Lo spettacolo dei pazzi ridenti

Ridere rende invincibili. Né è convinto Adriano Aiello, l’attore catanese autore e interprete di Ridi, pagliaccio!, opera comica in scena ieri sera alla Sala Harpago del teatro Gatto Blu di Catania. Lo spettacolo, nato dalla collaborazione con David Larible, il più famoso clown al mondo, che ne ha curato la regia, vuole essere «un incontro tra amici», dice Aiello.

Com’è nata l’idea dello spettacolo?
«L’idea dello spettacolo è molto semplice. Ogni giorno mi viene da ridere, rido di tutto da quando mi alzo a quando riporto il mio corpo a letto. Guardandomi attorno, mi sono accorto che la maggior parte delle persone sembra invece cercare le occasioni per litigare, lamentarsi, e stare col broncio. Ho pensato allora ad uno spettacolo che faccia vedere e vivere la giornata di un uomo e come tutto può diventare divertente. Basta avere occhi diversi.»

Questo spettacolo parla della vita e della normalità che diventa paradosso. In che senso?
«Come ti dicevo, qualsiasi cosa può diventare comica, una cosa normale se vista con gli occhi da pagliaccio diventa paradossale. Sono i tuoi occhi a vederla in maniera diversa. Quindi si può ridere veramente di tutto e la vita assume aspetti che non ti saresti mai immaginato.»

Il protagonista dell’opera è il clown o l’uomo? O in fondo sono la stessa cosa?
«Un uomo diventa un clown quando si guarda allo specchio e non finisce più di ridere. Fino ad allora, ha forse paura di essere risibile ma quando comincia a ridere di sé stesso nulla può più sfiorarlo. Ha fregato tutti. Bello, no?»

Per questo dici che “dove un uomo si arrende un pagliaccio vince”?
«Sì, l’uomo si arrende mentre il pagliaccio vince sempre, perché si accetta com’è anche nella sconfitta e proprio per questo nessuno può scalfirlo. È un modo di vedere la vita e le cose in un’altra maniera. Patch Adams, con cui ho avuto modo di lavorare, insegna.»

È questo la risata per te: un modo di vedere la vita?
«La risata per me è tutto. È vita piena. Non vale la pena intristirsi, perché siamo vivi e circondati di natura e di amore, solo che non li vediamo. La risata per me è amore. Decisamente. Se hai l’amore dentro, non puoi fare altro che ridere dal cuore. La risata delle labbra svanisce presto, quella del cuore rimane per sempre.»

In che senso questo spettacolo parla al lato clownesco che è in ognuno di noi?
«Ognuno di noi nella sua vita ha fatto ridere volontariamente oppure inconsapevolmente. Si tratta di capire quando è successo e di farlo uscire una volta per tutte.»

Il titolo riprende quello della celebre e struggente romanza di Ruggero Leoncavallo, che nello spettacolo viene riproposta come colonna sonora con variazioni originali in diversi stili. Sembra quasi che la musica sia una delle protagoniste della scena. È così? Come mai la scelta di variare l’aria in diversi generi musicali?
«Perché accompagna la giornata del protagonista nelle sue diverse fasi. È un modo per cadenzare la giornata stessa, fatta spesso da ritmi veloci che poi diventano lenti e poi ancora mutevoli.»

Sul palco ti accompagnano gli attori-musicisti Bruno Morello e Salvo Giorgio. Non è la prima volta che lavorate insieme. Cosa c’è di nuovo in questo spettacolo e cosa invece ritrovate rispetto ad altri vostri lavori?
«Il rapporto con Salvo e Bruno è ormai consolidato da tempo. Ognuno capisce l’altro in un attimo, e lo stimola in un baleno ed è molto divertente. La novità è che loro in questo spettacolo sono diventati più pagliacci, lavorano di più come attori oltre che come musicisti, mentre io ho imparato come si può giocare con delle note uguali che diventano sempre diverse. Ma l’aspetto più nuovo in assoluto è la regia di David che ci ha fatto scoprire la semplicità del gesto.»

David Larible è considerato il clown più simpatico e applaudito al mondo. Tu sei stato un suo allievo. Qual è l’insegnamento più importante che ti ha trasmesso?
«David è un grande uomo ed un grande artista. Mi ha insegnato tanto dal punto di vista tecnico, ad esempio come arrivare ad una gag, qual è il momento giusto per farla, come interagire col gli spettatori e tanto altro, ma la cosa più importante che mi ha insegnato è l’umiltà ed il rispetto per il pubblico: una cosa che non ha prezzo.»

Il pubblico è chiamato a interagire con voi durante la rappresentazione. Non è passivo osservatore. Perché? È un modo per far trovare a tutti il clown che è dentro di noi?
«L’interazione con la platea porta lo spettatore a vivere lo spettacolo e non a subirlo solamente. Ma bisogna stare attenti: non è l’animazione del villaggio turistico, che comunque rispetto, è un’altra cosa. È mettere a proprio agio il pubblico, come in una riunione di amici fra i quali c’è un burlone che ha piacere a vedere gli altri ridere.»

È difficile far ridere?
«È difficile ridere. Fai una cosa per me: mettiti davanti allo specchio e ridi per un minuto, se ce la fai. Vedrai che è difficile, non siamo più abituati a ridere in questo mondo. Uno che ride sempre è un pericolo pubblico, sai? Be’, vediamo di crearne sempre di più di questi pazzi ridenti destabilizzatori del torpore pubblico.»


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