Dal tardo pomeriggio di ieri fino alla notte gli strumenti dell'Ingv di Catania hanno registrato circa 30 terremoti localizzati tra le tre città, con magnitudo variabile tra 1.3 e 2.9 della scala Richter. Il vulcanologo Boris Behncke: «Sismicità del tutto normale per l'area etnea»
Lo sciame sismico tra Adrano, Biancavilla e Paternò «Ora è cessato, tremori non avvertiti dalle persone»
Sono state circa 30 le scosse di terremoto che si sono registrate dal tardo pomeriggio di ieri fino a notte fonda, nella fascia compresa tra i comuni di Adrano, Biancavilla e Paternò. La prima è stata rilevata alle 18.42, di magnitudo 1.8, a una profondità di 24 chilometri, con epicentro Biancavilla. L’ultima, invece, si è avuta pochi minuti dopo l’una, con magnitudo 2.5, ad Adrano, a una profondità di 20 chilometri. Nel complesso, lo sciame sismico ha fatto segnare una magnitudo compresa tra 1.3 e 2.9 della scala Richter, con una profondità variabile tra 13 e 27 chilometri. I tremori non sarebbero stati avvertiti dalla popolazione locale.
Gli strumenti dell’Ingv di Catania hanno registrato la scossa più forte dell’intero sciame alle 22.46: magnitudo 2.9, profonda 17 chilometri. «Allo stato attuale la sciame sismico è cessato – sostengono dalla centrale operativa dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia -. Ma la situazione è tenuta costantemente sotto controllo. Da quanto ci risulta le scosse non sono state avvertite dalla popolazione». Intanto – sulla sua pagina Facebook – l’esperto vulcanologo dell’Ingv Boris Behncke ha spiegato cosa è accaduto 48 ore fa, quando un terremoto di magnitudo 3.3, con epicentro a Santa Maria di Licodia, a una profondità di 6 chilometri, ha spaventato i residenti facendoli scendere in strada, dove sono rimasti fino alle prime luci dell’alba.
«Si è trattato di uno sciame sismico su una struttura sismogenetica (una faglia che produce terremoti) ben conosciuta – ha scritto Behncke – Sequenze simili sono state osservate frequentemente in passato, e probabilmente sono, come i terremoti a monte di Adrano di sabato scorso (19 agosto scorso), una risposta delle rocce sotto l’Etna a movimenti di magma in profondità. Mentre questo tipo di attività sismica era tipico negli anni 80-90, e ancora nel periodo 1997-2010 – continua il vulcanologo – negli ultimi anni se ne è osservata poca, e pare che ci si sia disabituati con fretta. Invece questa è una sismicità del tutto normale per l’area etnea, capace di produrre danni limitati, soprattutto nel settore orientale dove i terremoti possono superare magnitudo 4 e sono estremamente superficiali (Santa Venerina 2002, Fleri 1984). Non sono segno di eruzione imminente, però danno sì un avviso che l’Etna è un sistema vulcanico molto attivo e comunque il vulcano si sta ri-pressurizzando. Anche questa cosa normalissima – conclude Behncke – considerando che l’Etna in termini di “produttività”, è il secondo più attivo vulcano sulla Terra».