costruito, che non ha mai funzionato. Capannoni e attrezzature rimaste ad arrugginire, inutilizzate. Uno dei tanti esempi di soldi buttati dalla Regione siciliana in favore di ‘investitori’ esteri, venuti dal nulla e nel nulla scomparsi.

Ma ancora sui colpi di stato militari la storia continua ad annoverarne di attuali: quello avvenuto in Egitto nei mesi scorsi è il più recente ed è ancora nelle cronache. Ebbene anche in questo caso il presidente degli Stati Uniti ha dichiarato che non si configura il colpo di stato e pertanto gli Usa continueranno a sostenere finanziariamente il governo dei militari che ‘non’ hanno operato un colpo di Stato. Si sono limitati a mettere in galera il presidente, Muhammad Mursi, eletto nel 2012 dagli egiziani, ed a perseguitare i dirigenti del movimento politico cui Mursi appartiene e mettere questo fuori legge. Ebbene, questa operazione per Barak Obama non è configurabile come colpo di stato, bontà sua.

Sul versante delle guerre guerreggiate tra gli Stati ci limitiamo a ricordare i nomi degli stati duellanti.

Corea, nord contro sud, conclusasi con una tregua armata nella zona del 38° parallelo. Tregua ancora in atto che non ha, però, concluso lo stato di belligeranza.

India-Pakistan, a riguardo di questioni di confine che non ha trovato, però, soluzione anche se il conflitto armato è cessato.

Vietnam, anche qui Nord contro Sud, guerra lunghissima prima di liberazione coloniale dalla Francia e poi in continuazione contro gli Stati Uniti che avrebbero voluto costruire un’argine all’egemonia sovietivca nel Sud est asiatico. Conclusasi con la disfatta degli Usa da parte del Vietnam del Nord ad opera delle forze guidate dal generale Giap, dalla politica condotta dal governo guidato da Ho Ci Min ed al sud dai guerriglieri Vietcong.

Iraq-Iran, guerra fomentata dagli Usa mediante il loro alleato Saddam Hussein, da loro armato (anche con armi chimiche) e sostenuto contro l’Iran degli Ayatollah; guerra conclusasi con un nulla di fatto ma che ha rafforzato il potere degli integralisti quale baluardo all’aggressività americana, alimentata da motivi petroliferi.

Israele-Palestina. Su questa guerra che dura ininterrottamente dal 1948, ben sessantacinque anni filati, si riflette la nullità dell’Onu e il suo più grande fallimento; dove le sue finalità statutarie sono state disattese e mortificate sistematicamente da Israele. Vediamone i passaggi fondamentali.

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 29 novembre 1947 adotta il piano per la Palestina, risoluzione n° 181 che prevede due Stati indipendenti, uno ebraico e l’altro arabo. Quindi fin da prima che nascesse lo Stato di Israele erano stati previsti due Stati distinti e sovrani. Forte di questa risoluzione pochi mesi dopo, il 14 maggio 1948 David Ben Gurion, alla scadenza del mandato britannico sulla Palestina, proclamò la nascita dello Stato di Israele, delimitandone i confini e cacciando i palestinesi residenti sui territori che venivano a costituire la nuova nazione israeliana. Da qui, da quest’atto unilaterale ha inizio la persecuzione del popolo palestinese e il suo esodo verso territori non definiti da nessun accordo, né bilaterale né individuato dalle Nazioni Unite in attuazione della risoluzione 181.

La cacciata dei palestinesi dai loro territori e l’esodo che ne derivò provoco la indignazione dei Paesi arabi limtrofi, dove si erano rifugiati i palestinesi, che attaccarono Israele, fermati tempestivamente, quella volta, da una risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Ma al di là di quest’interventol’Onu non fu capace di trovare una qualche soluzione stabile e in questo stato di incertezza, durante il quale è continuato il dramma dei profughi palestinesi che in assenza di una soluzione stabile manteneva le parti in causa in permanente stato di preallarme, maturarono le condizioni per una seconda guerra guerreggiata provocata dall’Egitto che cacciò dal canale di Suez le compagnie anglo-francesi ed occupò la penisola del Sinai.

Gli israeliani, ravvisata in quella operazione un potenziale pericolo per la loro sicurezza, il 29 0ttobre 1956 sferrarono un attacco preventivo teso a ricacciare al di là del Canale le forze armate egiziane, sostenuti questa volta dall’aviazione franco-britannica la quale bombardò gli aeroporti egiziani privandoli della forza aerea e quindi indebolendo in maniera determinante il loro potenziale bellico.

Stessa operazione preventiva si verifica nel 1967. Temendo un attacco congiunto di Siria, Giordania ed Egitto, all’alba del 5 giugno, l’aviazione israeliana con un improvviso raid aereo distrusse 400 aerei delle aviazioni militari di Egitto, Siria e Giordania. Resi impotenti gli apparati militari di quei Paesi attestò le sue truppe nella Striscia di Gaza, sul territorio egiziano, sulla Cisgiordania e Gerusalemme Est della Giordania (conquistando la Spianata di Al Aqsa, che negli anni successivi darà luogo ad una nuova guerra guerreggiata) e le alture del Golan del territorio Siriano.

Questa operazione è determinante per esprimere un giudizio quasi definitivo sulla inutilità dell’Onu. Infatti, negli anni successivi in occasione di ripetute azione di guerra, il Consiglio di Sicurezza ha ribadito che Israele deve ritirarsi entro i territori antecedenti il 1967. Invito al quale Israele risponde sistematicamente picche, anzi continua nella sua politica di espansione territoriale incentivando gli insediamenti dei suoi coloni sul territorio della Cisgiordania e realizzando interi programmi di urbanizzazione israeliana su quei territori.

Un altro episodio sta li a dimostrare della sostanziale impunità di Israele da parte delle Nazioni Unite. Questo si verifica inoccasione della guerra civile libanese. Gli israeliani sono presenti a sostegno dei cristiani maroniti. Il primo settembre del 1982 le truppe di Israele circondano i campi profughi palestinesi di Sabra e Shatila consentendo in tal modo l’assalto agli inermi profughi raccolti in quegli accampamenti consentendo il loro sistematico massacro. 800 i morti contati alla fine dell’incursione militare dei falangisti libanesi.

Ebbene, anche in questo caso il Consiglio di Sicurezza ha messo in pace la propria coscienza con la risoluzione 37/123 del 16 dicembre 1982 dichiarando quel massacro un genocidio. In precedenza Yasser Arafat aveva invocato inutilmente l’invio di una forza internazionale di interposizione fra i belligeranti, ma quell’appello era entrato da un orecchio ed era uscito dall’altro.

Un altro episodio merita di essere ricordato e questo non è certo un episodio minore. Venti anni fa, esattamente il 13 settembre 1993, alla Casa Bianca, nel corso di una cerimonia appositamente preparata dal presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, veniva firmato il trattato di pace stipulato durante i negoziati di Oslo tra Ytzhak Rabin e Yasser Arafat. Negoziati condotti sotto l’egida del primo ministro norvegese, Johan Jorgen Holst. E che il 2 settembre del 1995, sempre alla Casa Bianca, auspice ancora una volta Bill Clinton, è stato firmato, sempre dagli stessi protagonisti, il cosiddetto Oslo 2, che prevedeva il ritiro degli israeliani da Gaza e dalla Cisgiordania e il diritto dei palestinesi dell’autogoverno dei territori individuati nel Trattato di Oslo 1.

I territori riconosciuti a pieno titolo palestinesi sui quali questi avrebbero avuto piena sovranità di autogoverno erano stati individuati nelle città di Betlemme, Jenin, Nablus, Ramallah, Qualquilia, Tulkarm, parti di Hebron ed altri 450 villaggi , riconoscendo comunque il diritto agli israeliani di controllare gli insediamenti ebraici.

Tutti sappiamo quale fine ha fatto Ytzhak Rabin per avere osato stipulare un accordo di pace con i palestinesi. Al termine di una manifestazione a sostegno degli accordi di Oslo, in piazza Rabin a Tel Aviv un giovane sionista, tale Yigal Amir, gli si fece incontro e gli sparò a bruciapelo uccidendolo. Al di là dei sontuosi funerali cui parteciparono le più alte autorità mondiali, oggi si commemorano i vent’anni daquegli accordi, a quel tempo denominati solennemente “Dichiarazione dei Principi”, tutto ciò che resta è l’esatto contrario di quanto stipulato tra Arafat e Rabin.

E l’Onu? (continua)

 


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