Dopo tre udienze si è conclusa la requisitoria del processo di secondo grado all'ex presidente della Regione. La procura chiede una condanna più dura rispetto alla sentenza di primo grado, con il riconoscimento del reato di voto di scambio. L'imputato ascolta in silenzio con il suo inseparabile thermos
Lombardo, Cosa nostra e le richieste di condanna Giornata in aula fra thè, sorrisi e cirnechi dell’Etna
«Raffaele Lombardo nel tempo ha creato un rapporto con Cosa nostra. Ci sono indizi gravi e precisi e le prove dei rapporti con i boss». Quando la procuratrice generale Sabrina Gambino conclude la requisitoria del processo di secondo grado e chiede la condanna a sette anni e otto mesi per l’ex presidente della Regione siciliana, sono da poco passate le 14. Lombardo è seduto ormai da ore accanto al suo avvocato Alessandro Benedetti, in un’aula quasi deserta ascolta in silenzio chi lo accusa senza giri di parole di concorso esterno in associazione mafiosa.
A lui toccherà parlare a inizio dicembre quando renderà dichiarazioni spontanee. «Cosa nostra si è messa in gioco per lui», continua Gambino. Il riferimento è a quelle che la stessa procura generale ha definito «le tessere di un mosaico». Pezzi che corrispondono a nomi, collaboratori di giustizia, incontri e presunti summit di mafia. Un grosso insieme di fatti, date e intercettazioni che è stato sviscerato durante la requisitoria. È il secondo capitolo di una storia giudiziaria che nel primo aveva avuto i titoli di coda con la condanna dell’ex governatore, da parte della giudice Marina Rizza, a sei anni e otto mesi. Il processo si era concluso con l’assoluzione per voto di scambio.
Nella mia campagna sono nati sei cirnechi dell’Etna
Tra i nodi che i giudici, presieduti da Tiziana Carrubba, dovranno sciogliere e valutare c’è il presunto faccia a faccia che Lombardo avrebbe avuto in passato con alcuni boss di primo piano: Francesco La Rocca, Raimondo Maugeri e Alfio Mirabile. A raccontarlo ai magistrati è stato l’ex reggente, pentito dal 2012, Santo La Causa. Spiegando di una rilevazione che gli avrebbe fatto il boss del quartiere Civita Carmelo Puglisi. ll collaboratore faceva riferimento anche alla festa di scarcerazione di Maugeri, intenzionato a riprendere i contatti con Lombardo tramite il suo autista. Il reggente della famiglia Santapaola verrà ucciso nel 2009 in un agguato. Un rapporto tra Lombardo e i capi di Cosa nostra che viene definito dalla magistrata Agata Santonocito «sotterraneo». In mezzo ci sono gli imprenditori collusi, inseriti a pieno titolo in una sorta di zona grigia che consente loro di «muoversi nel settore della pubblica amministrazione. Quello da dove provengono i soldi».
Prima della richiesta di condanna Lombardo resta seduto per quasi due ore. Sul tavolo ha il suo inseparabile thermos pieno di thè caldo. Tra un bicchiere e l’altro c’è anche spazio per qualche sbadiglio. Il tempo e le accuse vengono sviscerate senza sosta e l’ex politico autonomista lo inganna mordendo con i denti il tappo di plastica della sua penna Bic. Il suo legale Benedetti alterna qualche sorriso a qualche colpo sulle tempie quando le magistrate iniziano a fare riferimento alle parole di Giuseppe Tuzzolino. Il dichiarante, finito sotto il regime di protezione, che ha puntato il dito contro Lombardo. «La difesa lo ha accusato di essere un calunniatore ma non è così – spiega Santonocito – nonostante le difficoltà nel trovare riscontri». Il riferimento è ai tre presunti summit che sarebbero stati organizzati per reperire voti a Lombardo in provincia di Agrigento.
Tra i nomi che vengono citati ci sono anche quelli di Angelo Lombardo, ex parlamentare fratello di Raffaele, e del geologo Giovanni Barbagallo. Quest’ultimo ritenuto dall’accusa l’elemento di collante tra mafia, politica e imprenditoria. Nel maggio 2008 nella sua tenuta di campagna di Ramacca viene organizzato un pranzo per festeggiare l’elezione del fratello dell’ex presidente regionale. A quel tavolo, oltre a Barbagallo – poi condannato per mafia -, ci sono anche donne, bambini e Alfio Stiro. «Che con certezza può essere annoverato nella categoria dei mafiosi», incalza l’accusa. In aula vengono lette decine di intercettazioni, le stesse che la difesa ha citato come elementi in cui non si trova mai traccia della voce di Lombardo. «Noi le vorremmo organizzare come il Grande fratello ma non è possibile», aveva detto nelle precedenti udienze Santonocito. Con i prossimi appuntamenti già in calendario la sentenza potrebbe arrivare nei primi mesi del 2017. Tra appunti e organizzazione delle tesi difensive Lombardo avrà anche altro di cui occuparsi, come spiega durante una pausa. «Nella mia campagna sono nati sei cirnechi dell’Etna. Devo vedere come piazzarli».