Si dice preoccupato Claudio Fava, catanese vicepresidente dell'organo parlamentare d'inchiesta, dopo la denuncia a mezzo stampa dell'onorevole regionale. A marzo, quando il gruppo aveva incontrato procuratore e prefetto etnei, «nulla era emerso» sul tema. Adesso si prospetta l'ipotesi di un vertice congiunto con la commissione regionale
L’ombra della criminalità sul consiglio comunale etneo Commissione nazionale antimafia convoca Musumeci
«È un fatto molto grave. Sono preoccupato». Così Claudio Fava, vicepresidente della commissione d’inchiesta nazionale antimafia, commenta la segnalazione del deputato regionale siciliano Nello Musumeci su alcuni consiglieri comunali etnei che sarebbero scesi a patti con la mafia – in alcuni casi di famiglia – durante le elezioni del 2013. La vicenda riguarderebbe i nomi di tre o quattro eletti all’assemblea cittadina segnalati alla commissione regionale antimafia guidata appunto da Musumeci e sospettati di aver ricevuto l’appoggio di «determinati ambienti malavitosi in campagna elettorale. Alcuni con parenti e familiari pregiudicati condannati per reati associativi». Gli stessi nomi adesso approderanno sulle scrivanie dell’organo nazionale presieduto da Rosy Bindi. La documentazione, come affermato da Musumeci in un’intervista al quotidiano La Sicilia, renderebbe addirittura plausibile l’ipotesi che la città di Catania, durante l’ultima tornata elettorale che ha sancito la vittoria di Enzo Bianco, sarebbe stata «ostaggio del voto di scambio». Non solo un baratto politico-mafioso ma anche un rapporto clientelare spicciolo – attraverso l’erogazione di alcuni servizi – che avrebbe interessato in maniera più evidente i quartieri periferici.
Proprio Musumeci, come confermato a MeridioNews da Fava, sarà presto sentito da parlamentari e senatori in merito alle segnalazioni. Tra i due organi, inoltre, potrebbe esserci un vertice congiunto nonostante non sia ancora possibile ipotizzare con certezza la data e il luogo. «Vedremo – spiega Fava – le forme più idonee per questo incontro». Non è da escludere del tutto l’eventualità di un appuntamento proprio a Catania. Un primo cenno sullo scenario tratteggiato da Musumeci intanto è già emerso in commissione nazionale durante l’ultimo ufficio di presidenza di ieri, integrato dai rappresentanti dei gruppi.
A sollecitare, nei giorni scorsi, l’intervento della commissione nazionale era stato anche il parlamentare catanese ed ex sottosegretario alla giustizia del Partito Democratico Giuseppe Berretta. «Presenterò una interrogazione – scriveva Berretta – al ministro dell’Interno per sollecitare la commissione. Sono certo che Prefettura e magistratura valuteranno con la massima attenzione le denunce sull’opacità di alcune candidature». E un appello alla magistratura etnea era già arrivato al procuratore capo di Catania Giovanni Salvi, tramite due lettere separate, ma spedite insieme, del sindaco Bianco e della presidente del consiglio comunale Francesca Raciti. A tal proposito, non è ancora dato sapere se Musumeci, come detto alla stampa, abbia già incontrato di persona Salvi per formalizzare il suo esposto.
L’ultima visita ai piedi dell’Etna della commissione nazionale risale alla fine di marzo 2014. In quell’occasione, negli uffici della Prefettura di via Etnea, oltre alla polemica tra il presidente Rosy Bindi e l’Unione degli ordini forensi di Sicilia, al centro dell’attenzione finirono la revoca del regime del carcere duro al boss Aldo Ercolano, riconosciuto come il mandante dell’omicidio del giornalista Pippo Fava, e la visita del ministro dell’Interno Angelino Alfano nell’ufficio del editore e direttore de La Sicilia Mario Ciancio Sanfilippo, ancora sott’indagine per concorso esterno in associazione mafiosa. Nessun cenno invece su palazzo degli elefanti. «Abbiamo sentito il Procuratore Giovanni Salvi, gli organi di polizia cittadini e il Prefetto – spiega Fava – e posso dire che nulla emerse sul consiglio comunale di Catania».