«Ad Angelo Lombardo “ci rumpenu i conna” mi disse testualmente, scusate la volgarità. E aggiunse che, se non fossero stati puntuali nel mantenere le promesse fatte in cambio dell’aiuto alle elezioni, lo stesso sarebbe successo anche a Raffaele». E’ questo uno dei passaggi dell’audizione di Eugenio Sturiale, ex esponente del clan mafioso catanese dei Laudani, durante l’udienza di oggi per il processo per voto di scambio a carico del presidente della Regione e del fratello, deputato nazionale Mpa. Il pentito si riferisce alla presunta aggressione subita da Angelo, fratello del Governatore ma mai denunciata dallo stesso. Insieme a Sturiale è stato ascoltato anche Giuseppe Pulvirenti, maresciallo dei Reparto operativo speciale dei Carabinieri che si è occupato di diversi pedinamenti, foto e intercettazioni nei confronti di soggetti ritenuti dai magistrati collusi con la criminalità e vicini ai Lombardo.
Come il geologo Giovanni Barbagallo, fotografato dai carabinieri mentre entra ed esce dalla segreteria politica dei Lombardo. Lo stesso ripreso poi in compagnia di Dario Sinatra, candidato Mpa a Gravina di Catania per le comunali del 2008 e genero di Alfio Stiro, condannato per associazione mafiosa. Sempre lo stesso Barbagallo proprietario della masseria a Ramacca dove a maggio del 2008 – anno delle elezioni regionali vinte da Raffaele Lombardo – si sarebbe tenuto, secondo la procura, un summit mafioso alla presenza dei maggiori esponenti della criminalità organizzata etnea e Angelo Lombardo. Circostanza registrata dalle telecamere dei carabinieri.
Conoscenze e appoggi confermati anche da Eugenio Sturiale, una carriera criminale cominciata all’interno della famiglia Santapaola e continuata nel clan Laudani, con in mezzo l’affiliazione ai Cappello. Più volte arrestato dal 1992 al 2009, quando è tra i coinvolti nell’operazione Revenge. Poi, a gennaio del 2010, inizia la collaborazione con la giustizia. Vicino a uomini di punta come Vincenzo Santapaola, Aldo Ercolano e Sebastiano Laudani – «nipote del patriarca» – Sturiale riferisce di due episodi principali che riguardano gli intrecci tra mafia e politica. La presunta aggressione ad Angelo Lombardo perché, insieme al fratello, «stava per venire meno alle promesse fatte in cambio dell’aiuto elettorale» e l’incontro, insieme a Orazio Buda, con Antonio Zappalà, «autista di Raffaele Lombardo – racconta – e intimo amico di Buda in quanto ex rapinatore».
Secondo i suoi racconti, è Carmelo Santocono, affiliato alla cosca Ercolano, a raccontare a Sturiale della bastonatura nei confronti del deputato Mpa. «E’ successo poco dopo le elezioni, sarà stato maggio 2008. Mi disse che lo avevano mandato all’ospedale, ma che lui si era comportato da masculo – dice – Perché non li aveva denunciati anche se li aveva riconosciuti». Una intimidazione per ricordare al politico e al fratello di mantenere le promesse fatte alla cosche in cambio dei voti. «Penso che abbia funzionato perché Santocono mi aveva detto che, in caso contrario, sarebbe successo lo stesso se non peggio anche a Raffaele Lombardo e invece non accadde nulla», spiega il pentito. Che però non conosce di preciso di che tipo di favori la mafia sollecitasse l’arrivo: «Appalti, posti di lavoro, le solite cose».
Ascolta il racconto dell’aggressione ad Angelo Lombardo
E Sturiale racconta pure in che modo la mafia si fosse adoperata per reperire voti «in ogni modo, per far diventare Raffaele Lombardo presidente della Regione». Amicizie, soldi, promesse, forse anche minacce – circostanza non confermata – di sicuro pacchi di spesa. «Ricordo di averne visto un garage pieno in via Plebiscito», racconta. Tutto finanziato da Orazio Privitera, elemento di spicco degli Sciuto-Tigna e cugino di Orazio Buda. Lo stesso che avrebbe portato Sturiale a un incontro con Zappalà, «in un bar sotto la segreteria politica dell’Mpa, in via Pola all’angolo con via Monfalcone, mi ricordo che c’erano anche le bandiere». Un’amichevole chiacchierata di un paio d’ore al termine della quale Zappalà avrebbe mandato a salutare Privitera attraverso il cugino, ringraziandolo per l’aiuto che stava dando in vista delle elezioni e rassicurandolo perché «Lombardo non si sarebbe dimenticato di lui», racconta Sturiale. Sarebbe stato lo stesso Buda a spiegargli dopo come il cugino si stesse «impegnando come un pazzo per far salire Lombardo». Proposta rifiutata invece da un altro boss mafioso, Nino Ferrera – detto Cavadduzzu – «che non voleva entrarci, perché “queste cose politiche sono sporche”, diceva, “e fanno promesse da marinaio”».
Ascolta il racconto del sostegno elettorale all’Mpa
Ricostruzioni, quelle di Sturiale, contestate dalla difesa di Angelo Lombardo. «Come mai lei, nel suoi primi verbali da collaborante, non dice assolutamente nulla su questo episodio, nonostante le fosse stato espressamente chiesto dei rapporti con Raffaele Lombardo?», incalza il pentito l’avvocato Pietro Granata. «Avvocato, ma per lei che cosa significa essere collaborante? – ribatte Sturiale – Avere la testa di Pico della Mirandola?». Dimenticanze, secondo il collaboratore, frutto anche di domande poco specifiche. I verbali contestati dalla difesa, infatti, non fanno parte degli atti del processo. Né di Iblis, l’indagine madre da cui è nata l’imputazione per i due fratelli, e le dichiarazioni contenute sono state raccolte da un magistrato estraneo a entrambi i procedimenti. Adesso, dopo la richiesta dei legali dei Lombardo, entreranno a far parte degli atti del processo.
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