Dopo alcuni articoli che lo presentavano come il padre di una tecnica per restituire la visione centrale ai malati di maculopatia, la società italiana di Oftalmologia pubblica una nota di fuoco contro la validità dei metodi usati dal medico catanese Federico Badalà. «I nostri pazienti ritornano a vedere», garantisce lui
L’oculista catanese e la lente che ridarebbe la vista I colleghi smentiscono. Lui: «È attacco personale»
Era stato presentato dal quotidiano La Sicilia come il padre di una «speciale lente che restituisce la visione centrale ai malati di maculopatia», una malattia degenerativa tipica negli anziani che può portare alla perdita della vista. Ma da qualche giorno una nota ufficiale della società italiana di Oftalmologia ha smentito categoricamente l’oculista catanese Federico Badalà, l’efficacia dell’artefatto e, quindi, la possibilità di guarigione. Dal sito personale dell’oculista, è lui stesso a dire di sé di essere stato, nel gennaio del 2010, il «primo chirurgo in Italia a eseguire interventi di cataratta con impianto di lenti intraoculari personalizzabili con la luce» e, su un articolo apparso nell’aprile scorso sul giornale cittadino, dichiarava che «la nuova tecnica consiste nell’impiantare all’interno dell’occhio, con un intervento del tutto simile al normale intervento di cataratta, una lente sofisticata, la EyeMax». Aggiungendo inoltre: «Le lenti finora inserite vanno benissimo, i pazienti sono felici, raccontano di un grande miglioramento della vista, soprattutto nella capacità di leggere».
A non pensarla così, però, sono i vertici della Soi che, con una lunga lettera firmata dal segretario Teresio Avitabile – primario di Oculistica del Policlinico di Catania, docente universitario, nonché chirurgo dal curriculum di spessore internazionale – e dal presidente Matteo Piovella, definiscono gli articoli pubblicati come «miracolistici», dichiarando che la riduzione della visione centrale è «irreversibile». Perché legata a una «perdita di cellule nervose non rigenerabili». «In questo senso – scrivono i medici nel comunicato inviato ai soci – il titolo dell’articolo che parla di una lente capace di “restituire la visione centrale” è un’affermazione falsa e priva di ogni fondamento scientifico». «Non ci sono pubblicazioni scientifiche a supporto di questa cosa – dichiara a MeridioNews Teresio Avitabile -, quindi non si possono diffondere alla comunità notizie del genere perché le persone che soffrono di questa malattia sperano di poter guarire ma non è così».
Nel testo infuocato della nota, si fa riferimento anche alla paternità dell’invenzione: «In realtà la lente, come riportato dal sito ufficiale che la pubblicizza, è stata progettata dal dottor Robert Qureshi e dal professor Pablo Artal». E chiariscono che la presentazione da parte di Federico Badalà dei risultati della lente Eyemax al congresso della società europea di Chirurgia referattiva e della cataratta «è in realtà un poster che riporta la casistica personale su sette pazienti, numeri assolutamente insufficienti per poter parlare di efficacia e sicurezza per qualsiasi presidio medico». Secondo la società di Oculistica, «il dottor Badalà, che l’articolo mostra come un luminare d’indiscussa fama scientifica, è a oggi autore di sette pubblicazioni su riviste internazionali negli ultimi 15 anni, con nessuna pubblicazione negli ultimi nove anni. Una produzione scientifica inferiore alla media degli specializzandi in Oftalmologia di qualsiasi università in Italia, e che per quelli che sono i parametri richiesti non gli permetterebbe di partecipare a nessun tipo di concorso universitario».
Badalà, però, nel suo sito personale si definisce «autore di oltre cinquanta pubblicazioni e presentazioni internazionali», e sulla pagina dedicata all’attività scientifica sono undici i link riportati. L’ultimo dei quali risale al 2008. «Ho personalmente inviato una nota alla Soi, insieme alla casa farmaceutica che produce la lente – replica a MeridioNews Federico Badalà – dove certifichiamo che attualmente i Paesi dove viene utilizzata questa tecnica sono Germania, Spagna, Danimarca, Belgio, Giappone e Turchia. Al congresso di Copenaghen del 2016 io e gli altri colleghi che hanno inventato il prodotto abbiamo presentato i nostri risultati». Lui, aggiunge, non avrebbe «mai detto di avere inventato la lente, ma ho contribuito al suo sviluppo e attualmente collaboro con loro». Sulla possibilità di ridare la visione centrale, l’oculista risponde inoltre: «Nel comunicato della Soi ci sono gravi imprecisioni, quando si soffre di maculopatia, il danno nella macula coinvolge prima la parte centrale e poi, ma non sempre, si estende in quella laterale».
«Chiaramente questo processo è irreversibile ma la vista può essere migliorata e la prova l’abbiamo con tutti i pazienti che dicono che ritornano a vedere. Con questa lente loro riescono a rivedere le facce delle altre persone, riescono a fare le parole crociate, e a leggere, non perché si toglie il danno ma semplicemente sfruttando meglio la vista che hanno». Sulla casistica, che secondo la Soi sarebbe di sette pazienti, il medico spiega ancora che si tratta di una «falsità». «In Italia solo io mi occupo di usare questa tecnica e ho trattato 62 pazienti che hanno tutti risposto positivamente». E, sul comunicato della società di Oftamologia, aggiunge: «Mi sembra essere più un attacco contro la mia persona, piuttosto che la tecnica, anche perché la descrizione di quest’ultima nel comunicato è piena di imprecisioni».
La Soi, alla quale sono iscritti circa il 90 percento degli oculisti italiani, ha deciso di portare il caso davanti al proprio comitato etico. «In questo siedono, oltre ai colleghi medici – aggiunge Teresio Avitabile – anche giuristi ed esperti di deontologia. Se loro riterranno che il dottor Badalà ha violato l’etica, verranno presi provvedimenti che possono arrivare anche all’espulsione dalla società». Ma c’è di più. Il docente universitario ha deciso di rivolgersi direttamente all’Ordine dei medici catanese, al quale è iscritto anche Federico Badalà. «Presenterò personalmente il caso al presidente Massimo Buscema e sarà lui a decidere poi cosa fare», conclude il primario.