Lo sfascio delle ferrovie siciliane

Da Giuseppe Scianò, segretario politico del Fronte nazionale siciliano, ricevamo e volenieri pubblichiamo.

La Freccia del Sud, il Treno del Sole, la Freccia della Laguna ed altri treni come, ad esempio, il Treno dell’Etna, sono stati, per diversi decenni e fino ai nostri giorni, il simbolo della emigrazione (anzi: della diaspora) dei siciliani dalla Sicilia al Nord-Italia e, subito dopo (senza dismettere questa funzione) anche il simbolo della diaspora verso la Svizzera, la Francia, la Germania e gli altri Stati di quella che oggi si chiama Unione Europea.
Quante lacrime, quante sofferenze, quante illusioni, quante speranze! Quanta voglia di lavorare! Quante lacerazioni familiari! Quanti “viaggi” in vetture da quarto mondo o a livello di carri bestiame, anche se i viaggiatori avevano acquistato biglietti a caro prezzo di 2^ o di 1^ classe, oltre che di 3^ classe.
Si viaggiava (e chi scrive ne ha fatta esperienza frequente e diretta), uomini, donne, vecchi e bambini stipati come le sardine in scatola. Soltanto una minima parte dei passeggeri era tanto fortunata da trovare un posto a sedere, in quanto la maggior parte dei viaggiatori restava, anche 24 ore, in piedi, occupando i corridoi e persino i piccolissimi locali destinati ai servizi igienici, mai funzionanti come dovuto.
Va precisato che le Ferrovie dello Stato guadagnavano sui poveri terroni della diaspora cento volte di più di quanto non guadagnassero, con identico impiego (e con pari spesa) di personale e di mezzi e di servizi ferroviari, nel Centro e nel Nord-Italia. E – al colmo della beffa e dello sfruttamento coloniale – il governo Italiano e le Ferrovie dello Stato investivano, contemporaneamente, quasi tutti gli utili nelle suddette aree geografiche (‘Padania’ compresa) in termini di elettrificazione, di doppi e tripli binari, di treni speciali, di treni di lusso, Intercity e via dicendo!
Agli ‘ascari’ più zelanti – complici diretti e/o indiretti del Tradimento – destinavano qualche “mancia” in termini di “posti” governativi o sotto-governativi, senza trascurare le “tattiche” dei favori personali o di “gruppo”, del clientelismo, delle lottizzazioni e via dicendo. Il tutto alle spalle del Popolo Siciliano, a danno del Popolo Siciliano.
Di contro, però, quei treni e, in generale, i servizi ferroviari offrivano l’opportunità, alle migliaia (anzi: ai milioni) di viaggiatori siciliani – per oltre mezzo secolo – di raggiungere le rispettive mete “continentali”, a caro prezzo certamente, ma in “univca tirata”. E senza il disagio di “cambiare” treno strada facendo. Cosa, quest’ultima, che avrebbe comportato ulteriori enormi inconvenienti, soprattutto alle famiglie, che portavano appresso pesanti e numerosi bagagli.
Analoga considerazione vale per i viaggi di ritorno che i Siciliani della diaspora compivano – numerosissimi – in coincidenza delle festività o delle ferie, per riabbracciare le rispettive famiglie e per rivedere la Patria siciliana. Anche i viaggi di ritorno temporaneo comportavano gli stessi disagi. Ma le leggi della “Nostalgia” prevalevano ed i nostri conterranei tenevano conto del vantaggio della “tirata unica” ed, ovviamente, anche del modesto vantaggio economico. Il tutto, come abbiamo già detto, comunque a caro prezzo rispetto ai servizi resi.
Gli utili dei biglietti comprati dal popolo degli emigrati siciliani – invece – andavano all’amministrazione ferroviaria ed al governo, che investivano quasi tutto nel Centro e nel Nord-Italia (Repetita Iuvant). Contemporaneamente a questi viaggi di massa ed in massa – enormemente lucrosi per le Ferrovie dello Stato e per gli Enti e le Aziende che, nel tempo, avrebbero gestito comunque i collegamenti ed i trasporti ferroviari – avvenivano strani fenomeni di “Arretramento” del servizio ferroviario interno alla Sicilia. Ed un altro “Arretramento”, altrettanto scandaloso si verificava nei collegamenti da e per la Sicilia.
Le parole non bastano a descrivere l’ignominia di questa ultima “manovra”. Lasciamo ogni giudizio in merito ai Siciliani che hanno consapevolezza di sé. Anche ai Siciliani della Diaspora ed ai loro figli. La maggior parte dei quali è nata al di fuori della Sicilia ma è altrettanto consapevole.
Non parliamo, poi, del Traghettamento dello Stretto, reso via via più scomodo e messo – soprattutto oggi – a rischio (probabilmente a favore del Ponte-imbuto). Non parliamo dei vagoni-letto e delle cuccette, che si sono volute fare scomparire dalla scena, o dei prezzi dei biglietti sempre più cari e poco o niente competitivi.
Oggi molte cose sono cambiate o sono, comunque, destinate e vocate ad innovazioni, nel senso che le Ferrovie non sono più il mezzo di trasporto unico o quasi. Hanno ceduto il passo alla concorrenza degli aerei ed, in parte, delle navi , nonchè del trasporto su gomma.
E’ chiaro, però, che la concorrenza va combattuta, non già sopprimendo i treni ed i servizi connessi, ma – semmai – offrendo servizi più comodi, più efficienti, più utili a quanti utilizzano i treni. Soprattutto per i treni a lunghissima percorrenza, come quelli che i Siciliani sono costretti a prendere per il Centro e il Nord-Italia e per gli altri Stati d’Europa nei quali numerose sono le Comunità Siciliane.
E allora? Obbligare Trenitalia ed il Ministero italiano dei Trasporti (e, soprattutto, la Regione Siciliana) a rispettare e a fare rispettare i diritti e le aspettative del Popolo Siciliano in materia di collegamenti ferroviari e di servizi di traghettamento. Non dimentichiamo che lo Statuito Siciliano (Articoli 21 e 22) offre qualche possibilità di intervento della Regione Siciliana in materia.
Se ben serviti e a prezzi convenienti, i viaggiatori Siciliani sceglierebbero in massa i treni a lunga percorrenza. Altrettanto farebbero i turisti ed i viaggiatori Nord-Sud. L’argomento che oggi, con i costi ed i servizi attuali e con il boicottaggio delle navi-traghetto (che forse per qualcuno dovrebbero scomparire per fare posto al ponte-imbuto) la compagnia ferroviaria vada in passivo, ci pare pretestuoso, indegno e meritevole di essere restituito al mittente. Magari con qualche penalità!
Va anche detto e ripetuto che, a giudizio dell’Fns, quello di tirare in ballo, ad ogni piè sospinto, la “bufala”, secondo la quale il ponte-imbuto sullo Sretto di Messina (che il Prof. Mirto definisce, per ovvii motivi, “ponte della vergogna”) risolverebbe ogni problema di collegamenti e sarebbe anche la panacea di tutti i mali della Sicilia, va respinto al mittente (… che ben immaginiamo). Anzi, ci sia consentito di dirlo più chiaramente: in questo momento di crisi, la storiella di un ponte – che, peraltro, sostanzialmente mira proprio a distruggere i valori dell’Identità e dell’Insularità della Siclia – ha l’aspetto di un atto di sciacallaggio antisiciliano, oltre che quello di una proposta indecente, quale appunto è.
Esprimiamo fraterna e fattiva solidarietà ai lavoratiori – peraltro molto qualificati – che sono stati licenziati o che sono senza lavoro per le “riforme ferroviarie antisiciliane in corso. Ed esprimiamo l’augurio – e cercheremo di fare la nostra parte in tal senso – che, in Sicilia e nel Sud-Italia Mediterraneo – nel quadro di una riscossa morale, materiale e politica adeguata, – nella tormentata materia dei trasporti e dei collegamenti ferroviari, navali ed aerei, si creino (ed, in qualche caso, si ripristino) occasioni e condizioni di lavoro e di operatività, tali da creare per tutti i disoccupati nuovi “veri” posti di lavoro.
Solidarietà esprimiamo, infine, alla lungimirante, coraggiosa e generosa azione di sensibilizzazone e di mobilitazione politica in tal senso portata avanti, in modo particolare, dagli Indipendentisti Fns di Messina (Fabio Cannizzaro in testa). Un’azione che non si concluderà se non con il Trionfo dei Diritti del Popolo Siciliano, anche in materia di collegamenti e di trasporti ferroviari a lunga percorrenza e ad Alta Dignità!

 

 

 


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